
In questo universo andante,
andante lento verso il Nulla cosmico,
girovago,
andante frettoloso verso il sempiterno buco dei buchi,
neri e non,
zingaro,
andante al passo dei bersaglieri verso l’armonia esotica,
gitano,
in questo universo andante, girovago, zingaro, gitano,
mihi necesse est una badante,
russa o cinese,
svedese come un fiammifero o signorina Rottenmeier di Heidi,
meglio una Porfiria Rubirosa con braccia pendule e affilate,
una diplomatica con pensieri arguti e attillati,
una donna esperta e pronta alla bisogna sociale e politica,
una femmina politica nascosta tra le pieghe di un viso irsuto,
una capa ricandidata da un uomo capoccia del mondo infame.
In questo universo bastardo
e mischiato in un cocktail assassino
ci vorrebbe un badante all’ashish,
un Ciccio Busacca che ti canta le gesta di Orlando e Rinaldo,
un Porfirio Rubirosa dalle braccia conserte
e intrecciate sul volante di una Ferrari testa rossa
che ti racconta la storia di Pacchiotta Malandrino,
l’uomo, caduto nel suo cesso,
che annegò nella sua merda colorata e impura,
ci vorrebbe un politico bisex e monosex,
un uomo donna che competa con Liu Shoh Sukuni,
la mia adorata e dorata commessa del sol levante
che accorre in aiuto di un uomo cadente
in quel grande magazzino ripieno di essenzialità eccentriche
e di stelle ad alto costo e a basso rischio.
O, forse, ci vorrebbe una coreana dagli occhi veri e vivaci
con l’anoressia in corpo e una quinta di tette senza culo,
sempre parlando con rispetto e pro feminis
in questo tempo promiscuo e maldicente,
crudelissimo quanto basta e oltre,
che conosce indubbiamente il sale della Terra,
la sessuofilia, la sessuofobia, la sessuocrazia,
l’omofobia, l’omofilia, l’omocrazia.
Che tempi, tose e tosat!
Che tempi, tosatiol e tosatan!
Che tempi, regà!
Che tempi!
Bona tempora currunt cum coeli procellis.
Di certo, mi servirebbe il mio amico Gabriel Garcìa
o il mio sosia Heinrich Karl
per scrivere le cose giuste e primaverili
in questo letto di morte di questo bordello
pieno di puttani tristi e allegri
che te la cantano e te la suonano,
mentre i dindi e i controdindi risuonano nella cassettina
e la mia anima trista e negletta vola a Dio.
Tetzel,
o Johann,
mio adorato predicatore,
spiegami il busillis delle questioni
che riguardano il culo liscio di un monaco profano,
le tette poderose della monaca laica di Como.
Oh dio del cielo,
se mi vuoi amare,
scendi dalle stelle
e vienimi a cercare.
Questo verso era di Fabrizio.
Oh dio del cielo,
dammi le chiavi di questo ostello della gioventù
dove è arrivata la mia Michelle insieme alla mia Romy,
la donna di Ugo,
il boss cornuto di via Arsenale,
la fedifraga che amava suonare la viola in andamento jazz,
la donna più buona e bella del nostro quartiere di Marseille,
vicino al porto,
lontano dalle pasticcerie buone ed educate del centro Pompidou,
il punto più vicino al tuo perdono e alla tua estasi,
il tuo punto G come Gigino o Gigetto,
dove volentieri vola Gigino e Gigetto.
Questo verso è di Salvatore.
Salvatore Vallone
Carancino di Belvedere, 16, 08, 2022