
Amo le tue parole,
le parole che mi dici quando mi parli,
le parole che volevo per me
quando mi sono innamorato delle parole,
quel giorno in cui mi echeggiava dentro il petto
la parola brutta e la parola bella,
la parola a vanvera e la parola a tinchitè,
la parola stretta e la parola larga,
la parola semplice e la parola elegante,
la parola del principio e la parola della fine.
Tu dici le parole che vorrei dire io
e che non riesco a dire
perché il parroco con la papalina mi ha rimproverato
quel giorno in cui ho detto una parolaccia che non esiste
perché le parole sono tutte uguali e tutte anarchiche,
come le sedie del centro sociale prima dell’assemblea,
prima di essere soffocate dai culi riottosi dei compagni.
Salvatore Vallone
Hàrah Làgin, Carancino, il sentiero degli aranci, Belvedere, 14, 05, 2023