ANCORA

Ancora un papa,

ancora un pope,

ancora una regina,

ancora un re,

ancora uno zar,

ancora un kaiser,

ancora un duce,

ancora una duchessa cosìecosì,

ancora un principino assassino.

Quanto bisogno abbiamo di un capo!

Quanto bisogno abbiamo di un padre!

Quanta oscenità in questa spiaggia settembrina!

Quanto bisogno abbiamo del culo!

Tra chiappe ridenti e cosce sonanti

il corteo è funebre e sorridente

in questa sfilata accalorata di Avola e dintorni.

Tra crape pelate e lustri di gente lustrata

si ricerca un’identità nazionale stupida e stupita

in queste file smodate di gente attendente.

Ancora un principino che scrive,

ancora una principessa che scopa,

ancora una contessa con il marchese,

ancora un marchese con la contessa.

Quanta sabbia cenerosa sporca in questo stupidarium

ripieno di cicche ciucciate da labbra inferocite

durante la calura di un sole in senescenza

e ripieno di elio e di plutonio,

luminoso come le gote degli infanti

prima che inizino a sproloquiare

tra le braccia di una matrigna o di una maestra,

meglio che di un prete.

Zozza è la zozzura di questa fetta di storia

distolta dalle stoltezze di personaggi opachi,

di uomini moderni e di donne arcaiche

che tendono al sovrannaturale e attentano la ragione,

minano e menano la Ragione.

Prendimi ben bene per il culo

in questa festa afosa di un settembre alternato

in odore di santità profana e laica

e forte di quel vino buono di Pachino

che fa resuscitare i testosteroni latenti e girovaghi,

i vagabondi ormoni della Giudecca e della strada maestra,

la mastra rua.

Parlami della regina appena defunta

e del figlio appena regalizzato in sovrano con il cavallo

di un popolo che sta silente in fila,

dimmi del suo stuolo di servi e servette

che adorano la vergine Cuccia,

mentre il piede villan del servo scalcia come un ciuco

le fresche e rigenerate palle di Barbazucon,

ossidate dal tempo galante e galantuomo,

ma sempre buone all’uopo e alla bisogna.

Meno male che la morte arriva sempre

prima che si consumi il grande evento,

prima che la forchetta si sposi con il consommé,

prima di quel porco fottuto con il limone in culo.

Il matrimonio non va,

non fa per me,

lo sposalizio non mi giova.

Per una salsiccia mi tocca tenere a vita tutto il maiale.

Ormai il prete non sposa,

il prete si sposa,

specula sui sensi di colpa dei figli sui padri e sulle madri,

celebra solo funerali

e apre la cassettina per l’obolo dei defunti.

Quanti morti su questa terra!

Ancora,

ancora,

perché io da quella volta non ho capito un cazzo.

Salvatore Vallone

Carancino di Belvedere, 25, 09, 2022

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