
In fieri,
signori in carrozza,
prendete i vostri quattro stracci,
si parte,
si parte per l’Oriente con l’Express,
per amoreggiare con Mata Hari,
per guarire il putinot dal cancro alla prostata
e l’osel putinel dal male oscuro del sangue infetto.
Si parte
per curare la depressione e la guerra,
l’Alzheimer nel mondo e la sola igiene dei popoli,
si va da santa Lucia stazione a santa Lucia badia,
da Venezia a Siracusa tutto di un fiato,
tutto in un sorso,
in un battibaleno,
con un Italo d’acciaio lucido di zecca
come un cannone del 1914 nel museo di Fagarè della Battaglia,
in provincia di Treviso,
quella che se la vedi t’innamori o t’intossichi,
si parte con una Frecciarossa tutta linda e ben disposta,
l’amica segreta e apparecchiata del fascistone italico,
Italo per l’appunto e per la precisione.
Viva il duce,
viva il duce
che ci dà l’acqua e la luce!
A che prezzo?
A che prezzo, sticazzi amari!
Per curare la depressione e la guerra,
si va e si viene in questa nottata puttanella
insieme agli amici pottaioni e alle amiche fidate,
tutti innamorati della potta e del putto,
un gruppo misto di porsei e di porsee
che i giudici e le giudicesse non contemplano
nei codici di Rocco, di Pietro, di Paolo e di Paperino.
Signori si va,
si va,
si va,
si va.
Madre,
nome comune di donna che ha partorito,
Madre santa,
nome comune di donna che non ha partorito,
Madre Natura,
nome comune di donna in fieri produttiva maestruascens,
Natura,
o Natura, o Natura,
quella che promette e non mantiene,
quella che inganna di tanto e di troppo i figli suoi,
quella di Jacopo da Recanati,
lo studioso matto e disperatissimo,
quella di Silvia e delle sue sorelle
nella sera del dì di festa,
o Demetra e Cerere,
quelle del forno biologico di Avola antica
che sforna biscotti consistenti alle mandorle e alle noci,
nonché crostate alla marmellata di mirtilli trentini
o torte alla crema di ricotta di pecorelle smarrite
da redimere nel bordello di via del Campo,
o Gea e Persefone,
quelle della campagna etnea e del Vulcano mai domo,
quelle che vanno in giro
per farsi rapire dai soliti rapitori irsuti,
così dicono i soliti misogini della tivvù cavalleresca
e dei giornali del mitico capitan codardo,
o Madre,
salve o mia regina,
dammi sempre la forza e l’estro
di essere un buon contadino,
di essere un bravo sacerdote,
di essere un Sommo Poeta come Quinto Orazio Flacco,
un grande uomo
che ha il coraggio delle sue parole,
un modesto uomo
che segue Giovanni nell’elogio del Verbo,
Giogiò l’annunciatore e l’apocalittico,
il vate che ha la forza del suo flatus vocis,
che adora il suono del sottofondo osceno delle galassie,
che annuncia l’entropia dell’universo
che si espande
e che non cade mai,
il giornalista che predica il disordine scostumato
che sta consumando la forza
impressa in illo tempore agli atomi dalla Parola,
che mischia l’energia dei venti della rosa
tra nord e nordest non è tramontana e non è Grecale,
non è Scirocco e non è Libeccio,
ma è il vento giusto che porta giusto e diretto
dalla Rosy,
dalla Maru,
dalla Margherita,
dalla Bepa,
dalla Nanà,
dallo spazio celeste all’aldilà altrettanto celeste,
indorato dalla rigenerazione cellulare,
segnato dalla lotta contro l’invecchiamento
secondo il patto con il diavolo
di vivere di più in un corpo giovane,
con un salto di prima qualità
attraverso quelle cellule staminali
che mi riprogrammerò sulle singole cellule già fatte,
già fatte e rifatte,
le cura tumori,
i grimaldelli di dio,
quel dio che ci dà il nostro pane quotidiano,
ci redime dai debiti
come le banche defunte con tutti i bancari,
i raccomandati di una volta,
di dà la vita eterna
e un sonoro così sia
al posto di un blasfemo vaffancucchio.
E nel frattempo?
Intanto un vecchio è allo specchio,
seduto su un secchio sul suo lungomare
e attende lo sticchio di una vecchia
seduta con spocchia su una secchia
mentre si spacchia a crepapelle
come una vacca che succhia la potta.
Signori,
si scende,
finalmente si scende davvero
da questo treno mezzo scuro e mezzo nero
al grido di “a ognuno il suo”
e “a chi la tocca, la tocca”,
secondo il nobile pensiero dell’umile Gervaso.
Salvatore Vallone
Carancino di Belvedere, 04, 06, 2022