
L’aurora di bianco vestita è sulla italica Marmolada,
la ladina Marmoleda,
la crucca Marmolata.
La vulcanica regina delle Dolomiti calza rosse scogliere coralline,
porta fiori d’arancio
e mena perle d’oriente
per le nozze del grande faraone con la sua mitica Juliette.
Tutankhamon si è risvegliato dal millenario letargo.
Vestiti a festa con i vestiti della festa,
intreccia ghirlande da morto
per scacciare i menagrami nostrani,
giornalisti e politici dello schermo,
critici a banderuola e travestiti da Arlecchino,
i soliti iettatori napoletani con il cornetto rosso di vile plastica.
Ripeti con me,
o bambina impertinente e insolente:
“aglio e fravaglio,
fattura ca nun quaglia
ca pariscia e ca paraglia,
cazzu in culu e pena a vita,
iacqua i ravanti,
ventu i rarreri
e cuticchiuna nmezzu a li peri”.
Forse Lui morirà oggi di bianco sangue,
forse la guerra finirà,
forse Tu morirai domani di crepacuore,
forse la guerra finirà,
forse Lui incontrerà il suo perduto amore,
forse la guerra finirà,
forse Tu vincerai un regalo con i punti Mira Lanza,
un bel filmino pornografico con tanto di santi vergini
e di madonne rifatte in salmì.
Di certo, ti toccherai le balle smunte
e mungerai i grappoli cadenti tra i mirtilli d’avorio
quando saprai che la messa è finita,
quando ti diranno di andare in pace,
quando offriranno pesci clonati
e pagnotte in serie come negli insuperabili Lidl.
A nulla valse zelo di arcani uffici
e intrallazzature con i fratelli di Sicilia,
questa Trinacria cementata al centodieci per cento
senza fattura e oneri aggiunti,
tutto in culo al solito ignoto passeggiatore serale
che fa le marchette astrali per campare.
E non è poco!
La Marmolada è pronta,
l’Aurora la monta di gusto e a crepapelle,
dappertutto per non essere sessista e di parte,
per sentirsi dire ancora una volta
che Lei non vuol più morire sulla spiaggia di Rimini
dopo una notte di preghiere
trascorsa in bianco presso la chiesa dei Cappuccini
tra fratacchioni regolarmente celibi e nubili
dal culo intonso e liscio come una palla da biliardo,
il cimelio e la reliquia della premiata ditta zio Severino
in via dei Cordari al numero 23,
per sentirsi cantare ancora una volta
“vieni,
mia bella,
vieni,
ti porterò a Durazzo,
ti svelerò il mio grande progetto sul ponte di Messina”.
E’ tutto qui.
Rien ne va plus.
E’ arrivato il Puffo.
Siamo nel 1994.
Il salmo si è dischiuso nella gloria dei sensi
dentro una Aurora vissuta sulla Marmolada,
consumata ai piedi di Colei
che solo a me par donna
in questa sagra di vagabondi e di vagabonde,
nell’attesa dell’anno che è arrivato con la lista di attesa
per dare spazio all’anno che verrà
e alle proscrizioni di hostes pubblici.
Mario e Silla se la dormono.
Che bel culo splende oggi sulle Dolomiti in questa Aurora boreale!
Salvatore Vallone
Carancino di Belvedere, 15, 05, 2022