
So,
so che Mara ha un amore segreto per Renato,
un sentimento grande,
tanto grande da farci il bagno a Lasparano
quando viene Natale
tra le scogliere ancora calde di sole antico.
So,
so che Renato fuma ottanta,
dico e scrivo 80 e non sono balle,
Muratti al giorno,
Muratti rosse e Muratti blu,
Muratti Ambassador di ogni tipo,
ma sempre della famigerata Phlip Morris,
quella International e Multinational del cancro ai polmoni,
ottanta o 80 maliarde battone
che dipingono l’aria di volute d’oro e d’argento
come un monumento anche quando l’aria è infetta
dalla Spagnola con la scura aureola,
dalla Creola con la bruna aureola,
dalla Russa con la bionda aureola,
dall’Asiatica con la gialla aureola,
dalla Cinese con la bianca aureola.
Mara è variopinta e varia nei capelli e nelle movenze,
svarionata come la grande Sofia
con il conte e il marchese,
affabile con Tamarindo e sor Cipolla,
nonché con i nobili del colle Vaticano
del tipo di Torlonia e del Grillo e dei Farnese,
e la famiglia reale del principato di Monaco,
Monaco Monacò,
non Monaco Munchen,
del tipo Charles e Marlene messi insieme.
Mara sa sulla sua gialla pelle
che Renato è un calloso tabagista,
ha i gattini che ronfano dentro il petto villoso,
ha un rospo incallito dall’enfisema polmonare,
un rospo che raspa con la ruspa quando respira,
ed è fiero di averlo,
guai a non averlo,
non sarebbe umano,
non sarebbe un uomo,
non sarebbe un maschio,
non sarebbe un maschio siciliano.
Un uomo sa di fumo
se è un vero uomo.
Lo diceva anche la Mina
quando cantava e quando non cantava.
Mara è musa delle Arti,
è Talia,
è Calliope,
pur essendo romana de Roma,
zoccoletta all’evenienza,
caciottara all’occasione.
Renato è nato a Palermo,
alla Vucciaria,
tra quarti penzolanti di vitellone insanguinato da spolpare,
tra salsicce di maiale intrecciate e incroccate,
tra vacche magre da ingrassare nei tempi futuri.
Renato fa ritratti per gli americani,
i soldati mezzi marinai e mezzi fanti,
che sono appena sbarcati con il chewingum in bocca
dalla Indianapolis prima di essere affondata dai giapponesi,
uomini nati da genti di tutte le parti,
di tutte le genti,
uomini senza arte e né parte,
pur sempre uomini di razza e di portafoglio,
di pancia e di cordoglio,
di libertà e di vecchi merletti,
di armi in casa e di proprietà privata.
Renato è uomo di arte e di parte.
Renato è comunista più di Antonio,
più di Palmiro,
ha la falce e il martello impresse sulle carni
come stimmate di un calvario del padre e della madre.
Renato è povero nel quartiere della Vucciaria,
ma fuma ottanta,
80,
dico e scrivo 80 e non sono balle,
Muratti blu e rosse al giorno
che dipingono l’aria di volute d’oro e d’argento,
come da prescrizione depressiva del suo medico curante,
dello psichiatra del manicomio,
la real casa dei matti Pietro Pisani,
barone delle due Sicilie.
Mara mangia tartine al caviale russo dello zar
e beve soltanto champagne,
quello francese e non quello dei colli del Soligo,
nel casino di via Teulada
e fotte i soldati americani
che continuano a masticare chewingum
anche quando mangiano spaghetti alla carbonara
dalla sora Clelia di Anzio
e fumano le Jesterfield senza filtro
per ostentare le palle e sfidare la morte,
per corteggiare l’agguato seduttivo di Lachesi,
di Atropo,
di Cloto.
Renato si è fatto grande
ed è corteggiato dai mercanti americani
di Brooklin e di Filadelphia,
di Nuova York e di Boston,
vende quadri a peso e a misura,
a chili e a metro quadro,
come gli attici di Madison Square.
Mara ama Renato,
nonostante sia ampiamente maritata,
una donna libera alla bisogna come l’Aulin,
una donna ante litteram,
post Cristum natam,
una femina feminarum,
una Lilith e non una Eva,
una domina di antiche virtù,
di novelli sfizi,
di ricci e capricci,
di forti incalliti vizi.
So che Mara ha un amore segreto per Renato.
So che Renato fuma ottanta,
dico e scrivo 80 e non sono balle,
Muratti Ambassador blu e rosse al giorno.
So che la loro vita scorreva tra le vie di Palermo bene,
tra le strade di una capitale dalle grandi bellezze.
Ma so anche che ieri Renato è morto
con la sigaretta a fianco,
la Muratti Ambassador rossa
come la camicia dei garibaldini,
come la bandiera dei compagni russi.
La balorda gli è sopravvissuta,
ha continuato a bruciare incensi lugubri
e a esalare aromi osceni.
La troiona si è spenta tre minuti dopo il suo cuore.
Salvatore Vallone
Carancino di Belvedere, 15, 04, 2022