
TRAMA DEL SOGNO
“Mi trovavo in una città dove non sono mai stata, ricordo in Veneto.
Sono andata in cattedrale per assistere alla messa. Ero in compagnia di amiche.
C’era una funzione religiosa e nella prima fila c’era un mio amico d’infanzia con alcune persone che io non conoscevo.
Dopo la funzione lui è uscito e si è seduto su una sdraio davanti alla chiesa.
Quando sono uscita non mi ha riconosciuta. Io mi sono avvicinata per salutarlo e per fargli vedere qualcosa sul telefonino.
Poi sono arrivati altri suoi amici e io timidamente l’ho salutato e sono andata via.
Fine del sogno, non ricordo altro.”
Il mio nome è Mariù.
INTERPRETAZIONE DEL SOGNO
“Mi trovavo in una città dove non sono mai stata, ricordo in Veneto.”
Sognare luoghi mai visitati e mai visti si riduce al meccanismo psichico di difesa della “rimozione”, della dimenticanza funzionale a non evocare dolore e tanto meno angoscia. Mariù si trova in se stessa e sta elaborando un vissuto personale che avvolge nel mistero della non consapevolezza e del vago, ma è precisa nel ricordare che la geografia indica la regione Veneto come lo spazio inquisito e per lei significativo. Ed è in questo spazio che si svolge il sogno con i suoi misteri e le sue coperture. Procedere nell’interpretazione riserva le giuste sorprese.
“Sono andata in cattedrale per assistere alla messa. Ero in compagnia di amiche.”
L’alleanza con le amiche è sempre difensiva e rafforza l’azione e il prosieguo della trama del sogno. La “cattedrale” attesta la presenza e l’azione del processo psichico di difesa della “sublimazione della libido”, così come la “messa” rafforza il senso tragico della repressione dell’energia vitale. La “messa” contiene un “fantasma di morte” nella forma concreta del sacrificio della propria vita a favore di altri, nonché la trasfigurazione della “libido” nella fede nella sopravvivenza dopo la morte. Mariù usa simboli e simbologie complesse a cui è particolarmente devota e nel sogno questo materiale psichico crea dinamiche umanissime e nello stesso tempo nobili proprio per l’apertura al senso della fede e del mistero. Mariù è andata in Veneto insieme alle amiche alleate e sta sublimando alla grande la “libido”, come usa fare nella sua vita quotidiana e in linea con la sua formazione umana e spirituale.
“C’era una funzione religiosa e nella prima fila c’era un mio amico d’infanzia con alcune persone che io non conoscevo.”
Mariù è andata in sogno nel Veneto a trovare un amico dell’infanzia e si è portata dietro le sue amiche per sentirsi più forte e più sicura nel prosieguo della sua psicodinamica. Non è finita. Ha portato in “cattedrale” un suo amico d’infanzia e lo ha messo in prima fila nell’assistere e partecipare a una funzione religiosa, la “messa”. Questo amico, a sua volta, è in compagnia di persone a lei sconosciute. L’opera di difesa e di rafforzamento della struttura onirica è particolarmente accurata ed equamente distribuita dalla parte di Mariù e dalla parte dell’amico d’infanzia. I due personaggi hanno in comune la devozione religiosa e la partecipazione alla “pietas” cristiana nella forma di una cerimonia che li accomuna. La condivisione è un sentimento che Mariù sublima con la sua tinta preferita: la religiosità e l’altruismo.
“Dopo la funzione lui è uscito e si è seduto su una sdraio davanti alla chiesa.”
Eh no, non va mica bene così!
Questo sgarbo non lo doveva fare a Mariù questo amico d’infanzia!
Meglio: perché Mariù ha attribuito questo sgarbo al suo amico?
Probabilmente quest’ultimo non è poi tanto devoto nella vita reale e Mariù lo ha posto in una posizione impietosa e di ridicolizzazione del sacro proprio per sottolineare la differenza che li contraddistingue: lei è cristiana, lui è ateo anche se appartiene per cultura alla famiglia di Cristo. Mariù ha un vissuto contrastato e ambivalente nei riguardi di questo amico d’infanzia. Da un lato lo va a trovare direttamente in Veneto e se lo porta nella migliore cattedrale del circondario in maniera devota e compartecipe, dall’altro lato lo veste da turista balneare e lo sdraia davanti al sagrato della chiesa in un luogo che non merita simile collocazione e trattamento. Si evidenzia la diversità tra i due, tra chi crede e ha il dono della fede e chi crede per cultura e non ha il dono della fede. Di questa psicodinamica è pienamente consapevole la sublimata Mariù.
“Quando sono uscita non mi ha riconosciuta. Io mi sono avvicinata per salutarlo e per fargli vedere qualcosa sul telefonino.”
Lo psicodramma onirico si sta evolvendo in una farsa. Era iniziato bene e con tutti i crismi laici e religiosi, è sfociato in una scena balneare da dramma satiresco, si sta concludendo con la vanificazione di tutto quello che Mariù ha costruito: l’amico addirittura non la riconosce e si mostra vago e scostante. Mariù si sta difendendo chiaramente da se stessa e dai suoi vissuti nei riguardi dell’amico d’infanzia e proietta su di lui comportamenti di superficialità e di distacco che le appartengono. Mariù è attratta da questa figura e teme questo suo vario vissuto di attaccamento. “Se lui non mi riconosce, ho risolto il problema perché posso farmene una ragione e posso allentare gli investimenti attrattivi che vivo nei suoi riguardi e che mi agitano.” Pur tuttavia la relazione c’è e si basa sul saluto augurale e sull’elettronica del cellulare. Mariù e il suo amico condividono una storia durante l’infanzia, una relazione virtuale fatta di messaggi e di telefonate. In questo bel regime civile Mariù mostra le sue perplessità emotive e le sue resistenze perché si sente coinvolta in maniera direttamente proporzionale all’intensità del distacco o meglio del tenerlo lontano da lei non facendosi riconoscere e dandogli del “cagone”. Le difese psichiche funzionano bene anche se lo psicodramma non è poi tanto drammatico. Il sogno dice della sensibilità di una donna che si approccia al suo passato sentimentale e al suo presente virtuale.
“Poi sono arrivati altri suoi amici e io timidamente l’ho salutato e sono andata via.”
Mariù attribuisce al suo amico una vasta rete di amicizie e una buona cordialità sociale, così come riserva a se stessa la dote difensiva della timidezza e della discrezione, del sapersi togliere di torno al momento opportuno per non incorrere in situazioni di chiaro disagio. Ricorre alla complicità degli amici di lui e taglia la testa al toro senza approfondire altro in questo sogno garbato e delicato. Mariù è “andata” a vivere la sua vita dopo questa breve parentesi in cui ha sognato la sua adolescenza e la sua età matura grazie alla presenza accomodante del suo amico d’infanzia. In effetti, Mariù ha difeso egregiamente un bel sentimento d’amore giovanile nei riguardi del suo amico veneto. Tanta reazione per altrettanto timore emotivo sono i dati rappresentativi di questo delicato quadretto che la funzione onirica di Mariù ha messo in piedi dormendo naturalmente.
“Fine del sogno, non ricordo altro.”
Il sogno è stato composto e ordinato come la sua padrona. Il sogno ha usato le difese giuste per una buona salute mentale. Il sogno manifesta un rigore morale anche a livello profondo perché non è mai andato sul carnale e sul libidico in grazie al processo della “sublimazione”. Il sogno è uno spaccato psichico di Mariù, ma uno spaccato molto importante e significativo e le cui qualità hanno segnato e segnano il patrimonio psichico della donna.
Questo è quanto dovuto a Mariù per il suo trasognante e trasognato sogno.