LA MIA BAMBINA DENTRO

TRAMA DEL SOGNO

“Giusy sogna di leggere una frase che le pare bellissima, scritta da una bimba dai capelli biondi e con il grembiulino blu, che è come una persona di famiglia.

La frase recita più o meno così: “Ed in estate i campi si spolverano di rosso…”

Mentre sta cercando di dirle quanto le piace questa frase e disquisisce appena sul fatto che poteva usare la parola “imporporare”, si volta e vede la bambina che sta correndo verso prati verdi che lei riconosce come il giardino della sua casa d’infanzia.”

INTERPRETAZIONE DEL SOGNO

Giusy sogna di leggere una frase che le pare bellissima, scritta da una bimba dai capelli biondi e con il grembiulino blu, che è come una persona di famiglia.”

“La mia bambina dentro” è il titolo oltremodo degno del sogno di Giusy, una donna in vena di riattraversamenti e di rievocazioni che sente il bisogno di rivivere il passato in preda a un raptus nostalgico che chiede un rafforzamento della propria identità psichica. Nei momenti della vita adulta in cui siamo deficitari sul tema “chi sono io?”, ecco che la funzione e l’attività oniriche ci soccorrono e ci danno la soluzione: tornare indietro nel tempo e ripescare quelle immagini e quegli episodi che ci servono per ripristinare il corretto equilibrio psicofisico turbato da cause occasionali o da seri traumi. Il tornare indietro nel tempo non equivale a una “regressione” difensiva dall’angoscia del presente, semplicemente perché l’operazione avviene al presente, nel “breve eterno” psichico in cui tutto si conserva ed è sempre a portata di mano. Giusy al presente mette in riedizione quel periodo della vita e quelle immagini del passato che le servono per una cura ricostituente dell’attualità, il tempo presente per l’appunto. Una domanda è opportuna: questo disagio psichico può essere indotto dal sentimento della nostalgia? Di certo, quest’ultimo spinge a ripescare quello che serve nel cumulo delle costellazioni psichiche vissute nell’infanzia e oltre. La nostalgia è uno strumento e non un fine. Giusy sogna il suo essere stata bambina e ha nostalgia dell’infanzia per ricompattare la sua psiche con l’elemento mancante in questa contingenza esistenziale.

Procediamo con l’interpretazione progressiva del sogno.

Giusy rievoca e rivive la sua infanzia e si “sposta” o si “trasla” in quella bambina solerte e giudiziosa che era e che sapeva scrivere pensieri profondi e molto significativi. Questa bambina andava a scuola “con il grembiulino blu”, aveva “i capelli biondi” ed era “una persona di famiglia”. Questa bambina si chiama Giusy. Giusy donna adulta ha bisogno di recuperare Giusy bambina per la sua dinamica e per la sua economia psichiche semplicemente perché a Giusy donna manca qualche pezzo della sua identità in atto, una tessera che può avere smarrito da qualche parte continuando a vivere di corsa e in tutta fretta. Degno di nota è il rilievo che la frase della bambina le pare “bellissima”: la cornice del sogno è di qualità estetica, a testimoniare che la Bellezza è la migliore medicina per ripristinare l’armonia psichica turbata.

La frase recita più o meno così: “Ed in estate i campi si spolverano di rosso…”

La panacea della disarmonia di Giusy è questa frase semplicemente retorica che vuole i papaveri rossi nei campi gialli di grano durante la stagione estiva, una scena ricorrente nella Sicilia dei tempi andati quando la meravigliosa isola era il granaio di Roma e d’Italia. Giusy adulta ripesca Giusy bambina e insieme rievocano l’immagine bucolica che simbolicamente si traduce, oltre che nella bellezza estetica, in un forte bisogno di spolverare la propria vita in atto con fonti di eccitazione. Giusy sta vivendo un momento depressivo e sogna il bisogno di avere appigli di vitalità e di eccitazione in tanta giallo rurale dominante, in tanta quiete esistenziale e rilassamento psicofisico. Giusy sogna la sua bambina che aveva davanti praterie aperte e sconfinate da attraversare ed esperienze da vivere con tante spinte vitali e tanti spunti vivaci. Il quadro di Giusy bambina rievoca il “campo di grano con volo di corvi” di Van Gogh e le note simboliche di fondo sono le stesse, uscire quanto prima da uno stato depressivo manifesto e ricorrere alla Bellezza per comunicare a se stessa lo stato psichico in atto. La Bellezza è strumento di diagnosi e di terapia e attesta della sensibilità estetica che Giusy ha maturato sin da bambina.

Mentre sta cercando di dirle quanto le piace questa frase e disquisisce appena sul fatto che poteva usare la parola “imporporare”, si volta e vede la bambina che sta correndo verso prati verdi che lei riconosce come il giardino della sua casa d’infanzia.”

Si profila in maniera sofisticata il male di Giusy adulta: “poteva usare la parola imporporare” al posto di “si spolverano di rosso”. La frase tanto declamata e tanto indicativa doveva suonare così secondo Giusy adulta: “Ed in estate i campi gialli s’imporporano”. Francamente quella di Giusy bambina è da preferire perché è meno retorica e ridondante, meno decadente e più pop. Si sa che la bambina non è viziata dall’esercizio della Retorica, che di per se stessa in quanto arte del convincere non è il male assoluto, ma la prima formulazione risulta più naturale e comprensibile. Giusy adulta contesta a Giusy bambina di non avere il suo male di vivere, la Retorica e l’arte di convincere. Giusy bambina si è evoluta in una donna innaturale e artefatta, esibizionista e formale, una donna di potere che usa la parola come strumento di coercizione del suo prossimo vicino e lontano. Giusy è malata del potere infelice di coartare gli altri con l’intelletto e con il verbo. Ben venga allora la visione liberatoria di una “bambina che sta correndo verso prati verdi” dell’avvenire, un futuro che Giusy non rincorre più perché è tutta presa dal potere sugli altri attraverso il bel dire e il bel convincere. La semplicità del linguaggio, la parola che traduce il senso e il sentimento nelle forme più genuine e consone, queste doti dell’infanzia non appartengono più all’età adulta e a una donna prevaricatrice in primo luogo con se stessa, la sua infanzia, il suo essere stata quella bambina felice di parlare secondo natura e di chiamare per nome la realtà che la circondava senza orpelli e senza fronzoli degni di un Sofista nella “agorà” di Atene al tempo di Socrate.

Eppure il recupero della sua bambina ingenua e poetica è la salvezza e la giusta terapia di Giusy.

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