
Merci!
Merci!
Quel plaisir, madame de Bovary!
Le belle parole fanno sempre bene al corpo,
plus que a l’evanescente ame,
a questo corpo che cerca ancora guai
in questa giornata austera e senza ozio,
in questo dì tutto dedicato al negozio che non c’è,
in questa notte da certificare al bobby di quartiere
dentro un innaturale coprifuoco di pace e benevolenza.
Viva il Duce,
viva il Duce,
che ci dà l’acqua e la luce!
Cara Catherine,
ti scrivo la presente
con il grado sociale e civile di nullafacente e di nullatenente.
Non sono, di certo, un politico da telecinco
e tanto meno un giornalista da tivvusettete,
per cui non essere gelosa del tuo Pasquale,
Totonno per gli amici,
perché tuti i me vol e nisuni me cioe.
Sol che ti,
vecchia madame,
solo tu mi vuoi e mi vuoi bene,
tu che ogni mattina lasci sul lattice del materasso
le impronte di quel corpo che solo a me par di donna.
Solo tu ti mostri così gentile a me che ti miro
e mi dai per gli occhi una dolcezza al core
che intender non la può chi non la prova.
Quanti ne hai provati e regalati bonbons,
e non soltanto al core,
tu,
mia adorable Catherine,
sensibile come la gatta Nerina da Caltabellotta,
tu che leggi di notte i Fasci immarcescibili di Bruno la Vespola
per pulire la tua povera pelliccia di cincillà al covid
a che nessun ti veda,
a che nessun ti spii,
a che nessun ti giudichi
come la solita donna di provincia in cerca di fregole
anche quando il giorno è di caucciù
e fatica ad affidarsi alle tenebre
per grazia ricevuta e mai restituita.
Tu,
mia charmant Catherine,
sensibile come la donna dell’inquieto Gustave,
guardi ogni sera la Lily nello specchio lucido e colorato
per amarti di più e sognare i ritrovati amori
anche quando le stelle non riescono a venir fuori
per formare un firmamento di necessità d’argento,
come prescritto dai codici fascisti di Alfredo,
non quello che su tuo invito ti bacia,
ma quello che ancora oggi ti uccide.
E allora,
rinasci bel fiore a la baia del sol,
quando caliente stringi in mano il biglietto di solo andata
andando con dignità in culo alla vita e al mondo crudele
che ti ha voluta femmina,
una femena granda come la micidiale guerra targata 1914.
E il tuo Pasquale?
Il tuo Pasquale canta sempre a Capri con Peppino
o mondo crudele,
è l’ora dell’addio,
ma non vuole morire
per fare dispetto ai seguaci di Charles,
ai crumiri di brutte speranze
che predicano ogni sera la selezione naturale,
la morte fredda per asfissia
di coloro che hanno già abbastanza vissuto.
Il tuo Pasquale non vuole morire
perché deve ancora annerire di merda quei loschi figuri
che lasciano il talamo coniugale al cuculo di turno.
Ah,
quanti cornuti affollano questa lurida piazza
seduti sulle panchine inquiete
di questa sporca città semigreca e semiaraba!
Ah,
quanti vecchi fanno del cul trombetta
a questa torma di tossici
che non vedrà mai lo cielo della vecchiezza!
All’uopo e alla bisogna
sappi che pulisco sempre il mio corpo con il gel,
in specie i testicoli ormai grigi e smunti dall’uso,
che riduco al minimo i bisogni innaturali con la tv,
che mi sparo una riga di whisky di Portopalo
per ammazzare il colesterolo e i satanassi in circolo.
Epicuro e Buddha mi stanno sempre a fianco
in questo bel ballo di san Vito che ancora mi agita,
così come il tuo ricordo ambito di doni mai ricevuti
e le tue perfide malefatte di bella donna di provincia
che vuole di giorno andare da Saint-Denis a Paris
nella disperata ricerca del braccetto di Tizio,
del soldo di Caio,
del parafulmine di Sempronio,
del sale e pepe di Bortolo,
del savoir faire di Giobatta,
detto Giobattino e da sempre definito culu vasciu
per le sue gambe oltremodo corte.
Se la memoria non m’inganna,
mia cara Catherine,
cordialmente mi firmo e mi attesto come il sempre e solo
tuo Salvatore Vallone
Post scriptum: sarà poi vero che dalla Morte nasce la Vita più forte?
Carancino di Belvedere, 06, 01, 2021