IN VIAGGIO CON IL PADRE E LA MADRE

TRAMA DEL SOGNO

“Sto guidando per andare a Verbania, credo che sono sola e sto pensando che è una bella zona e vorrei mostrarla a V. (un mio amico tedesco che sto ospitando a casa).

Arrivo davanti a un complesso di chiese di pietra, le osservo bene tutte dalla più antica alla più recente, fino ad una la cui costruzione è stata bloccata secoli fa ed ora il comune sta completando l’opera con strutture di cemento che formano figure astratte, tipo parco artistico contemporaneo.

Risalgo in macchina, forse non sono più da sola, ma proprio non so chi ci sia con me, nemmeno se è femmina o maschio, potrebbe essere V come mia nonna (nel sogno da qualche parte la presenza di mia nonna c’è).

Guido lungo una strada tutta curve sulle colline costeggiate da numerosi resort con spa e piscine all’aperto bellissime. Penso che ho un problema di artrite al mignolo (??? ho venticinque anni) e mi decido ad entrare in una spa per farmi fare un massaggio, intanto comincio già da sola a massaggiarmi il mignolo contratto fino a distenderlo del tutto.

Mi accoglie un signore anzianissimo e buffo in costume che mi guida nuotando attraverso una piscina fino alla zona massaggi, lo seguo nell’acqua e poi aspetto in piedi in corridoio…sempre forse in compagnia di qualcuno, ma non so.

Mentre attendo la massaggiatrice, arriva una coppia, un uomo che ho già visto nella mia infanzia (Giacomo o Jacopo) insieme ad una ragazzina. Quando arriva la massaggiatrice offre loro un caffè, la ragazzina fa per prenderlo, ma poi la donna lo ritrae dicendo che il caffè non fa bene ai bambini.

Sono in una camera d’albergo seduta sul letto con mia madre, guardando il telegiornale in tv. Un servizio mostra l’uomo di prima arrestato per pedofilia e si vedono le immagini di lui assieme a molte bambine e adolescenti.

Inizio a parlare con mia madre e dico di conoscere quell’uomo, lei mi conferma che era un suo amico e di avermelo fatto incontrare, io mi agito e le chiedo diretta se lui abbia abusato di me, lei mi dice “non credo, perché eri molto piccola e non parlavi, a lui piacciono le bambine che parlano”…

Comincio a incazzarmi e disperarmi e le chiedo se mi ha mai lasciato sola con lui, lei mi risponde che è successo, allora io chiedo cosa sa di quella volta…lei mi risponde “so che ti ha accarezzata dappertutto e che non riusciva a entrare ma nemmeno a staccarsi”…

Inizio un lungo pianto isterico, mi sento schifata e mi allontano da mia madre…esco di lì, ma sono piegata in avanti dal dolore…vado verso il mio fidanzato, non so quale dei due, poi prendo il telefono chiamo F (primo fidanzato) voglio raccontargli, ma riesco solo a piangere in una maniera strana, lui non riesce a capirmi e dopo un po si stanca mi prende in giro e riattacca…

Mi sveglio facendo versi disperati. Al risveglio ripenso all’uomo, ma non sono più sicura di averlo visto per davvero o lo confondo con un’altra persona.”

Giglio

INTERPRETAZIONE DEL SOGNO

Sto guidando per andare a Verbania, credo che sono sola e sto pensando che è una bella zona e vorrei mostrarla a V. (un mio amico tedesco che sto ospitando a casa).”

Giglio guida, Giglio crede di essere sola, Giglio amoreggia con se stessa e non disdegna di affidarsi a un uomo che non c’è e che è dentro di lei, un uomo straniero che l’attrae, un tipo di maschio. Giglio non è per tutti e di tutti, Giglio sa di sé e sa dove andare, Verbania per l’appunto, sa quello che desidera perché l’ha immaginato da bambina. Giglio pensa alle sue bellezze e le vuole condividere, vuole mostrarle. Siamo sull’apparente vago e sul decisamente certo, siamo nel corpo e nel suo patrimonio di pulsioni ben organizzate e di bisogni ben calibrati. Lo straniero dentro la casa di Giglio non è tanto “tedesco”, è una persona familiare e ha radici antiche: un ospite degno e giusto, santo come una figura sacra. Procedere in questo lungo sogno è veramente poetico, un prodotto psichico tutto da scoprire e da inventare.

Arrivo davanti a un complesso di chiese di pietra, le osservo bene tutte dalla più antica alla più recente, fino ad una la cui costruzione è stata bloccata secoli fa ed ora il comune sta completando l’opera con strutture di cemento che formano figure astratte, tipo parco artistico contemporaneo.”

“Un complesso di chiese di pietra” rappresenta la difesa dal coinvolgimento affettivo e il raffreddamento della “libido”. Tale operazione titanica viene eseguita attraverso il processo di difesa dall’angoscia della “sublimazione”, “le chiese”, e il meccanismo di “conversione”, “di pietra”. Giglio ha una buona consapevolezza analitica della sua evoluzione psicosessuale, “le osservo bene tutte dalla più antica alla più recente”, e si sofferma all’attualità dei suoi blocchi e delle sue remore, attribuendo al suo “Super-Io” la censura morale della sua vita erotica e riconvertendo la suddetta con la vena creativa e la Fantasia. La Bellezza e i suoi sensi soccorrono Giglio in quest’adeguamento esistenziale della sua vitalità e della sua energia vitale, la “libido”. Nonostante “le strutture di cemento” non dispongano bene per la sessualità, si può apprezzare l’astrattezza delle figure e il “parco artistico contemporaneo”. Giglio conferma la sua evoluzione psicosessuale verso forme estetiche di buona fattura che riducono le difese della “sublimazione”. La Bellezza è sempre fonte di godimento globale. Confermo: Giglio ha ben chiara la sua evoluzione psicosessuale da sublimata e contratta a bella e degna, nonché etica e sana. Impressiona la Poetica del Sognare, la “figurabilità” in primis.

Risalgo in macchina, forse non sono più da sola ma proprio non so chi ci sia con me, nemmeno se è femmina o maschio, potrebbe essere V come mia nonna (nel sogno da qualche parte la presenza di mia nonna c’è).”

Le tappe evolutive della formazione sessuale di Giglio si alternano tra una guida alla “sublimazione” con giudizio e una ripresa matura verso l’appagamento intimo e privato. Soprattutto subentrano nel sogno le figure femminili che hanno portato la protagonista a identificarsi dalla parte a lei consona e confacente, “se è femmina o maschio”, ma non sa chi ci sia con lei, perché anche il versante maschile è stato curato nella propria formazione nel senso della “parte psichica maschile”, vedi “Androginia”. Giglio è una donna completa e si ritrova nella figura femminile della nonna e nel desiderio latente del maschio che c’è, non si vede, ma si sente tanto, il famigerato V. Meglio di così non poteva andare. Siamo sempre in un ambito di assoluta correttezza psico-evolutiva e lo stesso Darwin non disdegna l’applauso a una donna chiamata Giglio che se la dorme e si sogna.

Guido lungo una strada tutta curve sulle colline costeggiate da numerosi resort con spa e piscine all’aperto bellissime. Penso che ho un problema di artrite al mignolo (??? ho venticinque anni) e mi decido ad entrare in una spa per farmi fare un massaggio, intanto comincio già da sola a massaggiarmi il mignolo contratto fino a distenderlo del tutto.”

Il sogno con molta diplomazia e delicata accortezza svolge il tema del corpo e della “libido”, nonchè con espresso riferimento all’erotismo e, nello specifico, all’autoerotismo e senza nulla togliere alla seduzione e alle arti sorelle. E’ un sogno da “spa”, da “resort” e da “piscine”, è un sogno bellissimo perché dedicato al benessere psicofisico passando attraverso la base nobilmente materiale del Corpo. Giglio guida, Giglio è in amore, Giglio è partita per il pianeta Venere, Giglio è eccitata: “guido lungo una strada tutta curve sulle colline”. Giglio sceglie e non si lascia scegliere anche quando lascia che scelga l’altro, ma in questo frangente Giglio è in piena masturbazione: “comincio già da sola a massaggiarmi il mignolo contratto fino a distenderlo del tutto.” A venticinque anni il “mignolo” in questione è proprio il clitoride e non non certo il dito, oltretutto affetto da artrite. Il meccanismo della “figurabilità” ancora una volta ha ben provveduto a rappresentare anche attraverso lo “spostamento” la dinamica psicofisica in atto. L’artrite si riduce a uno stato di buona salute colpevolizzata e il capoverso si può catalogare tra le allegorie della masturbazione femminile con annesso orgasmo. Il senso di colpa è connesso alla vita sessuale ed è destato in prima istanza dal sistema educativo e culturale: sessuofobia.

Mi accoglie un signore anzianissimo e buffo in costume che mi guida nuotando attraverso una piscina fino alla zona massaggi, lo seguo nell’acqua e poi aspetto in piedi in corridoio…sempre forse in compagnia di qualcuno, ma non so.”

In un ambito d’intimità subentra una figura maschile, “un signore anzianissimo e buffo”, un educatore, un padre, uno che insegna, uno che mi guida nuotando attraverso una piscina fino alla zona massaggi”. Giglio sta rievocando in sogno la tematica evolutiva del suo erotismo e della sua sessualità e giustamente immette la figura paterna bonaria e buffa per stemperare l’angoscia dell’illecito e dell’incesto, dell’immoralità e della trasgressione acuta.

Una domanda è obbligatoria: la figura paterna contribuisce nella formazione della vita sessuale dei figli e nello specifico delle figlie?

La risposta è affermativa.

Il processo educativo è soprattutto auto-educativo e non rientra esclusivamente nella “posizione psichica edipica”, la conflittualità con i genitori, ma si spalma dalla posizione orale”, affettività, fino alla “posizione narcisistica” per influenzare la “posizione genitale” ossia la modalità di offerta e di relazione in funzione del proprio godimento e dell’altrui piacere. Questo processo e queste modalità sono rievocate in sogno da Giglio: l’influenza del padre nella sua formazione psichica e, nello specifico, in riguardo al corpo, l’erotismo e la sessualità. E’ questo il senso e il significato di “lo seguo nell’acqua e poi aspetto in piedi in corridoio”. Giglio ha ben calibrato la figura paterna sin dall’infanzia e l’influenza che ha avuto, meglio che lei ha dato, nella sua evoluzione psicofisica. L’attesa “in corridoio” attesta del tempo necessario a tale processo formativo, così come “la compagnia di qualcuno che non so” attesta dell’aleggiare della figura materna nel quadro onirico e dentro la psiche di Giglio, un tratto “edipico” in funzione della propria evoluzione. La madre non si vede chiaramente in sogno, ma è presente perché il padre è evidente nel suo essere figurato “vecchio e buffo” per non incorrere nell’incubo e nel risveglio immediato nel momento in cui i significati, “latente” e “manifesto”, del sogno coincidono.

Riepilogando: Giglio elabora l’importanza del padre nella conoscenza del corpo e della vita sessuale, la sua femminilità, proprio distraendola dalla figura materna: uscita dalla piscina e l’attesa in zona massaggi. Adesso il corpo è degno di essere amato e vissuto. È stato auto-battezzato.

Mentre attendo la massaggiatrice, arriva una coppia, un uomo che ho già visto nella mia infanzia (Giacomo o Jacopo) insieme ad una ragazzina. Quando arriva la massaggiatrice offre loro un caffè, la ragazzina fa per prenderlo, ma poi la donna lo ritrae dicendo che il caffè non fa bene ai bambini.”

Un ricordo personale trova posto in questo sogno poliedrico e universale di Giglio. Le madri siciliane tutelavano le figlie non soltanto dai maschi adulti, ma soprattutto dai padri, vissuti dalle mogli per natura violenti e incestuosi, nonché determinati da pulsioni sessuali irrefrenabili, affetti da un grado erotico e pulsionale di ferinità.

Una domanda si pone: si trattava di un vissuto traumatico irrisolto delle madri che avevano subito violenza durante l’infanzia o era un dato di fatto storico e culturale legato alla repressione sessuale e all’anaffettività dominante?

In medio stat veritas.

Ricordo che non lasciavano mai in casa le figlie sole con il padre e tanto meno permettevano loro di andare, sempre da sole, nei giardinetti, un luogo classico della pedofilia e dei maniaci sessuali. La guerra miserabile e la miseria morale avevano prodotto un imbarbarimento dei costumi e una tolleranza reverenziale da parte delle donne verso l’universo maschile, contrassegnato da una ferinità che esigeva lo scarico della “libido” al di là delle relazioni di sangue. Il maschio era larvatamente considerato un bruto a cui tutto era concesso e permesso. Anche il “tabù dell’incesto” poteva essere violato e non fungeva da barriera nei maschi in preda al raptus anche di fronte alle giovani figlie.

Stendo un velo pietoso su queste tragedie collettive e contemporanee e torno volentieri da Giglio e dal suo sogno così interessante e variegato.

Si presentano in scena la “massaggiatrice”, la mamma che fa tante carezze rilassanti e rassicuranti specialmente nell’infanzia, “una coppia”, la coppia “edipica”, il padre e la figlia, “l’uomo visto nell’infanzia” e Giglio, la “ragazzina” tanto innamorata e attratta dalla figura paterna: “Giacomo o Jacopo”. Arriva a questo punto la tentazione “edipica” di un legame forte e totale con il padre, ma la madre massaggiatrice, il “Super-Io” di Giglio, provvede a raffreddare i bollenti spiriti del “caffè” con il divieto del “caffè che non fa bene ai bambini”. Il capoverso è denso ma non irto di difficoltà interpretative, per cui lo spiego meglio onde evitare confusioni. La figlia è attratta dal padre, ma la madre pone il suo divieto a un legame morboso con il padre: così ragiona sempre Giglio bambina. In effetti è proprio lei che si è vietato il trasporto globale verso il padre e verso l’universo maschile adulto. Giglio ricorda la sua bambina che tanto sentiva, altrettanto desiderava e quasi tutto censurava. I personaggi sono sempre i tre soliti compari: “io, mammeta e papeta”, per dirla alla napoletana, un dialetto, quasi una lingua, che tanto esprime nel suo tratto universale.

Sono in una camera d’albergo seduta sul letto con mia madre, guardando il telegiornale in tv. Un servizio mostra l’uomo di prima arrestato per pedofilia e si vedono le immagini di lui assieme a molte bambine e adolescenti.”

Il “significato latente”, disoccultato in precedenza tramite l’interpretazione dei simboli, diventa quasi “manifesto”: “mia madre”, l’uomo di prima”, “arrestato per pedofilia”, le “molte bambine adolescenti”. Il “servizio del telegiornale in tv” comporta un raffreddamento emotivo e una istanza censoria compatibile con la continuazione del sogno. Non è da trascurare la gelosia di Giglio nell’attribuire al padre il trasporto affettivo verso le “molte bambine adolescenti”: sentimento della “rivalità fraterna”, scatenato dalla presenza di sorelle o fratelli e anche in assenza di questi immaginato dalla stessa Giglio e attribuito al padre tramite il meccanismo psichico di difesa dall’angoscia della “traslazione”. Giglio si è riconciliata con la madre a cui aveva tolto il marito: “sono in camera d’albergo seduta sul letto con mia madre”. La solidarietà al femminile ricompone il quadro familiare e il padre resta un “fantasma edipico” che aleggia nelle psicodinamiche, oniriche e non, di Giglio. Notate l’anonimato della “camera d’albergo”. Il lettone dei genitori, trofeo ambito di tutti i bambini, sarebbe stato troppo compromettente e smascherante. Questo capoverso spiega il travaglio psicofisico di Giglio bambina nella sua “posizione edipica”.

Ma a cosa serve tanto trambusto universale evolutivo?

La risposta insiste sulla formazione psichica dei figli e, nello specifico, sulla formazione della “organizzazione” dei vissuti e dei “fantasmi” che reagiscono e interagiscono determinando con il vario dosaggio la struttura psichica, la, cosiddetta volgarmente, personalità. La risoluzione della “posizione edipica” implica il passaggio evolutivo alla “posizione genitale” matura e destinata all’investimento sull’altro, alla donazione amorosa che concilia la vita affettiva con la vitalità sessuale. Tramite quest’esperienza contrastata e intima con le figure genitoriali si formano individui caratterialmente e strutturalmente completi. Ma questo viaggio universale è sempre riempito dalle mille caratteristiche individuali e predilige destinazioni particolarmente gradevoli e gradite: i tratti psichici sono variazioni individuali sul tema universale della varia e ampia conflittualità con i genitori.

Inizio a parlare con mia madre e dico di conoscere quell’uomo, lei mi conferma che era un suo amico e di avermelo fatto incontrare, io mi agito e le chiedo diretta se lui abbia abusato di me, lei mi dice “non credo, perché eri molto piccola e non parlavi, a lui piacciono le bambine che parlano”…”

Giglio si riconcilia con la madre al fine di rafforzare la sua identità psicofisica e di viversi al meglio come la bambina evoluta in donna: identificazione e identità. La riconciliazione comporta il riconoscimento della figura femminile materna e del suo ruolo specifico di genitrice e di donna. Durante la pubertà la bambina si stacca dal padre e si avvicina alla madre riconoscendo che “il suo amico” era suo marito, nonché suo padre. Il ridestarsi dei sentimenti e delle sensazioni “edipiche” procura una certa agitazione in Giglio che non trova di meglio che ripescare i suoi desideri e le sue pulsioni di insidia da parte del padre elaborate e vissute quando era bambina. Giglio, in questa difesa estrema dal senso di colpa di aver tanto osato e altrettanto desiderato durante la sua formazione infantile, proietta sul padre la sua pulsione incestuosa e sulla madre la sua responsabilità incestuosa. In effetti, era lei e soltanto lei che desiderava in mille modi quell’uomo, Giacomo o Jacopo in precedenza, e che adesso chiede a se stessa ragione del suo vissuto di uso ed abuso di lei bambina proiettandola sulla madre che avrebbe dovuto difenderla da tanto mostro e da cotanta mostruosità. Non basta tutto questo trambusto sentimentale ed emotivo, Giglio dice a se stessa la sua spiegazione logica: ero infante, ero senza la parola, ero dominata dalle pulsioni e dai bisogni che tendevano al desiderio, ero senza il potere della parola, non avevo il verbo, non avevo il potere di una donna, avevo soltanto l’innocenza di una bambina, non sapevo tradurre i miei vissuti interiori in parole, non sapevo dare parola ai miei “fantasmi”, alle rappresentazioni emotive dei miei istinti, non avevo il fallo del verbo. Di conseguenza, senza il potere della parola mi era impossibile la consapevolezza e la coscienza di me stessa, il “sensus mei” eccedeva la presa di coscienza e la traduzione logica dei miei vissuti edipici e, nello specifico, la trama delle vaste relazioni con mio padre e con mia madre. La “parola” è il potere della comunicazione e della seduzione: “non parlavi e a lui piacciono le bambine che parlano”, le donne adulte che hanno un grado di auto-consapevolezza. Il padre non era incestuoso e gradiva le sue pari, quelle che sapevano conquistarlo con le armi creative del linguaggio. Giglio se la racconta tanto bene che quasi quasi crede a se stessa e si sente nel giusto che più giusto non si può, neanche con il candeggio del super disinfettante in voga. Nel momento in cui Giglio permette al padre di tradirlo con le altre si è liberata dell’ingombro edipico e può procedere verso la sua identificazione psicofisica, si concede di crescere dopo aver superato gli scogli edipici di Scilla e Cariddi e l’illusione di essere una Sirena, la creatura più infelice che l’uomo abbia mai potuto immaginare e descrivere.

Comincio a incazzarmi e disperarmi e le chiedo se mi ha mai lasciato sola con lui, lei mi risponde che è successo, allora io chiedo cosa sa di quella volta…lei mi risponde “so che ti ha accarezzata dappertutto e che non riusciva a entrare ma nemmeno a staccarsi”…”

Ma ancora la misura non è colma, Giglio ha ulteriore bisogno di “catarsi del senso di colpa edipico” e all’uopo è costretta a rispolverare-rivivere la sua contrastata avventura-disavventura con il padre, deve dare alla madre le sue responsabilità, sue di Giglio per intenderci, come si dà a Cesare, meglio si restituisce, quello che notoriamente gli appartiene. Giglio si difende in sogno “proiettando” e “spostando” sulla figura materna la responsabilità “edipica” che lei vive a metà tra la pedofilia e l’incesto, la violenza e l’impeto. La vena erotica si esalta nella rabbia imperante: “so che ti ha accarezzata dappertutto”, la cruda vena sessuale si manifesta in “non riusciva a entrare”, la vena conflittuale e affettiva si evidenzia in “ma nemmeno a staccarsi”. Man mano che Giglio procede nel sogno, il contrasto profondo tra il mondo pulsionale dell’Es e la repressione morale del Super-Io si fa sempre più stringente e struggente. Giglio non riesce a staccarsi dall’attrazione fatale vissuta nei riguardi del padre e l’ambivalenza psichica nei riguardi della madre, una figura importantissima in cui identificarsi per maturare la sua identità femminile senza trascurare i migliori tratti maschili del padre. Prevale in questa “posizione edipica” l’erotismo e la sessualità che normalmente si colpevolizzano tramite la degenerazione in pedofilia e incesto. Giglio sogna che il padre non riusciva a entrare, mantiene una dirittura morale o meglio una difesa dall’angoscia dell’incesto per non risvegliarsi e una resistenza a riesumare nei particolari più scabrosi i suoi vissuti verso la maschilità del padre. L’ambivalenza psichica si colora di affettività quando la figlia non fa staccare il padre immorale che voleva entrare ma non riusciva, padre morale. Il mancato distacco di “non riusciva a staccarsi” ha una valenza affettiva: la figlia non fa staccare il padre perché il suo amore è importante per la sua economia psichica evolutiva.

Inizio un lungo pianto isterico, mi sento schifata e mi allontano da mia madre…esco di lì, ma sono piegata in avanti dal dolore…vado verso il mio fidanzato, non so quale dei due, poi prendo il telefono chiamo F (primo fidanzato) voglio raccontargli, ma riesco solo a piangere in una maniera strana, lui non riesce a capirmi e dopo un po si stanca mi prende in giro e riattacca…”

L’isteria e la scarica purificatrice esordiscono in questo capoverso a testimonianza del quadro dominante di natura e qualità “edipiche”, risalgono ai trambusti profondi e agli sconquassi relazionali che Giglio ha vissuto da bambina e che si è portata dentro maturando in età adulta i tratti psichici erotici e seduttivi, nonché una buona fattura relazionale. Del resto, l’isteria è la conversione di conflitti rimossi a suo tempo e che nel tempo trovano la valvola di sfogo quando una causa occasionale scatena il materiale accatastato e sedimentato. Il sogno è la via maestra per l’emergere dei conflitti psichici e relazionali e di tutto il vissuto dei sensi e dei sentimenti. Giglio “si allontana da sua madre” perché si sente schifata” dal suo vissuto “edipico”, rifiuta e non riconosce la sua naturale “posizione edipica”, per cui allontana la madre e il padre dalla sua scena onirica in quanto responsabili del suo psicodramma esistenziale e relazionale. Giglio è “piegata in avanti dal dolore” come se avesse subito una violenza sessuale, più che per un normale malore possibilmente allo stomaco, nella zona degli affetti, tanto meno per una dismenorrea. Giglio razionalizza la figura materna andando via da lei, ma l’operazione è frettolosa. Il disgusto non è foriero di buone novità. Giglio si è staccata dai genitori risolvendo la “posizione edipica” ed è pronta per i suoi uomini, è disposta alle relazioni mature e adulte. Giglio è cresciuta e si è partorita, “maieutica di Socrate, attraverso la presa di coscienza che la sua vita si incanala verso le relazioni maschili dopo lo spazio concesso al padre e verso le relazioni femminili dopo aver mal digerito la filosofia screditante e spartana della madre. Quest’ultima è stata poco protettiva nell’evoluzione educativa della figlia, almeno così l’ha vissuta, o, meglio ancora, Giglio aveva bisogno di tanto sazio per viversi il padre senza la presenza invasiva della madre che giustamente averebbe recriminato i suoi diritti di proprietà e di esercizio nei riguardi del marito, il padre di Giglio. Quest’ultima non sa che farsene degli uomini, il primo e il secondo, “F” e “il secondo”, figure poco importanti e significative rispetto al padre. La nostra protagonista ha tanto vissuto da bambina e, adesso che è adulta, anche i suoi uomini sono superficiali come la mamma che a suo tempo e, sempre nei suoi vissuti, l’ha lasciata in balia del padre. Questo era chiaramente il suo desiderio. Anche il suo secondo uomo non riesce a capirla, “si stanca, mi prende in giro e riattacca”. Un’ultima domanda seria si pone nel finale di questa lunga decodificazione del sogno di Giglio: “riesco solo a piangere in una maniera strana”, che vuol dire?. Vuol dire che Giglio ha acquisito una maniera diversa di scaricare le sue tensioni. Il pianto è una salutare “catarsi” delle tensioni nervose accumulate. Giglio non piange più come una bambina, adesso si libera come donna. E’ maturata e ha maturata nuove modalità espressive e liberatorie.

Ancora un appunto mi sento di fare: come la mettiamo con il fatto che il primo fidanzato di tutte le bambine del mondo è il papà?

Forse il papà non c’è più e Giglio non può comunicargli tutto il bene che gli ha voluto, un bene completo e fatto di tutto quello che è inesprimibile nella realtà ed esprimibile con naturalezza nel sogno attraverso i simboli e la Bellezza. E’ proprio vero che la funzione onirica è foriera di prosperità estetica mostrando i nostri inconsapevoli capolavori.

Bonne chance, Gigliò!

Mi sveglio facendo versi disperati. Al risveglio ripenso all’uomo, ma non sono più sicura di averlo visto per davvero o lo confondo con un’altra persona.”

In precedenza Giglio piangeva “in una maniera strana”, adesso fa “versi disperati”. Questa donna è proprio sull’orlo di una crisi di nervi o è ancora in piena scarica isterica, si sta liberando delle ultime scorie nevrotiche di qualità “edipica”, è ancora fortemente arrabbiata con la madre e il padre perché l’hanno buggerata e poco protetta nelle disavventure costruttive della sua evoluzione psicofisica. Giglio è in piena teatralità creativa e attira l’attenzione su di sé e sui suoi trascorsi: un classico comportamento dei bambini cosiddetti normali. Insomma, Giglio ha maniere alternative di esprimersi e tenta di farsi capire con le sue personali e creative espressioni. Una bambina incompresa suggella la fine del sogno, ma questo l’aveva già detto. Convergendo ancora su se stessa, Giglio si riprende tutto il materiale che aveva alienato nel padre e tenta di convincersi che forse non l’ha del tutto razionalizzato questo padre così importante e ingombrante. Resta il dubbio di aver messo insieme, “confuso”, il proprio con l’altrui, di aver usato il meccanismo di difesa dall’angoscia dello “spostamento”, della “traslazione” e della “proiezione”. Ma tutto questo è ancora assolutamente normale e naturale. Resta una figlia che ha vissuto un intenso travaglio con il padre e con figure maschili equivalenti. Ho anche pensato che Giglio possa aver subito molestie e violenza durante la sua infanzia, ma anche questo dato è frequente a causa della repressione sessuale della società e della cultura sessuofobica del passato e del presente più che mai.

La verità psichica e fisica di questo sogno è stata depositata nel grembo della dea Giglio e a lei, soltanto a lei, spetta il responso.

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