
Aprile,
il tepore del sole
di quello che Eliot chiama “il più crudele dei mesi”.
La verità è che siedo sul balcone ad occhi chiusi,
facendomi scaldare la pelle attraverso i vestiti.
Ma nella mia verità sono nella penombra di una stanza
e guardo in faccia la tua faccia,
respiro la mia aria che è anche la tua,
intreccio un cesto di vimini
in cui cullare il silenzio benefico dell’amore spossato.
La nostra carne passata sotto la lama del macello,
rito sacrificale benedetto dagli amanti,
meraviglia che va oltre la formalità di un discorso forbito,
intimità di un confessionale dove scavallo le cosce
e ti chiedo di banchettare col peccato originale.
Da lontano arriva l’eco dei solerti facchini del destino
che montano il patibolo.
Svaniscono i concetti,
scivolano in un ricordo che diventa commemorazione.
Nessun boia reciderà le arterie
che dal mio cuore irrorano i miei sogni.
Tu rimarrai il ragazzo che recita parole d’amore
e non avrò il tempo per capire
che la puntina tornerà a solcare il vinile
mentre gira sul piatto
ripetendo all’infinito soltanto una canzone.
La lama scenderà prima.
Norina
Tolmezzo (UD), domenica 05 del mese di Aprile dell’anno 2020