LE IDI DI MARZO

LE IDI DI MARZO

Il Vocabolario della lingua italiana,

che splendido consiglio!

Sì,

un libro pieno di libri,

le parole facili,

quelle sconosciute che aprono mondi nuovi,

perché niente esiste se non ha un nome.

(Te lo ricordi Borges?

Nel nome sta il concetto della cosa,

tutta la rosa dentro il nome rosa).

Fare il gioco del vocabolario seduti allo stesso tavolo,

dove qualcuno fuma,

altri spiluccano gli avanzi della cena,

qualcuno si arma per vincere,

qualcuno perde ridendo.

Stare assieme,

aprire le danze nel consesso famigliare,

stufarsi,

sbadigliare,

poi piangere da soli chiusi in una stanza,

addormentarsi,

sognare.

E l’amore!

Non poterlo fare,

sperare di ricordarselo,

alimentare il desiderio con la speranza del ritorno.

I ragazzi che si amano,

quelli di Prévert,

hanno le porte della notte che si spalancano

per colmare la nostalgia dei baci,

hanno corpi sudati senza aver corso

e l’anelito dell’amore sporco e puro che sopravvive alle circostanze.

Si ritroveranno

e si guarderanno ancora con gli occhi nuovi dell’attesa infame.

Non ci sarà tempo per le parole,

l’amore sarà l’unico virus in circolazione

ed aprirà le bocche di fuoco dei corpi

per significare se stesso,

un nuovo gioco del Vocabolario.

Forza Lucrezia,

bambina mia,

forza Fabio e Tommaso e Luca e Giulia

e Nina che si veste a festa

e si trucca

e si profuma per sedersi a tavola

a mangiare da sola,

forza ragazzi belli!

La vita è anche questa,

è scala a spirale,

è prova,

è paura,

vittoria e sconfitta,

timore e speranza,

fame e abbondanza.

Mio fratello filosofo e ipocondriaco dice

che vorrebbe essere in una stanza di ospedale

con le sue due sorelle per continuare a giocare.

È tornato bambino, che bello!

Ho sentito le spire grasse della comunità

stringersi attorno ai corpi esili della nostra infanzia.

E alla fine tutto sarà bene.

Sabina

Trento, 15 – Marzo – 2020

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