LA
TRAMA DEL SOGNO
“Ero
insieme a una mia ex collega, la prima persona con cui avevo legato
anni fa sul mio primo posto di lavoro per il quale mi sono trasferita
all’estero.
Ero
sua ospite in una casa accogliente ma un po’ buia, ma c’era molta
timidezza da parte mia e un po’ di disagio perché non ci vedevamo
da tempo. Eravamo un po’ sconosciute.
Ero
seduta per terra e parlavo con lei.
Mi
giravo e vedevo dietro di me parte del mio corpo nudo: gambe e pube
scoperto e con delle tracce di sporco, di bianco sulla vagina
(candida).
Non
era un bel vedere perché non mi piace la forma che ha anche nella
realtà e nel sogno ero mortificata di quella svista. (non avere
fatto attenzione ed espormi ed essere nuda).
Ma
è come se la mia anima fosse una cosa a parte, un metro più in
avanti mentre le mie gambe e parte del busto erano a me visibili
dietro di me come un corpo morto.
La
mia amica vedeva il corpo, ma sorvolava per non imbarazzarmi.
Dopo
andavo in un bel bagno lussuoso con doccia e una grande vasca
idromassaggio piena e funzionante.
Non
avevo sapone per lavarmi e, sentendomi sporca e infetta dalla
candida, decisi di non immergermi per rispetto.
La
mia amica mi aveva fatto un regalo che dopo essere andata via ricordo
di aver dimenticato sul tavolo da lei vivendo ciò con un sentimento
di vergogna per la mia ingratitudine.
Era
un capo d’abbigliamento nero in due parti che non avevo nemmeno
dispiegato per vederlo perché confusa e presa dai pensieri e
dall’imbarazzo.”
Reve
INTERPRETAZIONE
“Ero
insieme a una mia ex collega, la prima persona con cui avevo legato
anni fa sul mio primo posto di lavoro per il quale mi sono trasferita
all’estero.”
Reve
non perde tempo e si mette in sogno subito in contatto con se stessa:
la sua “ex collega” è una “traslazione” della sua persona e
un’alleata importante e significativa per portare avanti le sue
problematiche e i suoi conflitti nel sogno. Non si tratta di
sdoppiamento, ma di “spostamento” e “traslazione”, è come
portarsi un’amica a spasso o al bar per sentirsi più sicura, una
complicità e una solidarietà, un’alleanza per l’appunto. La “ex
collega” è l’immagine che Reve ha di se stessa nel recente
passato. La nostra protagonista comincia subito a esporre i suoi
vissuti e i suoi “fantasmi” e in particolare il tema depressivo
del distacco affettivo, “mi sono trasferita all’estero”. Vuoi
il primo lavoro, vuoi il trasferimento, insomma Reve è coraggiosa,
ma la sua sensibilità segue a fatica gli eventi che apporta alla sua
esistenza.
Questo
è il primo bozzetto che Reve traccia di sé nel sogno.
“Ero
sua ospite in una casa accogliente ma un po’ buia, ma c’era molta
timidezza da parte mia e un po’ di disagio perché non ci vedevamo
da tempo. Eravamo un po’ sconosciute.”
Mi
ripeto e coordino per essere preciso. La “ex collega” è la
stessa Reve in versione adolescenza e prima giovinezza, una stagione
in cui la richiesta di affetti, “accogliente”, è dominante. Reve
ha incontrato particolari difficoltà a essere consapevole di quello
che le mancava, “un po’ buia”, pur tuttavia sapeva di essere
timida e contrastata proprio perché la presa di coscienza non era
limpida. Del resto, cosa si può pretendere dall’infanzia e
dall’adolescenza? Le cose vanno così come Reve le ha vissute.
Insomma, Reve era “un po’ sconosciuta” a se stessa. Preciso:
Reve non ha problemi di relazione con gli altri per il momento, ma ha
zone d’ombra in se stessa e proprio nella consapevolezza di sé. La
bambina e l’adolescente non si sono ben evolute nella donna e
qualche parte psicofisica non è stata gradita e ben assimilata, per
cui Reve è costretta a viversi in maniera critica e conflittuale.
Questo
è il secondo bozzetto.
“Ero
seduta per terra e parlavo con lei.”
Questo
è l’incipit di quel dialogo con se stessa che porta buoni frutti
anche se avviene con un certo ritardo. Reve parla con la sua
bambina-adolescente alla pari e proprio in una situazione di disagio
esistenziale come l’essere in terra straniera per motivi di lavoro,
lontana da casa e dagli affetti primari e costituiti nel tempo.
Questo isolamento introspettivo è oltremodo benefico e conferma che
il distacco dagli affetti favorisce l’evoluzione psichica in quanto
porta a un processo di crescita proprio attraverso la sofferenza
della perdita apparente delle conquiste fatte nel passato.
L’autonomia psichica abbisogna di pagare questo prezzo.
Brava
Reve!
“Mi
giravo e vedevo dietro di me parte del mio corpo nudo: gambe e pube
scoperto e con delle tracce di sporco, di bianco sulla vagina
(candida).”
Il
sogno, dopo un esordio civile di cordiale presentazione, va dentro il
vissuto conflittuale e presenta un nucleo fantasmico apprezzabile.
Nella sostanza Reve vive male il suo corpo e nello specifico gli
organi genitali, oltretutto dicendo pudicamente, (tra parentesi), di
soffrire dell’infezione vaginale denominata “candida”, un
disturbo universale dell’universo maschile
e femminile. Allora,
coordino: Reve ha evoluto dall’infanzia e dall’adolescenza una
sensibilità conflittuale e un pudore esagerato della nudità, non
soltanto del
suo corpo nudo, ma anche degli
organi genitali con l’aggravante della ricorrente infezione
fungina. Nel passato psicofisico di Reve sono presenti il valore del
pudore in eccesso e legato anche al disagio personale e relazionale
della “candidosi”. Questa patologia fastidiosa è vissuta da Reve
in maniera decisamente negativa, sia dal punto di vista estetico e
sia dal punto di vista relazionale. Aggiungerei che lo “sporco”
dice nettamente di un organo sessuale, la vagina, particolarmente
contrastato e colpevolizzato.
Il
sogno di Reve denota una virtuosa “figurabilità” perché
rappresenta in termini realistici e crudi il simbolismo psichico
sotteso.
“Non
era un bel vedere perché non mi piace la forma che ha anche nella
realtà e nel sogno ero mortificata di quella svista. (non avere
fatto attenzione ed espormi ed essere nuda).”
Andiamo
al dunque e poi arzigogoliamo. Reve conferma nel sogno di non vivere
bene la sua vagina sia per la forma e sia per la ricorrente infezione
fungina. Negli effetti psicologici Reve è cresciuta con la
difficoltà di accettare la sua sessualità e il suo corpo. Reve ha
vissuto un contrasto, degenerato in conflitto intrapsichico, sul suo
essere femminile e sulla sua vita sessuale, non si è ben vissuta
come bambina e di poi come donna, possibilmente ha incontrato
difficoltà nell’identificazione al femminile nella figura materna,
per cui l’identità psichica di donna è stata acquisita in maniera
forzata e conflittuale. Non si tratta di complessi d’inferiorità e
di inadeguatezza, bensì di travaglio nell’identificazione nella
madre e nell’amare il corpo. La mancata educazione sessuale o la
criminalizzata vita sessuale da parte dell’ambiente ha contribuito
in questo risultato psiconevrotico. Reve adulta si vergogna a farsi
vedere nuda e fa fatica a mostrarsi come “mammeta l’ha fatta”.
La mancata accettazione della vagina per un inestetismo è soltanto
uno “spostamento” nel corpo di un conflitto più ampio di ordine
psicologico.
Tra
realismo e riflessione si snodano i simboli della psicodinamica.
“Ma
è come se la mia anima fosse una cosa a parte, un metro più in
avanti mentre le mie gambe e parte del busto erano a me visibili
dietro di me come un corpo morto.”
Il
sogno comincia a essere delicato in riguardo al conflitto
psiconevrotico di una donna che si divide in due e rifiuta una parte
psicofisica di sé, il corpo dal busto in giù con la sessualità, il
corpo dalla cintola in su con le funzioni razionali dell’Io che
Reve definisce “anima”, usando un termine squisitamente religioso
o psicologico di scuola junghiana. Io traduco semplicemente in questo
modo: “è come se la consapevolezza di essere donna fosse scissa
dalla mia sessualità. Reve si scinde in una parte razionale, l’Io
e le sue funzioni, e in una parte materiale pulsionale rifiutata,
posposta e
uccisa, gli organi sessuale
e la vita sessuale. Di
questa scissione e di questo delitto mostra consapevolezza. Si
conferma che questa benedetta ragazza non ha saputo del tutto
accettarsi come femmina e come donna.
La
“figurabilità” onirica si esalta in questo capoverso con tinte
horror e surreali: l’anima isolata e il mezzo busto inferiore
morto.
“La
mia amica vedeva il corpo, ma sorvolava per non imbarazzarmi.”
Ossia:
io sapevo benissimo del mio conflitto in riguardo alla vagina e alla
sessualità, ma ho tentato in parte di rimuovere, di non pensarci per
non soffrire. “La mia amica” è Reve, la sua parte alleata su cui
può scaricare le angosce e gli affanni, il corpo è il teatro del
trauma e del conflitto, “sorvolava”
è un meccanismo psichico di difesa dall’angoscia, “imbarazzarmi”
è un disagio psichico relazionale. In tanta scissione psicofisica
Reve istruisce i meccanismi del ridimensionamento del conflitto e
tira a campare, fermo restando che quanto prima il suo “psicosoma”
chiederà ragione della situazione in cui si trova. Va all’estero
ed emerge il problema degli affetti, incontra un uomo da amare e deve
rendere conto della sua sessualità e della sua “candida”.
Insomma, la vita di Reve diventa tormentata e affannata per questi
pesi psicosomatici che si porta addosso dalla sua infanzia e
adolescenza e che la donna non ha saputo ben calibrare e
razionalizzare con una poderosa presa di coscienza. Oltretutto la
“candida” ha una componente psichica notevole e non si riduce
soltanto a una volgare competizione politica tra batteri e funghi di
opposte fazioni. La “candidosi” viene usata per astenersi
dall’attività sessuale e dal coito nello specifico, per effettuare
un’auto-castrazione
e per evitare la relazione con i maschi. Il danno psicofisico è
superiore di gran lunga rispetto
al vantaggio e alla sindrome
di momentanea convenienza.
Il
bozzetto è di ordinaria amministrazione nei termini, ma forte nella
simbologia sottesa.
“Dopo
andavo in un bel bagno lussuoso con doccia e una grande vasca
idromassaggio piena e funzionante.”
Reve
ha presentato in sogno a se stessa i sintomi e i conflitti, gran
parte della causa del suo malessere psico-esistenziale. Ma ancora non
basta, perché il “lavoro onirico” ha avviato dei processi
psichici di riparazione del trauma e della conflittualità, della
psiconevrosi di cui è portatrice Reve. Dalle stalle si viaggia vero
le stelle, dalla miseria delle umane cose e dei conflitti più
materiali Reve passa al “bel bagno lussuoso”, a una “parte
psichica di sé” altolocata e ben sublimata dove, di certo,
l’angoscia non è di casa semplicemente perché si è evoluta nel
modo in cui Reve se l’è raccontato questo conflitto con il corpo e
con la sessualità. Il “bel bagno lussuoso”, per l’appunto,
rappresenta simbolicamente la sfera intima e privata della
protagonista, pulsioni erotiche e sessuali comprese. Reve recupera e
ripara il suo vestito, habitus o modus psichico, come la buona sarta
del tempo andato e si libera anche dei sensi di colpa tramite la
“doccia” e si riappropria della sua femminilità con “una
grande vasca piena” che le restituisce anche l’erotismo delle
carezze e della pelle, “idromassaggio funzionante”. Il processo
di riparazione del “fantasma” e del trauma si manifesta nei
meccanismo di difesa dall’angoscia della “formazione reattiva”
e della “intellettualizzazione”: nobilita razionalmente un carico
emotivo e converte un vissuto negativo in positivo. Fino a quando
funzionano questi meccanismi conditi con la necessaria “rimozione”
e qualche altro accessorio sempre difensivo, tutto va bene e
l’equilibrio psicofisico si ripristina. La domanda che si pone a
questo punto è la seguente: quanto dura?
La
rappresentazione della psicodinamica trova gli oggetti giusti per
attestare le capacità taumaturgiche della psiche mentre dorme e
anche quando veglia. Una scena di pratica quotidiana è intessuta di
una simbologia dinamica ampia e in poche parole si nascondono i
vissuti e i “fantasmi” elaborati in tanto tempo.
“Non
avevo sapone per lavarmi e, sentendomi sporca e infetta
dalla candida, decisi di non immergermi
per rispetto.”
In
circolazione ci sono nella psicodinamica in atto dei famigerati sensi
di colpa che non si capisce bene da dove spuntano e a cosa si
collegano, almeno fino a questo momento di svolgimento del sogno.
“Lavarsi” è simbolicamente l’atto o il rito espiatorio dei
sensi di colpa, il “sapone” è lo strumento terapeutico o il
farmaco giusto per pulire e per lenire i morsi del sentirsi in colpa
e l’angoscia dell’attesa della punizione. Quest’ultima è la
psicodinamica generale della “crisi di panico”, ma nel caso di
Reve non si trovano avvalli per questo tremendo disagio. La nostra
eroina si sente in colpa, “sporca”, e addirittura “infetta”
ossia si è già punita con la sua malattia, la simpatica e bonaria
“candida”, molto antipatica e cattivella per la donna che la
porta e per il maschio che se la prende. Non solo, ma Reve si crea
anche il problema di comunicare i funghi dalla sua vagina al pene del
partner, ma oltretutto si sente a disagio con questo carico
d’infezione addosso. A livello reale la donna che ha la “candida”,
la cura e si astiene dai rapporti sessuali, ci mette rimedio
realistico, mentre a livello psichico la donna che ha la “candida”
ci costruisce sopra tutto un pistolotto psichico sulla sua igiene
personale e sul giudizio che può dare la gente: il tutto seguendo
una vena persecutoria, un tratto paranoico che tutti elaboriamo nella
nostra formazione psichica evolutiva sin dai primi anni di vita e che
nel tempo rischia di essere ripreso ed esaltato. “Decisi di non
immergermi più per rispetto”: rinuncio alla mia sessualità e
femminilità per non infettare il mio partner, frustro le mie
pulsioni erotiche per non coinvolgermi con i maschi. L’educazione
bigotta dei genitori e l’educazione religiosa terroristica delle
suore e dei preti contribuiscono a fomentare il senso di colpa e a
renderlo fortemente nevrotico o conflittuale. Si aggiunga, di poi, la
formazione dei “fantasmi” personali costruiti dalla stessa Reve e
il gioco si complica o diventa più interessante. Ripeto: la
“candida” è un pretesto per non coinvolgersi e le problematiche
sono ben altre, ma di queste il sogno ancora non dice espressamente
come ha fatto per le altre.
In
una scena di banale realtà il “lavoro onirico” immette una
psicodinamica complessa e umanissima. Semplici parole per dire
tutt’altro che un rituale quotidiano e una precauzione igienica.
“La
mia amica mi aveva fatto un regalo che dopo essere andata via ricordo
di aver dimenticato sul tavolo da lei, vivendo ciò con un sentimento
di vergogna per la mia ingratitudine.”
Traduco
in termini veri e semplici.
A
volte mi sono anche voluta bene e non mi sono fatta tante paturnie
per questi problemi reali di ordine infettivo, classici di tutte le
donne e con sede elettiva nella vagina. Mi
ero regalata la soluzione della questione attraverso una buona
“razionalizzazione” dell’evento occasionale e una realistica
reazione ai disagi delle relazioni erotiche e sessuali con i maschi,
ma spesso rimuovo le cause di questi miei disagi psicofisici e
ripiombo nei sintomi e nelle difficoltà di relazione e mi astengo
dal coinvolgimento erotico e sessuale e forse perché non mi piace la
forma della mia vagina o della grandi labbra o delle piccole labbra.
Che
non dipenda questo conflitto nevrotico dall’inestetismo addotto
all’inizio del sogno?
E
perché no, ma non è così. La partita si rigioca sul “sentimento
di vergogna per la mia ingratitudine”.
Cosa
vuol dire?
Reve
deve volersi bene molto di più di quanto fa adesso, deve crescere
nell’autostima e nell’orgoglio sano di chi si stima come essere
unico e irripetibile. Reve è
ingrata a se stessa e con se stessa e deve recuperare e dare voce a
quella parte di sé, “l’amica”, che le dice le cose giuste e le
regala la sua femminilità, ma lei non la deve dimenticare sul tavolo
con spocchia boriosa di persona che va avanti lo
stesso anche se accusa dei disagi. Ritorni paradossalmente umile e
commuti l’intensità degli inutili sensi di colpa in forza attiva
volta agli investimenti psichici di ordine affettivo, erotico e
sessuale, la commuti in amor proprio e in “amor fati”, amore del
proprio destino di donna, con “candida” e senza “candida”. Ma
ancora la psicodinamica non si è conclusa e la curiosità spinge a
disoccultare quel materiale che il sogno vuole disvelare, quello che
Reve dormiente
sa e che vuole comunicare alla Reve sveglia al fine di acquisire la
salvifica auto-consapevolezza, la “coscienza di sé” che fornisce
il “sapore di sé” e della propria storia psichica formativa ed
evolutiva, della propria “organizzazione psichica reattiva”.
Questo
è il massimo dell’amor proprio, cara Reve.
“Era
un capo d’abbigliamento nero in due parti che non avevo nemmeno
dispiegato per vederlo perché confusa e presa dai pensieri e
dall’imbarazzo.”
E
ti pareva?
Era
un bel capo di biancheria intima, oltretutto
sexy nel suo colore nero. Reve si regala in sogno un completino da
notte di capodanno, colore escluso ma effetto erotico incluso nel
colore nero, ma non lo usa, non lo dispiega a se stessa, non se lo
giustifica, lo lascia nel cassetto. In ogni caso lo desidera anche se
non se lo compra. Insomma, Reve è concentrata mentalmente sulla sua
vagina, ossessionata sull’inestetismo del suo organo sessuale,
angosciata dalla sua vita sessuale, preoccupata dalla candidosi e di
trasmetterla al suo partner, Reve è “confusa e presa dai pensieri
e dall’imbarazzo”. Tutto torna e la conclusione del sogno offre
il quadro completo della psicodinamica conflittuale di questa donna
sull’orlo di una crisi di nervi. Il quadro psichico è completo e
la soluzione in atto è appena accennata in questo ultimo capoverso:
prendere coscienza “del capo di abbigliamento nero in due parti”
e di quello che copre, specialmente la parte che copre dalla cintola
in giù, razionalizzare, “dispiegarlo” e “vederlo”, al fine
di superare la confusione e l’imbarazzo, accettare quella che per
lei è un’imperfezione delle grandi labbra e caricarsi di tutto
“l’amor fati” possibile e immaginabile. Una pasticca di amor
proprio al mattino e una alla sera non guastano per niente.
La
biancheria intima contiene l’essenza del desiderio di Reve di
essere una donna gradevole ed erotica, di
relazionarsi con il maschio in maniera seduttiva, di abbandonarsi
alla vitalità sessuale. Importante è riconoscere
la biancheria intima e la
marca preferita, la sola e l’unica firmata “Reve”.
L’inestetismo?
Piacerà
al suo uomo, è un dato oggettivo di distinzione dalla massa e dalla
massificazione che impone a modificare il detto popolare che “la
patata è sempre la stessa”.
Aggiungo
qualcosa sulla candidosi. L’incidenza psichica esiste, ma
l’infezione fungina dipende soprattutto da una caduta delle difese
immunitarie e da una alimentazione insufficiente e inadeguata. Il
resto lo fa la psiche. Degno di nota è il rilievo clinico che vuole
la candidosi nelle donne che hanno maturato nel corso della loro
formazione evolutiva conflitti di un certo spessore nella
costellazione sessuale, “in primis” la contrastata accettazione
della loro sessualità per la mancata identificazione nella figura
materna e con una lacuna
critica nell’identità femminile. Sono
tratti caratteristici che
l’universo femminile deve
cavalcare
come fiori all’occhiello e individuazioni specifiche: “io sono
Reve” e non sono tutte le
altre.
Di
poi, la consapevolezza farà il resto.
Un
ultimo rilievo sul meccanismo onirico usato in prevalenza da Reve, la
“figurabilità”. Siamo poeti in sogno e non ne siamo coscienti
perché agiamo in sonno quando la soglia di vigilanza è assente o
molto bassa. Eppure le migliori liriche le scriviamo ogni notte nel
nostro intimo e siamo “criatori” come sosteneva Vico quando
usiamo la Fantasia da svegli, di notte quando usiamo i “processi
primari”.
NOTA
TEORICA
Dal
momento che il “lavoro onirico” trasforma le rappresentazioni
inconsapevoli e
i desideri rimossi in allucinazioni sensoriali, prevalentemente
visive e uditive, prendiamo in considerazione a questo punto il
meccanismo della “figurabilità”, deputato proprio alla
traduzione in immagine dei contenuti che formano la trama del sogno.
Risulta
determinante mettere in rilievo due aspetti: in primo luogo la
selezione operata tra le diverse immagini che traducono una
rappresentazione inconsapevole e che meglio si prestano alla sua
espressione visiva, in secondo luogo la tendenza a operare
spostamenti da un concetto astratto a un’immagine concreta.
Freud
afferma che nell’attività primaria della “figurabilità” viene
richiamato un aspetto arcaico e filogenetico del pensiero e del
linguaggio umani.
In
origine il pensiero e le parole avevano un significato concreto: essi
si traducevano in fatti reali e oggetti sperimentabili; soltanto in
seguito all’evoluzione culturale hanno assunto un significato e un
contenuto astratti.