
TRAMA DEL SOGNO – CONTENUTO MANIFESTO
“Premetto che poco tempo fa ho visitato il cimitero di Lisbona e sono rimasta molto colpita dalle bare a vista nelle cappelle con porte di vetro trasparente.
Stanotte ho sognato di essere davanti alle bare mia, di mia madre e di mio padre.
La mia e quella di mia madre erano nel ripiano alto della cappella, erano bare di vetro trasparente e vedevo solo i miei piedi con scarpe scure ed avevo un vestito lungo bianco a balze.
A guardare questa scena c’era a fianco a me mia madre alla quale esprimo il mio disappunto sul fatto che le bare siano di vetro; non mi va proprio che il mio corpo possa essere visto!
Sotto è steso mio padre, ma non è dentro una bara. Noto dei suoi movimenti quasi impercettibili e lo faccio notare a mia madre la quale cerca di convincermi che è morto, ma mio padre fa un movimento visibilissimo e allora lo chiamo a gran voce “Papà! Papà! Svegliati!”.
Lui apre gli occhi e si alza, inconsapevole di essere stato creduto morto.”
Lisbona
DECODIFICAZIONE – CONTENUTO LATENTE
CONSIDERAZIONI
Ho scelto come titolo “Le bare di vetro” per confermare la vena macabra del sogno e lo stupore che la stessa Lisbona ha sottolineato anche come possibile causa scatenante: “poco tempo fa ho visitato il cimitero di Lisbona e sono rimasta molto colpita dalle bare a vista nelle cappelle con porte di vetro trasparente.” Questo titolo è adatto a un buon film “horror”, quelli del migliore Dario Argento, e conferma la plasticità creativa dell’umana funzione onirica, il meccanismo della “figurabilità”, in base al quale a ogni idea si addice la giusta immagine. Noi, uomini viventi, siamo capaci di “impressionarci” fotograficamente con le nostre esperienze e con le nostre riflessioni. Non basta, perché riusciamo anche a tradurle in fantasie e in allucinazioni con assoluta naturalezza e spontaneità, senza aver deliberato da svegli alcunché di preciso al riguardo e senza sapere di avere dentro il regista giusto per girare il nostro film e lo sceneggiatore abile a dare le parole adatte al capitolo del nostro romanzo.
Federico Fellini aveva ragione, ma questo è un altro discorso.
Se il cammino psicoanalitico è arduo e si può definire “le parole per dirlo”, il sogno è più complesso semplicemente perché elabora da solo e senza il concorso diretto della nostra volontà “le immagini simboliche per dirlo”.
Il titolo del sogno di Lisbona poteva essere anche questo: “Papà, papà svegliami!”, riprendendo e modificando secondo dettami psicoanalitici la parte finale del sogno, il punto in cui Lisbona, in preda al giusto “raptus” e a un buon demone, dice “lo chiamo a gran voce “Papà! Papà! Svegliati!”, proiettando sul padre la sua intuizione e la sua conquista psichica: il “sapere di sé” e il “far da sé”, l’autonomia del pensiero e dell’azione, la buona novella di ogni bambino e adolescente.
Mi preme sottolineare che Lisbona ha vissuto il padre come “liberatore” delle sue energie psicofisiche più genuine dopo il ristagno difensivo nella protezione materna e dopo l’identificazione nella figura della madre, una psicodinamica della prima adolescenza e di quando il “corpo” è in distonia con la “mente” a causa dell’immediato risveglio degli ormoni e degli orologi biologici, il cosiddetto sviluppo “genitale” durante la turbolenta pubertà.
Questo vissuto del padre “libertador” da parte di Lisbona è una tappa universale e si estende a tutte le bambine in odore di donna. Ma la madre non è da meno in questo dolce psicodramma andato a buon fine e gustoso come le ciambelle della nonna cucinate nel forno a legna. La madre di Lisbona è di ostacolo, sempre nei vissuti della figlia, alla libera espansione delle energie psicofisiche che “odorano di futuro”, “adolescenza”. La madre di Lisbona è di blocco, sempre nei vissuti della figlia, all’avvento della “libido genitale”, quella che consegue alla “libido fallico-narcisistica”, all’isolamento compiaciuto e alla masturbazione psicofisica.
Nella “Politica” familiare il “Padre” è colui che apprezza e consente, propone e autorizza, apre e definisce, libera e condiziona, limita e impone. Il “Padre” è il simbolo dell’istanza psichica “Super-Io” e intorno alla sua figura si condensano la “Morale” e la “Legge”. Ma attenzione, perché di troppo “Padre” si resta schiavi.
Quello di Lisbona è il sogno di una figlia che è legata al padre a filo doppio; il primo è quello “edipico”, l’innamoramento della bambina, il secondo è quello conflittuale con la madre che, dopo essere stata la sua alleata e la sua maestra, viene vissuta come prevaricatrice nei riguardi del padre.
Un’esperienza significativa è quella di Lisbona che va a Lisbona, visita il cimitero, viene colpita dalla novità delle ultime dimore portoghesi e adatta il suo vissuto, a metà tra il trauma e la curiosità culturale, al simbolismo e all’allegoria della sua relazione pregressa e in atto con i genitori.
Operazione acrobatica brillante!
Le premesse sono promettenti e il seguito ancora di più, per cui non resta che metterci in cammino per seguire passo dopo passo il regalo psichico che Lisbona si è fatto.
SIMBOLI – ARCHETIPI – FANTASMI – INTERAZIONE ANALITICA
“…ho sognato di essere davanti alle bare mia, di mia madre e di mio padre.”
L’esordio non poteva essere più inquietante. Lisbona fa di tutta l’erba un fascio e democraticamente si aggredisce e aggredisce i suoi genitori, si vede e li vede inanimati dopo aver operato la “scissione” difensiva per non incorrere nell’angoscia, nell’incubo e nel risveglio. Lisbona è “davanti alle bare”, le osserva stando con i piedi ben piantati a terra e con gli occhi ben vigili di fronte a tanta elegante desolazione. Abbiamo due Lisbone che non denotano alcuna pericolosa sindrome psichiatrica, bensì la solita difesa della funzione onirica per ottenere l’autorizzazione a procedere. Lisbona attesta del suo forte legame con i genitori nel bene e nel male e si vede in sogno unita a loro anche nella morte. Appare evidente che non si tratta di morte fisica, ma di qualcosa di altro che si andrà ad appurare cammin facendo.
La “bara” è il simbolo femminile del grembo che opprime la vitalità e rende inanimato il suo contenuto, la “parte negativa” del “fantasma della madre”, quella mortifera che opprime e uccide, una “tanatocrazia” classica dell’archetipo Madre, la Signora che ha il potere della Vita e della Morte. La famiglia è unita e accomunata nella oppressione della vitalità e nella mancata nascita di “parti psichiche” che potevano vedere la luce. Rileviamo la presenza immediata in sogno della triade edipica, il triangolo “figlia-madre-padre”. Lisbona sta decisamente navigando durante il sonno nella “posizione psichica edipica”. Non ci sono dubbi in proposito. Si trova “davanti alle bare” ed è pronta all’analisi della psicodinamica del “fantasma d’inanimazione”, il “non nato di sé”, tutte le pulsioni e i bisogni che non hanno visto la luce o a cui non ha dato realtà.
“La mia e quella di mia madre erano nel ripiano alto della cappella, erano bare di vetro trasparente e vedevo solo i miei piedi con scarpe scure ed avevo un vestito lungo bianco a balze.”
Se l’esordio era repentino e impressionante, il prosieguo non è da meno. Lisbona si colloca in questo luogo d’inanimazione insieme alla madre nei luoghi alti della “sublimazione” e della superiorità, l’alto-locazione psichica, il “complesso di superiorità” che è sempre un problema e semplicemente perché è una difesa dalla “angoscia d’inferiorità”. Lisbona si è identificata nella madre e prende le sue parti per necessità psicofisica. In mezzo a tante difese, più o meno consapevoli, Lisbona ha piena consapevolezza del suo potere di donna e della sua ieratica figura, del suo marcato tratto narcisistico in occultamento di tutto quello che sarebbe dovuto conseguire ed esserci, la “genitalità”, la disposizione a vivere concretamente le relazioni sociali e l’investimento di “libido” sugli altri. E, invece, Lisbona insieme alla madre fa buona e bella mostra di sé e si appaga di questa surreale esibizione.
Ma quante cose si son perse e quante se ne perderanno queste due donne! Sono entrambe “morte” agli altri, paghe del loro potere di donne asettiche pure e caste, tutto fallo e niente arrosto, tutte belle e inanimate.
La parola va ai simboli.
Il “ripiano alto della cappella” è il luogo del “processo psichico di difesa” della “sublimazione della libido”, la difesa dall’angoscia del “non nato di sé”. Le “bare di vetro trasparente” attestano simbolicamente della consapevolezza difensiva che qualcosa dentro è inanimato o non è nato e aspirava a nascere. “Vedevo” conferma la presa di coscienza, mentre “i miei piedi con scarpe scure” rappresentano simbolicamente il potere fallico e il potere recettivo femminile, l’allegoria dell’androginia psichica, del “maschio-femmina” che Lisbona si porta dentro dall’assimilazione della madre: una forma accentuata di “identificazione”, una forma di “introiezione” della madre a scopo esorcistico dell’angoscia dell’indeterminato. “Avevo un vestito lungo bianco a balze”, un vestito ieratico, un abito sacro, un paramento della sacerdotessa di Demetra, un vestito classico delle signorinelle appena uscite dall’infanzia nelle famiglia della buona borghesia. Trattandosi di un abito indossato dentro la bara di vetro, l’opzione è decisamente per la sacralità dell’angoscia di non essersi espressa e di non esprimersi nelle proprie potenzialità, il senso di avere represso e incarcerato la parte migliore di sé che voleva nascere e che Lisbona non ha avuto il coraggio di lasciar uscire alla luce del sole. La sofferenza è maggiore perché la consapevolezza è limpida, “di vetro trasparente”.
Il riepilogo impone di dire che Lisbona sta attraversando in sogno la sua adolescenza, il periodo in cui si era identificata totalmente nella madre per difesa dall’angoscia dell’indeterminato ed era ricorsa al processo di difesa della “sublimazione della libido” per evitare le relazioni e il coinvolgimento. La sua “libido fallico-narcisistica” era servita per supportare la sua difesa e per evitare di evolversi nella “posizione psichica genitale” e nell’investimento della omonima “libido”. La giovanissima Lisbona è pienamente consapevole di tanto sacrificio e di tanto disagio, ma non riesce a fare altrimenti e a lasciarsi andare in abiti femminili adulti tra l’ammirazione tentatrice della gente. L’adolescente persiste e ruba tempo alla donna.
“A guardare questa scena c’era a fianco a me mia madre alla quale esprimo il mio disappunto sul fatto che le bare siano di vetro; non mi va proprio che il mio corpo possa essere visto!”
Ed ecco il “busillis” della questione!
Ecco il conflitto di Lisbona!
Ecco l’angoscia dell’adolescente e procace donnina che deve aprirsi alle danze sociali con abiti femminili adulti!
Questa è l’allegoria del drammatico e bellissimo passaggio dall’infanzia all’adolescenza, dall’essere fisicamente indeterminata all’essere donna con annessi e connessi psicofisici ben evidenti. E’ il momento bellissimo in cui l’epifania femminile avviene e la giovane donna si mostra nel tempio.
Ma come ha vissuto questo trambusto psicofisico la bambina di prima?
Lisbona lo sa, ne è consapevole e opera un ritiro dagli investimenti della crescita e del nuovo traguardo. Lisbona vive male la sua evoluzione psicofisica e si rappresenta in sogno “dentro una bara di vetro” a esibire la sua “androginia”, il potere di donna fallica che ha esercitato nell’isolamento. E più si isola e più Lisbona si difende nel sentirsi bella. Il narcisismo aumenta in maniera direttamente proporzionale al ritiro dalla realtà e alla chiusura nella “tomba di vetro”.
Quante cose potevano nascere e quante esperienze si potevano vivere!
Se chiedete alle donne, in gran percentuale diranno di avere tanto sofferto questo passaggio dall’infanzia informe all’adolescenza formata, dal corpo senza forme al corpo con le forme.
Analizzo le simbologie.
L’alleanza con la madre è manifesta come la contrastata “identificazione” per alleviare il dolore della presa di coscienza dell’inanimato e del non vissuto e del “non nato”: “a guardare questa scena c’era a fianco a me mia madre”. “Esprimo” si traduce in sono consapevole e do parola al mio conflitto e al mio dramma di non aver saputo far agire la mia donna nella scena del mondo sociale tra le tavole del teatro comune. Il “disappunto sul fatto che le bare siano di vetro” esprime ancora il dolore della consapevolezza, il contrasto e il conflitto interiore sulla trasparenza razionale del mio stato innaturale di inanimazione e di blocco psicofisico, anche se ben supportato dal narcisismo dell’isolamento e dalla beatitudine della bellezza solipsistica e non condivisa. “Non mi va proprio che il mio corpo possa essere visto”.
Cosa vi avevo preannunciato?
Il problema dell’adolescente procace e cresciuta è l’essere vista dagli altri, il non riconoscersi per difesa dagli altri e per difesa da se stessa in primo luogo, dagli altri che appetiscono e da se stessa che ancora non è educata alle novità del suo corpo. Sono i suoi occhi e gli occhi degli altri a essere messi in ballo e in discussione. Lisbona signorina non ha confidenza con il suo corpo degnamente evoluto e non vuole essere guardata dalla gente.
“Sotto è steso mio padre, ma non è dentro una bara.”
Ecco che nella scena onirica irrompe il padre con la giusta autorità e il giusto cipiglio che deve avere nei vissuti della figlia bambina. Il padre è disteso nel mondo della materia, nella realtà della concretezza: questa è la simbologia del “sotto”. Oltretutto il padre non è imprigionato nelle sue energie vitali, “non è dentro una bara”, appartiene alla famiglia ma non partecipa ai “fantasmi di inanimazione” della famiglia. Il padre è una figura positiva per la figlia che, dopo essersi identificata nella madre, si è sentita bloccata nel ruolo di donna che condivideva con la madre, una figura vissuta come rigida e bigotta nell’espletamento e nel disbrigo del corredo psicofisico femminile. Il padre, all’incontrario, è “maieutico” perché aiuta la figlia bambina a partorire la donna con travaglio spedito e lineare.
I simboli dicono che “steso” evoca un “fantasma di morte” e di distacco dalla realtà. Ma la sua diversità positiva si attesta nel fatto che è “sotto”, un simbolo filosofico del “pessimismo esistenziale” di un uomo che partecipa allo stesso destino delle sue donne, ma un uomo concretamente vivo e impegnato. “Mio padre” è il simbolo delle origini, delle radici e della trasmissione psicofisica, la figura da cui si eredita anche la colpa di essere nati nel peccato. “Non è dentro una bara” equivale a “non è come noi donne che ci sentiamo oppresse da un fardello d’isolamento e inanimate da un cumulo di tratti contenuti in un corpo da occultare e da non vivere bene”. Questa non è la cultura e la morale familiare, ma è la difesa psichica che Lisbona ha addebitato in sogno alla madre: meccanismo psichico dello “spostamento”.
“Noto dei suoi movimenti quasi impercettibili e lo faccio notare a mia madre la quale cerca di convincermi che è morto;”
La figlia ha trovato nel padre la sua Pasqua di resurrezione e la sua migliore epifania: due piccioni con una fava.
Bel colpo!
Il padre è elemento positivo, si muove, è vivo ed è alleato della figlia, un maestro che le insegna a muoversi nel mondo e ad agire in esso. L’oppressione materna è stata ridotta e superata. L’identificazione nella madre, operata durante l’infanzia e l’adolescenza, è stata ridimensionata da Lisbona grazie al padre e al ricorso alla sua figura dinamica e alla sua diversità. Lisbona ha trovato nel padre quello che le mancava per iniziare a muoversi nello spazio e nel tempo, ha reperito la forza che le serviva per lasciare l’infida palude materna. In un contesto familiare disciplinato, bloccato nella cultura ufficiale e incapsulato nella formalità del comportamento, in un ambito sociale vissuto come contrario alla sua vitalità espressiva, l’adolescente Lisbona trova nel padre la possibilità di passare dal “narcisismo” al “genitale”, dall’isolamento compiaciuto all’offerta della sua persona, dall’investimento della “libido” non più in se stessa ma nell’altro, il tanto temuto oggetto esterno. Il giudizio nei riguardi della madre bloccante è severo. E’ proprio lei che mi ha suggerito che il papà non è da condividere come modello e da seguire come maestro, che mi ha quasi convinto che anche lui è inerte, passivo e inanimato. E’ proprio lei che mi ha ingiunto di non lasciarmi suggestionare da lui e dalla sua pretesa di essere nel giusto. Questa madre prevaricatrice, questa donna che inganna la figlia e vuole perpetuare i suoi maligni “fantasmi”, questa seguace dell’immutabilità della Nutella, sta tutta dentro i vissuti di Lisbona e si colloca con naturalezza dentro la storia e la cultura della famiglia. Quante madri hanno trasmesso alle figlie il senso di rassegnazione al ruolo e di immutabilità del destino femminile, un tragico insegnamento dettato da un fatalismo arabo e da una sadica compensazione della loro sofferenza: “mal comune è mezzo gaudio”. Queste donne non hanno fatto alleanza contro il nemico, ma hanno fatto alleanza con il nemico.
Benedette l’evoluzione storica e la rivoluzione culturale!
Benedette le “chat” che in tempo reale collegano il polo nord al polo sud!
Vediamo i simboli cosa dicono e cosa significano.
“Noto” è funzione dell’Io razionale e benefica presa di coscienza. “Movimenti quasi impercettibili” si traducono nella constatazione della figlia che il padre è punto inequivocabile di riferimento per la sua formazione sociale e punto essenziale di partenza per il suo distacco progressivo dalla figura materna in cui si è pienamente identificata. Lisbona sa che con giudizio e con discrezione deve cercare la sua strada e la sua dimensione psicofisica proprio alleandosi con il padre. “Lo faccio notare a mia madre” significa che Lisbona dialoga con se stessa e prende coscienza di essere troppo vincolata alla madre e di aver bisogno della figura maschile del padre per accostarsi alle altre figure maschili del mondo. E’ solo questo il modo di superare i suoi pudori e le sue vergogne di adolescente che ha da esibire un corpo maturo al punto giusto. “Cerca di convincermi che è morto “ equivale a una concezione negativa della madre, la “parte negativa” del “fantasma materno”, la donna prevaricatrice immaginata dalla figlia quando pensava secondo il meccanismo della “scissione” o “splitting”. Lisbona, in effetti, è sempre la ragazzina che si difende per l’ultima volta dalla madre, meglio da se stessa, dicendosi che non è cosa buona e proficua far ristagnare la vitalità e che, allora, bisogna superare le ultime resistenze alla presa di coscienza e convincersi che il padre è la figura a cui appellarsi per uscire dalle carceri e per non lasciare mai più imputridire le buone energie.
“ma mio padre fa un movimento visibilissimo e allora lo chiamo a gran voce “Papà! Papà! Svegliati!”.
Ecco la conferma del quadro nella sua psicodinamica. Lisbona resuscita il padre e lo fa diventare il perno della sua rinascita. Questo è il travaglio di Lisbona. E’ lei l’autrice e la protagonista del sogno, il padre serve per consentirle di esprimere il suo vissuto al riguardo: come lei si è vissuta, si vive e risolve la questione relazionale. Il padre è il “deus ex machina” della tragedia greca, serve per risolvere definitivamente la questione tra gli uomini e il conflitto con gli dei. Per rinascere, la figlia adolescente scopre il padre come colui che l’aiuta a distaccarsi dal grembo materno e a superare le oscurità femminili per prendere luce e manifestarsi al mondo. Gli “altri” adesso sono le nuove allucinazioni del desiderio che prendono forma e diventano chiarezze. Lisbona ha avuto bisogno del padre per relazionarsi con il corpo adulto e con la mente adolescente e in via di evoluzione e di recupero della lentezza di assimilazione delle novità. Tutta colpa e tutto merito dei “meccanismi e dei processi psichici di difesa” dall’angoscia, se i tempi psicologici sono tanto più lunghi di quelli fisiologici.
I simboli dicono che “movimento visibilissimo” significa ho capito, ho preso coscienza che senza mio padre non vado da nessuna parte e che lo devo scoprire e portare con me per avanzare nella vita con l’amore del mio corpo da offrire agli altri e con il giusto amor proprio. Questo progresso è possibile dopo aver commutato il narcisismo in donazione e dopo essere uscita dall’isolamento accettando i rischi che comporta il vivere in società. Ecco che il padre da limite si evolve in colui che dà la forza, l’energia, il coraggio. Un po’ di padre fa bene sempre alle figlie adolescenti dopo aver congedato il complesso di Edipo. Un po’ di padre condisce bene la minestra come il sale marino. E’ questa la maniera migliore di viverlo e di viversi per fare il salto dal nido familiare alla società con tutto il corpo e tutta la mente e con tutti gli annessi e connessi.
I simboli dicono che “Papà! Papà! Svegliati!” è la “proiezione” pari pari del suo monito: “Lisbona! Lisbona” Svegliati!”, prendi coscienza della situazione in cui ti trovi. Ci vuole un padre da recuperare abbandonando le difese inutili e il ristagno delle energie. Dopo la madre ci vuole la forza del padre per vivere in maniera degna e apprezzabile: “in nome del padre, dopo quello della madre e della figlia”. Il triangolo edipico si è magicamente aperto e Pitagora inorridisce seduto sulle sue ceneri al pensiero di non aver previsto le malefatte di Edipo. “Movimento visibilissimo” equivale alla consapevolezza che il “principio di realtà” dinamico è basato sul padre e che esige azione pragmatica e attiva, utile e dilettevole. “lo chiamo a gran voce” è la parola simbolo di vita, gli do la vita dentro di me e lo investo di energia “genitale”, gli voglio bene intanto e dopo mi disporrò a chi verrà.
“Lui apre gli occhi e si alza, inconsapevole di essere stato creduto morto.”
Questa frase è l’allegoria del “meccanismo psichico di difesa” dall’angoscia della “proiezione”. Lisbona attribuisce al padre la presa di coscienza della sua inanimazione e della sua inconsapevolezza di essere sbagliata per quanto riguarda il corpo la mente e le relazioni, gli investimenti di “libido”, il passaggio dal narcisismo alla genitalità, dall’isolamento all’offerta e al dono di sé agli altri. Lisbona ha scoperto, grazie alla “introiezione” operata della figura paterna, di avere corso il rischio di restare evoluta a metà, di ristagnare nella “posizione fallico-narcisistica” e isolata dagli altri, ma adesso che “sa di sé”, si può alzare e andare in giro tra la gente a dispensare il meglio di sé come una buona befana nel senso letterale della parola: “epifania” si traduce “mi mostro”. L’augurio è che quello di Lisbona sia sempre un bel vedere. Lisbona è pronta a esibire le parti migliori di sé. “Alzati e cammina”, come Lazzaro, si addice alla nostra resuscitata protagonista del sogno. Il miracolo è stato possibile grazie al padre, anzi grazie al ricorso al padre. Quando la madre la bloccava e la costringeva nelle ristrettezze solipsistiche, Lisbona adolescente ha scoperto la funzione del padre, quella di aiutare ad aprire gli occhi sul mondo, di indurre ad agire con forza e sicurezza, di dare le regole e i limiti del gioco sociale, di interagire nelle tortuose dinamiche relazionali: funzione dell’istanza psichica “Super-Io”. Se la Madre rappresenta simbolicamente la casa e gli affetti familiari, l’istanza psichica pulsionale “Es”, il Padre rappresenta l’azione fuori dalla casa. L’allegoria ricorrente nella creatività infantile è la seguente: il buon padre è il cacciatore che ogni sera torna a casa e porta il cibo ai suoi figli.
Vediamo i simboli.
“Lui apre gli occhi” equivale a “Lisbona prende coscienza” perché gli occhi rappresentano simbolicamente la visione logica e razionale e l’apertura agli altri, gli occhi rafforzano l’operazione di consapevolezza razionale, il “sapere di sé”. “Si alza” si traduce in si desta dall’inanimato e inizia ad agire, a prendere forza. E’ un termine sessuale maschile che sottintende l’erezione del pene, il simbolo del potere e dell’investimento di “libido”, la fierezza e l’azione. “Inconsapevole di essere stato creduto morto” dice chiaramente che Lisbona adolescente non sapeva di sé e della vitalità che aveva e poteva esprimere. Il risveglio è avvenuto attraverso il padre e abbandonando la madre che l’addormentava e che rappresentava per lei la chiusura al mondo in cambio della protezione, il carcere familiare e l’impossibilità di volare.
Questo è quanto potevo dire e ripetere sul sogno di Lisbona. Ne è valsa decisamente la pena.
PSICODINAMICA
Il sogno di Lisbona svolge la psicodinamica della figlia che va dalla madre per la “identificazione” e passa dal padre per l’azione in superamento del “fantasma di inanimazione” adolescenziale che porta a vivere male il corpo e ad aver paura di essere guardata con malizia. Tutto il travaglio edipico sul padre e sulla madre viene vissuto in maniera psicologica e non sfacciata, senza grandi accuse e senza furbesche inquisizioni. La funzione educatrice dei genitori è inserita nell’evoluzione psicofisica di Lisbona e viene risolta concretamente nella pronta esibizione al mondo e agli uomini del proprio corpo vitale e ricco di tesori. Questo sogno non è la solita rappresentazione della “posizione edipica” o di qualche sua variante, ma mostra la parte utile del padre e della madre in versione estetica. Senza acrimonia e senza polemica il sogno raggiunge la sfera di bellezza che lo rende universale e ben accetto alla pubblica coscienza e opinione. Inoltre, il sogno di Lisbona attesta che le esagerazioni sessuali sulla universale “posizione edipica” sono da abbandonare totalmente a favore di un consistente recupero della dimensione affettiva ed educativa.
PUNTI CARDINE
L’interpretazione del sogno di Lisbona si incentra e poggia sulle seguenti interazioni simboliche: “erano bare di vetro trasparente e vedevo solo i miei piedi con scarpe scure ed avevo un vestito lungo bianco a balze.” e “c’era a fianco a me mia madre” e “non mi va proprio che il mio corpo possa essere visto!” e “lo chiamo a gran voce “Papà! Papà! Svegliati!”.”
ULTERIORI RILIEVI METODOLOGICI
Dei “simboli” si è ampiamente detto e ripetuto nel corso dell’interpretazione del sogno.
Il sogno di Lisbona richiama l’archetipo “Madre” in “bara” e “Padre” in “Lui apre gli occhi e si alza.
I “fantasmi” evocati da Lisbona in sogno riguardano la “madre” nella “parte negativa” della “inanimazione”.
E’ degnamente presente l’istanza “Es”, rappresentazione delle pulsioni, in “essere davanti alle bare mia, di mia madre e di mio padre.” e in “erano bare di vetro trasparente e vedevo solo i miei piedi con scarpe scure ed avevo un vestito lungo bianco a balze.” e in “lo chiamo a gran voce “Papà! Papà! Svegliati!”.
Altrettanto degna nella sua presenza è l’istanza “Io”, vigilanza e realtà” in “esprimo il mio disappunto” e in “non mi va proprio” e in “noto” e in “le faccio notare”.
L’istanza “Super-Io”, limite e censura, è manifesta in “Sotto è steso mio padre, ma non è dentro una bara.” e in “mio padre fa un movimento visibilissimo”.
Il sogno di Lisbona rielabora a piene mani la “posizione psichica edipica”: conflittualità con i genitori. “essere davanti alle bare mia, di mia madre e di mio padre.” e in “a fianco a me mia madre alla quale esprimo il mio disappunto” e in “lo faccio notare a mia madre la quale cerca di convincermi che è morto” e in ““Papà! Papà! Svegliati!”. La “posizione fallico-narcisistica” si manifesta in “vedevo solo i miei piedi con scarpe scure ed avevo un vestito lungo bianco a balze.” e in “non mi va proprio che il mio corpo possa essere visto!”
Il sogno di Lisbona si serve dei seguenti “meccanismi e processi psichici di difesa”:
la “condensazione” in “bara” e in “vetro trasparente” e in “piedi” e in “scarpe” e in “vestito” e in “sotto” e in “svegliati” e in “occhi”,
lo “spostamento” e la “proiezione” in “c’era a fianco a me mia madre alla quale esprimo il mio disappunto” e in “lo faccio notare a mia madre la quale cerca di convincermi che è morto;” e in “Lui apre gli occhi e si alza, inconsapevole di essere stato creduto morto.” e in “lo chiamo a gran voce “Papà! Papà! Svegliati!”.,
la “figurabilità” in “erano bare di vetro trasparente e vedevo solo i miei piedi con scarpe scure ed avevo un vestito lungo bianco a balze.”,
la “identificazione” in “A guardare questa scena c’era a fianco a me mia madre”,
la “sublimazione” in “nel ripiano alto della cappella”,
la “regressione” è presente nei termini necessari alla funzione onirica.
Il sogno di Lisbona evidenzia un tratto decisamente “edipico” intenzionato verso una “organizzazione psichica genitale” e in superamento evolutivo delle pulsioni difensive narcisistiche.
Le “figure retoriche” elaborate da Lisbona nel suo sogno sono le seguenti:
la “metafora” o relazione di somiglianza in “bara” e in “vetro trasparente” e in “vestito” e in “occhi”,
la “metonimia” o relazione di senso in “piedi” e in “scarpe” e in “sotto” e in “steso” e in “svegliati” e in “si alza”,
la “sineddoche” o parte per il tutto e viceversa in “vedevo solo i miei piedi con scarpe scure ed avevo un vestito lungo bianco a balze.”,
la “enfasi” o forza espressiva in ““Papà! Papà! Svegliati!”,
la “allegoria” o rappresentazione traslata della androginia psichica in “vedevo solo i miei piedi con scarpe scure” e dell’innocenza infantile in “un vestito lungo bianco a balze.” e della inanimazione psichica in “bare di vetro trasparente” e in “inconsapevole di essere stato creduto morto.”, della presa di coscienza in “Lui apre gli occhi e si alza”.
Il sogno di Lisbona è ricco di simboli e di interazioni simboliche o allegorie. Questa caratteristica rivela sensibilità estetica e culto per il bello.
La “diagnosi” dice che Lisbona ha vissuto un conflitto durante l’evoluzione psicofisica dall’infanzia all’adolescenza e, nello specifico, nella risoluzione della figura materna e nell’assimilazione delle modificazioni corporee. Si sottolinea la funzione maieutica del padre.
La “prognosi” impone a Lisbona di tenere sempre in considerazione questa tendenza alla dipendenza da figure femminili ritenute altolocate, ingiunge di approcciarsi alla figura maschile in maniera paritaria ritenendo superata la relazione “maieutica” con il padre.
Il “rischio psicopatologico” si attesta nella “regressione” difensiva con il ripristino della “posizione fallico-narcisistica” e nell’isolamento orgoglioso e superbo: “psiconevrosi ansioso-depressiva”. La folla e la gente sono il test di benessere psicofisico da propinarsi quotidianamente appena fuori casa e dopo il sonno e il sogno.
Il “grado di purezza onirico” è “buono”. Pur essendo formulato in maniera logica consequenziale, il sogno di Lisbona è ricco di simboli e di allegorie come si è rilevato in precedenza.
La causa scatenante del sogno, “resto diurno” del “resto notturno”, si attesta nel ricordo del viaggio a Lisbona, come ha ben precisato la stessa Lisbona.
La “qualità onirica” è decisamente “surreale”, a metà tra la parapsicologia e la vena “horror”. Fai un viaggio e tra i souvenir ti porti a casa le fotografie impresse nella mente e nel corpo, idee e sensazioni.
Il sogno di Lisbona presenta una lucidità e una compostezza che lo collocano come possibile dalla seconda fase del sonno REM.
Il “fattore allucinatorio” si attesta nell’esaltazione dei seguenti sensi:
la “vista” in “vedevo” e in “guardava questa scena” e in “noto” e in “lo faccio notare”,
l’ “udito” in “lo chiamo a gran voce: “Papà! Papà! Svegliati!”
Il “grado di attendibilità” dell’interpretazione del sogno di Lisbona è “buono” semplicemente perché l’abbondanza dei simboli si è integrata nell’interazione logicamente corretta. La traduzione si è connessa alla psicodinamica senza pieghe e forzature. Il “grado di fallacia” è “minimo”.
DOMANDE & RISPOSTE
L’interpretazione del sogni di Lisbona è stata sottoposta all’attenzione di una donna che ha voluto mantenere l’anonimato e che ha posto le seguenti domande.
Domanda
Come dev’essere una famiglia per fare bene ai figli?
Risposta
La famiglia è la cellula della società e deve essere “aperta” e “dinamica” come l’insieme sociale che andrà a costituire. Di conseguenza, la famiglia non deve essere monolitica e repressiva, statica e bloccata, deve incarnare il principio dell’evoluzione ed essere al passo con il progresso dei tempi storici e culturali. I figli sono la parte indifesa da tutelare e da sostenere nella loro irripetibile individualità psichica. Nell’ambito familiare i figli reagiscono agli stimoli interni ed esterni, formano i fantasmi, vivono le esperienze e organizzano i vissuti. L’infanzia è tutta da vivere all’interno di una famiglia rassicurante e aperta che fa scorrere linfa vitale, “libido”, e “insegna” nel senso latino di “indicare la direzione”.
Domanda
Da quali errori ci si deve guardare nell’educazione dei figli? Nella risposta sia meno complicato, altrimenti non capisco.
Risposta
Giusto! Mi dico sempre di essere semplice e che non mi trovo in un palloso congresso di strizzacervelli, ma in mezzo alla brava gente che popola il mercato rionale di Ortigia, il luogo dove ho trascorso la mia infanzia. Gli errori tremendi da evitare in assoluto da parte dei genitori e che ho rilevato spesso nella mia pratica clinica sono i seguenti:
il “possessivismo”, vivere i figli come un bene personale e non riconoscerli come individui e persone uniche e irripetibili a livello psichico,
la “colpevolizzazione”, indurre sensi di colpa in reazione a quello che fanno o che non fanno, ai loro pensieri e alle loro azioni,
la “manipolazione”, servirsi dei figli per ottenere un risultato e usarli a proprio uso e consumo,
la “prevaricazione”, impedire con la forza e la minaccia la libera espressione psicofisica del bambino,
la “dipendenza”, strutturare una serie di limiti, di paure e di colpe che costringono il figlio ad aver paura di espandersi e di agire liberamente.
Aggiungo che, non rendendo autonomo un figlio, gli si fa del male, tanto male perché lo si lascia bambino per il resto della sua vita.
Adesso ti elenco quello che i bambini non vogliono dai loro genitori:
le bugie, perché perdono la fiducia e non sanno a chi affidarsi,
l’abbandono, perché l’angoscia li opprime,
la lite tra genitori, perché non sanno quale parte prendere,
la derisione, perché si sentono quasi nulla,
le minacce dell’uomo nero o del barbazucon, perché non sanno difendersi,
l’esclusione, perché si sentono tremendamente soli,
la freddezza affettiva, perché amano le coccole prima dei dolciumi,
le punizioni, perché fanno male al cuoricino,
il silenzio della mamma, perché si sentono impazzire dalla risposta che non viene per una punizione di merda,
essere lanciati in alto ed essere ripresi al volo dal papà, perché non si divertono e ridono per l’angoscia che stanno incamerando e per il trauma che maturerà in fobia.
I bambini voglio mangiare a tavola con la famiglia al completo perché si sentono parte di un gruppo coalizzato e forte.
Potrei continuare, ho un quaderno pieno di queste torture, ma mi fermo.
Domanda
Mi fa un esempio del male maggiore?
Risposta
La “colpevolizzazione” è sottile e tremenda, oltre che dannosissima per l’economia psichica del bambino. Spesso le mamme usano la seguente espressione per punire l’eccessiva vivacità del figlio: “tu mi farai morire”. Non commento e non aggiungo altro perché mi si accappona la pelle al ricordo di tutte le volte che in psicoterapia ho affrontato questi drammi sotto la veste di pericolosi disturbi.
Domanda
Scusi se insisto, mi spieghi meglio?
Risposta
Il bambino si fa i suoi sensi di colpa sottili e incisivi, se poi si aggiunge la madre a confermare la sua capacità maligna di procurare la morte della persona che ama e da cui in certo modo dipende, il dramma è completo. Il bambino cresce e da adulto e alla prima occasione gli si scatena il “fantasma” di essere la causa della morte delle persone care. E se poi viene a mancare la madre, la tragedia è totale e si trascina per tutta la vita. La psiconevrosi fobico-ossessiva può tralignare in disturbi “borderline”, se va bene. E tutto questo per quattro parole improvvide che ti ripeto in dialetto veneto” “ti me farai morir”.
Domanda
E se dico scemo a mio figlio?
Risposta
E’ una violenza sottile che nel tempo paga e paga tanto caro.
Domanda
E se gli do una sberla?
Risposta
E’ una violenza bella e buona, da codice penale e con l’aggravante che è avvenuto da parte di un genitore.
Domanda
Lei sta esagerando.
Risposta
Non sto esagerando. I traumi apparentemente minori sono i peggiori. Bisogna calcolare la sensibilità del bambino di fronte ai messaggi dell’ambiente, quindi è meglio essere amorevoli e non cattivi, autorevoli e non autoritari, realisti e non carnefici. Quelli della mia generazione ricordano molto bene la cinghia di cuoio del papà dopo le accuse della nonna o dopo un’innocente e creativa “infantil cazzata”. Quelle cinghiate sono stimmate, veri segni sulla carne che restano nella psiche a vita. E i maestri? Dove li mettiamo i maestri che con la bacchetta di bambù ti colpivano le nocche ed erano tutelati dai genitori e dalla legge? Io avrei gradito un padre cazzuto piuttosto che un padre ligio e prono al dovere e al riconoscimento dell’autorità più bieca che va contro il suo sangue. E i preti, quelli con le tonache nere svolazzanti, dove li mettiamo? E le suore, le vergini che si chiamavano madri senza aver avuto un figlio, dove le mettiamo? Facevano meno paura i comunisti, quelli che secondo i democristiani mangiavano i bambini. Quante storie! Potrei scrivere un romanzo alla Camilleri o una breve enciclopedia delle stronzate di merda, ma mi fermo per non incazzarmi. Non fa bene al cuore e alle arterie.
Domanda
La punizione non ci vuole allora, ma come si fa a educarli questi figli? Non possono fare quello che vogliono, bisogna metterci un limite.
Risposta
La spiegazione e il dialogo sono più importanti di qualsiasi punizione. E l’ironia e il paradosso non guastano mai in queste circostanze. Il genitore creativo che non fa quello che il bambino si aspetta è un poeta e merita il premio Nobel per la Felicità.
Domanda
Ma come avviene la formazione del carattere nel bambino? C’entra l’eredita in qualche modo?
Risposta
Il neonato non eredita niente a livello psichico, è una “tabula rasa” che si dispone a vivere, a registrare e a organizzare le varie esperienze, quelle che provengono dal suo interno e quelle che provengono dal suo esterno. Mentre a livello biologico il neonato ha ereditato un corredo genetico dai genitori, a livello psicologico si viene a trovare in un corpo e in una famiglia da vivere e da interpretare in prima persona e nel tempo successivo con l’ausilio dei genitori. La formazione psichica avviene progressivamente per libero vissuto del bambino e per insegnamento del padre e della madre e delle figure socialmente preposte, nonché per incidenza educativa di quella che chiamiamo, genericamente ma significativamente, “la Vita”. Questo processo evolutivo consente e giustifica l’irripetibilità psichica anche dei gemelli monozigotici, quelli simili nelle fattezze ma non nel cosiddetto carattere, meglio nella “organizzazione psichica reattiva”. La formazione viene prima dell’educazione. Quest’ultima deriva dal latino “ex ducere”, “tirare fuori da”, e presuppone la formazione psichica. Il bambino, parzialmente formato, è sollecitato dai genitori e dagli educatori a manifestare le sue tendenze e le sue inclinazioni. Questo è il vero significato di educazione e l’autentico processo dell’educare. Mi fermo, altrimenti non andiamo all’infinito e non finiamo più questo articolo. Mi scuso con te e con i marinai per le poderose sintesi. Sicuramente servono a stimolare ulteriori approfondimenti.
Domanda
Quando mi devo preoccupare per la salute psicologica dei miei figli piccoli?
Risposta
Ti devi preoccupare e devi correre ai ripari quando il bambino accusa dei disturbi psicosomatici, perché vuol dire che le tensioni nervose superano il livello di guardia, “omeostasi”, e allora il sistema psicofisico si mette in azione per smaltire l’eccesso che non riesce a risolvere per vie naturali. Questo è l’indiscutibile segnale che il bambino sta soffrendo. E allora ha bisogno di essere curato dallo psicologo.
Domanda
Quali sono questi disturbi?
Risposta
Preoccupati se tuo figlio di tre anni fa la pipì di notte senza svegliarsi, “enuresi”, se balbetta, se non mangia adeguatamente, se vomita, se non respira bene, asma psicogena, se strizza gli occhi o manifesta altre forme di “tic” nevosi, se dice di avere mal di testa, se è stitico o diarroico e se ha altre forme di somatizzazioni d’angoscia. Accertato che il bambino è sano a livello organico tramite il pediatra, è certo che sta scaricando l’angoscia tramite le funzioni corporee. E questi apparati non vengono scelti a caso, ma secondo un significato simbolico elaborato e acquisito delle varie funzioni. Il bambino ha intuito che la bocca e lo stomaco sono gli organi degli affetti, il respiro riguarda la figura materna e il continuare a vivere, la cacca la sua aggressività e così via. Il bambino costruisce simboli personali in base ai suoi vissuti formativi e usa simboli collettivi in base all’educazione.
Domanda
Non sapevo queste cose. Grazie per avermele dette. Comunque, devo dire che il sogno di Eleonora mi ricorda la favola de “La bella addormentata nel bosco”. Eleonora aspetta il padre che la sveglia dal sonno in cui era piombata. Il padre è come il principe azzurro per le giovani donne, è una figura importante per la loro vita sentimentale e sessuale. Anche per me lo è stato. Da bambina lo temevo e dopo l’ho riscoperto e mi ha aiutato tanto a diventare donna. Ero orgogliosa di uscire con lui a spasso anche perché per me era tanto bello e maschio. Mi sto convincendo che quando lei parla di Edipo non va molto lontano da quello che io ricordo di aver vissuto nei confronti di mio padre e di mia madre. Mi meraviglio che non faccio fatica ad ammetterlo. Anzi mi piace sapere che i miei genitori erano tanto importanti per me.
Risposta
Proprio vero. Come non condividerti.
Domanda
Il rapporto con il padre ha poco di sessuale da quello che ho letto.
Risposta
Il “pansessualismo” freudiano è da superare se non è già superato. La “posizione edipica” è tanto di più e abbraccia molte manifestazioni della scena psichica dei figli. In passato si è tanto esagerato con la riduzione della Psicoanalisi alla teoria della sessualità. La “libido” è energia che consente l’evoluzione e non il motore esclusivo o il trapezio delle nostre acrobazie sessuali.
Domanda
Mi sembra di aver capito che le donne anziane e alcune madri sono cattive e si ripagano con le figlie e con le nipoti.
Risposta
La senilità accresce la cattiveria e quest’ultima è segno di vecchiaia e di angoscia di morte. Di fronte alle giovani donne alcune madri e alcune nonne vivono il sentimento dell’invidia della gioventù e della fertilità. Non basta, perché tendono a proporre la ripetizione degli errori che non hanno saputo correggere in loro stesse ed evitare nel loro comportamento. Le donne vecchie tendono a perpetuare lo status sociale e culturale della donna. All’uopo istillano una forma di rassegnazione nelle figlie e nelle nipoti. Se una donna è stata vittima del proprio uomo, dirà alla figlia di sopportare e di ripetere la sua storia di sottomissione con la famosa frase “gli uomini sono fatti così, ti tocca stare buona e portare pazienza”. Teoria della Nutella e della sua immutabilità: “la nonna la dava alla mamma e la mamma la dà alla figlia e la figlia la darà alla figlia e cosi via “in secula seculorum, amen”. Sarà anche per questo motivo che le maestranze della “Ferrero” continuano a usare l’olio di palma nella preparazione del gustoso impasto di cacao e nocciole.
Domanda
Concludo io senza alcuna presunzione. Allora, posso dire che padri freddi, indifferenti e assenti sono dannosi per i figli. I genitori sono importanti per la loro corretta crescita fisica e psichica e per le future storie d’amore e di sesso. L’adolescenza è un periodo di turbamento, ma serve per diventare forti e superare le difficoltà della vita.
Ok!
Voglio anche scegliere la canzone: “La vita” cantata dai giovani siciliani del Volo o da Shirley Bassey. Veda lei, ma faccia come ho detto io. Scelgo questa canzone per dire alle adolescenti che davanti a loro si prepara una vita bella e che non abbiano paura di goderla.
Risposta
Obbedisco meglio di Garibaldi e allego entrambe le canzoni per non far torto a nessuno. Preciso che il Volo ha al suo interno due siciliani e un abruzzese.
Alla prossima.