TRAMA DEL SOGNO – CONTENUTO MANIFESTO
“Ero in un luogo immerso nella natura, come in un festival e in un bel camping accanto al quale c’era il laghetto, un boschetto, una radura e tanta, tanta bella gente che suonava, ballava, giocava e rideva.
La luce era dorata e io mi appisolo.
Mi sveglia la musica di un ukulele e allora comincio a scrivere un messaggio alla mia innamorata lontana per dirle quanto stessi bene.
A un certo punto lei inaspettatamente arriva, mi prende per le braccia e comincia a ballare con me.
Poi vuole fare l’amore.
Mentre accade tutto questo mi accorgo che lei ha le mie identiche fattezze. Lei è me!
Ma in realtà è lei e, quindi, non posso essere io.
Rimango interdetta, chiedendomi se si sia accorta dell’uguaglianza; ma no, nessuno dei miei pensieri la sfiorava, anzi era tutta presa da un suo divertimento.
Ci guardiamo negli occhi fissamente e lei sembra desiderosa di darsi a me in maniera così fresca, quasi candida.
Io ero scossa dal suo sguardo e mi chiedevo se, visto che lei era me, magari io potessi essere lei.”
Questo è quanto ha sognato Egle.
DECODIFICAZIONE E CONTENUTO LATENTE
CONSIDERAZIONI
Il “contenuto manifesto” del sogno di Egle dice di un desiderio di amplesso tra due donne innamorate.
Il sogno di Egle oscilla costantemente tra l’uso dei meccanismi e dei procedimenti del “processo primario” e del “processo secondario”: Lei è me! Ma in realtà è lei e, quindi, non posso essere io”. Mentre sogna, Egle ragiona sul desiderio di essere l’altra e sull’impossibilità di esserlo. La realtà s’interseca con l’allucinazione desiderante e amleticamente Egle si chiede:“io sono io o io sono lei?” in associazione a un “magari io potessi essere lei!” evocando Shakespeare, ma anche Pirandello non è estraneo a questo sogno che sembra riguardare la ricerca dell’identità psichica.
Insomma, nel suo essere originalissimo e surreale, il sogno di Egle è semplice da interpretare, per cui non resta che esplicitarlo al meglio consentito dagli strumenti psicoanalitici in atto.
SIMBOLI – ARCHETIPI – FANTASMI – INTERAZIONE ANALITICA
“Ero in un luogo immerso nella natura, come in un festival e in un bel camping accanto al quale c’era il laghetto, un boschetto, una radura e tanta, tanta bella gente che suonava, ballava, giocava e rideva.”
Questo esordio è un inno alla vita e alla gioia di vivere, un elogio della natura, un plauso alle relazioni sociali, una laude alla sessualità e all’orgasmo. Ricorda il festival di musica rock del mitico “sessantotto” organizzato dai “figli dei fiori” nell’isola di Wight. Ma questo è un ricordo personale. Egle si dispone in sogno tra la natura e la cultura, tra l’emozione e la ragione, tra il “sistema neurovegetativo” con le sue pulsioni e il “sistema nervoso centrale” con le sue consapevoli riflessioni.
“Ero in un luogo immerso nella natura”: questo è patrimonio dell’istanza “Es”, la vitalità della “libido”.
Il “festival” e il “camping” rappresentano la pulsione a mettersi alla prova e a relazionarsi in maniera aperta e disinibita in un contesto vissuto come il proprio e l’altrui habitat. Egle non è sola con se stessa in un mondo infame, ma è se stessa in mezzo a quelli come lei, la “tanta, tanta bella gente che suonava, ballava, giocava e rideva.”
Il “suonava” è simbolo del ritmo involontario neurovegetativo, il cuore, il respiro, la pressione sanguigna, l’orgasmo.
Il “ballava” è simbolo del movimento sinuoso ed elegante, a metà tra emozione e ragione, dell’amplesso sessuale.
Il “giocava” è simbolo della giusta filosofia di vita, del fascinoso modo di affrontare i vissuti dell’esistenza.
Il “rideva” è simbolo inequivocabile del trasporto sessuale e dell’orgasmo.
In questo gradevole ed eccitante contesto ci sono anche “Il laghetto”, un simbolo femminile, “il boschetto”, un simbolo non inquietante della dimensione psichica profonda, “una radura”, un simbolo della disposizione al rilassamento. E poi, chi la fa da padrone é la “tanta, tanta bella gente”, questo amorevole apprezzamento per l’altro, il prossimo che ci accompagna nel cammino della vita in sintonia con il nostro sentire e la nostra filosofia: il senso estetico della vita, il vivere come opera d’arte, i vissuti e i fantasmi come un capolavoro unico ed eccezionale.
Meglio di così Egle non poteva dare inizio al suo sogno.
“La luce era dorata e io mi appisolo.”
Come rappresentare meglio il crepuscolo della coscienza e l’abbandono ai sensi?
Egle non dorme, ha una vigilanza attutita e un’attività razionale mistica, è disposta a vivere il flusso della vitalità dentro di lei e a coglierlo senza blocchi e senza inutili difese.
“Dorata” equivale simbolicamente a preziosa e nobile, quasi sacra.
“La luce” è simbolo della logica razionale, ma, essendo allo stato puro, non ha contenuti specifici che possono oscurarla: una ragione preziosa che riflette se stessa e su se stessa. Kant l’ha definita alla fine del Settecento “appercezione trascendentale” o “Io puro” nella sua opera “Critica della Ragion pura” proprio per indicare l’autocoscienza della funzione razionale o “Io penso che penso”.
“Io mi appisolo” si traduce nell’abbandono fiducioso all’energia vitale del corpo e al flusso della “libido”. Egle vuole intuire e cogliere la vita dei sensi senza inutili resistenze e fiduciosa nelle sue capacità. L’impresa è possibile perché Egle sta vivendo un buon momento psicologico e ha raggiunto una proficua “coscienza di sé”.
“Mi sveglia la musica di un ukulele e allora comincio a scrivere un messaggio alla mia innamorata lontana per dirle quanto stessi bene.”
Egle ha una “innamorata lontana”, oltretutto “mia”?
Egle ha una formazione e un’identità sessuale saffiche?
Egle ama le donne o ama se stessa?
Questo è un buon dilemma da sbrogliare.
Dopo la sintesi precedente della disposizione all’orgasmo, “La luce era dorata e io mi appisolo”, subentra uno strumento musicale hawaiano dal suono particolarmente sensuale, “ukulele”. La musicalità dei sensi si “sveglia” e il desiderio sessuale cresce e vuole vedere la luce con un messaggio a se stessa, una presa di coscienza del suo benessere psicofisico e delle sue conquiste psichiche.
Svelato l’arcano: la mia innamorata lontana è Egle in carne e ossa, è Egle che sta bene con se stessa e che vuol godere di se stessa. Il sogno viaggia verso la sensualità dell’orgasmo, effetto possibile una volta preparato il contesto affettivo ed emotivo.
Un messaggio a se stessi è la lettera che non si pensa mai di scrivere, poi, se è d’amore, il gioco è fatto ed è pure intrigante.
Domanda legittima: si tratta di una pulsione narcisistica?
Si saprà cammin facendo.
“A un certo punto lei inaspettatamente arriva, mi prende per le braccia e comincia a ballare con me.”
Il sogno non è alieno dall’effetto sorpresa, anzi tutt’altro!
Il sogno realizza anche i desideri più delicati in maniera traslata e non certo “inaspettatamente”. Giustamente tutti i salmi finiscono in “gloria”.
La “morosa” di Egle appare secondo le regole del gioco e gioca d’affetto e di seduzione, di sentimento e di erotismo. Le “braccia” condensano le relazioni, il sistema di rapportarsi con se stessi e con gli altri, oserei dire il modo di vivere se stessi anche in riferimento agli altri. Egle si sta sentendo, avverte il suo corpo nelle varie parti e ne prende coscienza senza forzature. Egle lascia che sia, lascia che tutto avvenga secondo natura, più che secondo cultura. La percezione del corpo inizia e questo approccio disinibito è possibile perché Egle si vive bene e non ha resistenze psichiche, ma soprattutto ha allentato le difese per sentirsi vivere,
Il “ballare” rappresenta simbolicamente il movimento sinuoso e ritmico del coito, dell’amplesso in solitaria o in compagnia.
Degno di nota è il “mi prende” nella sua tonalità aggressiva maschile, così come notevole è il “comincia” ad attestare che i sensi son partiti e sono in prospera evoluzione.
Definiamo il tutto un importante “preliminare” e non resta che aspettare la fausta “escalation”.
“Poi vuole fare l’amore.”
“Come volevasi dimostrare” disse il professore di geometria concludendo la spiegazione, necessariamente razionale, del teorema di Egle e non di Pitagora.
Cosa significa in sogno “fare l’amore”?
Diciamolo alla “Franco Battiato”: prendendosi amorevole “cura” di se stesso, investendo “libido” sul proprio corpo e sulla propria mente, mettendosi in relazione erotica con le parti più significative e musicali del proprio “psicosoma”. Non è un coito, ma si avvicina a una completa, quanto naturale, masturbazione.
Si tratta di narcisismo?
Assolutamente no!
Si tratta di benefico e salutare “amor proprio”.
“Mentre accade tutto questo mi accorgo che lei ha le mie identiche fattezze. Lei è me!”
Egle prende coscienza, “mi accorgo”, che si tratta di se stessa, “Lei è me!”, ma mantiene la “scissione” difensiva che ha operato per continuare a sognare e a dormire.
Le “fattezze” evocano il plasmare concreto dell’artista nell’estasi e nel delirio estetico. Egle si è imbattuta in se stessa e si è finalmente innamorata di se stessa. Egle vuole riappropriarsi del suo corpo e della sua funzionalità erotica.
“Ma in realtà è lei e, quindi, non posso essere io.”
Questa è l’illusione dello specchio, l’illusione di Narciso alla fonte, l’illusione del bambino infante fino a sei mesi di vita.
Lacan affermò che il bambino conquista sin dai sei mesi di vita la consapevolezza del suo “Io” proprio guardandosi allo specchio nello “stadio” omonimo.
Freud pensava che il bambino fosse un animaletto tutto istinti e pulsioni, tutto “Es”.
Sua figlia Anna era convinta del contrario ossia che l’Io si strutturasse sin dal primo anno di vita.
Stessa teoria aveva elaborato prima di lei Melanie Klein attribuendo al bambino una intensa vita fantasmica, un’attività immaginativa ed emotiva come funzione primaria del futuro pensiero razionale: il “fantasma”.
Egle mantiene la “scissione” difensiva della sua immagine per portare avanti il suo progetto onirico: vivere e conoscere il proprio corpo nei livelli più sensoriali ed erotici e per questo importante motivo lei non può essere l’altra. La dialettica tra “lei” e “io” si comporrà in Egle, una persona intera e convinta.
“Rimango interdetta, chiedendomi se si sia accorta dell’uguaglianza; ma no, nessuno dei miei pensieri la sfiorava, anzi era tutta presa da un suo divertimento.”
Il gioco è affascinante e deve continuare, non può esaurirsi in un misero riconoscimento e in un trionfo dell’Io e della funzione razionale. La coscienza può aspettare, per il momento Egle si può sbizzarrire verso il mondo dell’equivoco e del surreale.
Una Egle ragionava in base al “principio di realtà” ed era giustamente “interdetta”, bloccata nel profferire parole e ostacolata nel comunicare. L’altra Egle era in balia dell’emozione e della sorpresa di abitare con eccitazione il suo corpo, per cui era giustamente “tutta presa da un suo divertimento”.
“Ci guardiamo negli occhi fissamente e lei sembra desiderosa di darsi a me in maniera così fresca, quasi candida.”
Questa è la scena della riconciliazione tra l’istanza psichica pulsionale e neurovegetativa “Es” e l’istanza psichica vigilante e razionale “Io”. Si ricongiungono in maniera naturale, “fresca”, e innocente, “quasi candida”, il corpo e la mente, la psiche e il soma, il sentimento e il senso, l’emozione e la ragione, l’affettività e la sessualità. Dominante in questo rinnovato e ritrovato connubio è la dimensione erotica e sessuale, la “libido” nelle sue versioni “orale”, “anale”, “fallico-narcisistica” e “genitale”. Dopo il tempo delle scissioni legate al rigore spasmodico e tirannico dell’istanza psichica censoria “Super-Io”, dopo la guerra è arrivata la pace o meglio l’equilibrio tra le varie istanze e le loro competenze. A goderne è soprattutto il corpo che aveva subito notevoli umiliazioni.
Questo è il significato di “ci guardiamo negli occhi fissamente”, la presa di coscienza salvifica e gaudente nell’essere “desiderosa di darsi a me”.
La ricomposizione psichica è avvenuta in sogno nel migliore dei classici modi in cui si propone a tutti i viventi in pelle e ossa.
“Io ero scossa dal suo sguardo e mi chiedevo se, visto che lei era me, magari io potessi essere lei.”
Guardare negli occhi equivale a prendere coscienza della propria vita dei sensi e comporta un turbamento notevole. Lo “sguardo” è una forma di lucidità mentale personale o indotta nell’altro. In ogni modo è sempre un veicolo di consapevolezza.
Il desiderio, “de sideribus”, di Egle è caduto dalle stelle e si è realizzato. Più che dell’immagine ideale, si tratta della coincidenza tra “come avrei voluto essere” e “come sono diventata”; il tutto è stato possibile grazie al recupero della sfera emotiva e sessuale. Bisogna tendere sempre a realizzare gli investimenti e i progetti. Porsi davanti delle “immagini di sé” da concretizzare è il massimo della vitalità e il miglior antidoto alla maligna depressione.
PSICODINAMICA
Il sogno di Egle, al di là delle sue reali scelte sessuali, verte sulla ricomposizione delle pulsioni dell’Es con la vigilanza erotica dell’Io, sull’amor proprio che non lesina riconoscimenti alla propria identità sessuale, sulla dimensione psicofisica e mistica dell’orgasmo.
ISTANZE E POSIZIONI PSICHICHE
Il sogno di Egle chiama in causa soprattutto l’istanza psichica pulsionale “Es” nel suo rappresentare gli istinti del “sistema neurovegetativo” in “Ero in un luogo immerso nella natura, come in un festival e in un bel camping accanto al quale c’era il laghetto, un boschetto, una radura e tanta, tanta bella gente che suonava, ballava, giocava e rideva.” e in tanto altro.
L’istanza psichica “Io”, deputata alla vigilanza razionale e legata al “principio di realtà”, è presente e manifesta in “Mentre accade tutto questo mi accorgo che lei ha le mie identiche fattezze. Lei è me!” e in tanto altro.
L’istanza psichica censoria “Super-Io” con il suo dovere morale è relegata ai margini ed è supposta in “sguardo”.
Le “posizioni” psichiche richiamate da Egle in sogno sono la “orale”, la “anale”, la “fallico narcisistica”, la “genitale” in dosata combinazione e in ordine progressivo in “desiderosa di darsi a me”, “comincia a ballare con me.”, “lei ha le mie identiche fattezze. Lei è me!”, “Poi vuole fare l’amore”. Il richiamo di tutte le “posizioni psichiche” attesta della globalità e della distribuzione della formazione psichica di Egle.
MECCANISMI E PROCESSI PSICHICI DI DIFESA
Il sogno di Egle usa il meccanismo psichico di difesa dall’angoscia della “scissione” in “Lei è me!” e in “visto che lei era me, magari io potessi essere lei”.
Ancora: il meccanismo della “razionalizzazione” in “Ma in realtà è lei e, quindi, non posso essere io” e in “visto che lei era me, magari io potessi essere lei.”
Ancora: il meccanismo psichico di difesa della “condensazione” in “suonava”, “ballava”, “giocava”, “rideva”, “laghetto”, “boschetto”, radura e in altro.
Ancora: il meccanismo psichico dello “spostamento” in “sguardo” e in “Lei è me” e in altro.
I processi psichici di difesa della “regressione” e della “sublimazione della libido” non sono presenti.
ORGANIZZAZIONE PSICHICA REATTIVA
Il sogno di Egle evidenzia un tratto psichico “fallico narcisistico” all’interno di una “organizzazione psichica reattiva” distribuita armonicamente e culminante nel “genitale”.
FIGURE RETORICHE
Il sogno di Egle usa la figura retorica della “metafora” in “fresca” e “candida” e “fare l’amore” e in altro, della “metonimia” in “ballare” e “luce dorata” e “musica” e “appisolo”.
DIAGNOSI
La diagnosi dice che il sogno di Egle presenta la ricomposizione della parte emotiva e della parte razionale, pulsioni dell’istanza “Es” e consapevolezze dell’istanza “Io”.
PROGNOSI
La prognosi impone a Egle di mantenere e di rafforzare il connubio psichico raggiunto e di goderne gli effetti benefici evitando le scissioni inopportune e inutili.
RISCHIO PSICOPATOLOGICO
Il rischio psicopatologico si attesta in un ritorno alla scissione e in un aggravamento della stessa con la recrudescenza di una conflittualità intrapsichica tra pulsioni e riflessioni, tra corpo e mente.
GRADO DI PUREZZA ONIRICA
In base a quanto affermato nella decodificazione e in base al contenuto dei “simboli” e dei “fantasmi”, il grado di “purezza onirica” del sogno di Egle è “3” secondo la scala che vuole “1” il massimo dell’ibridismo, “processo secondario>processo primario”, e “5” il massimo della purezza, “processo primario>processo secondario”.
RESTO DIURNO
La causa scatenante del sogno di Egle si attesta in un vissuto di godimento e di piacevole sensorialità.
QUALITA’ ONIRICA
La qualità del sogno di Egle è autoreferenziale e discorsiva.
RIFLESSIONI METODOLOGICHE
Il sogno di Egle pone la questione culturale del “saffismo” dal momento che il “contenuto manifesto” o trama del sogno tratta di una relazione intima tra donne.
Non mi dilungo sulle noiose teorie psicologiche sul tema, ma offro la solita riflessione tramite l’unica canzone di musica “leggera” che tratta l’argomento dell’amore totale coniugato al femminile: “tu che sei la mia lei”.
Le cantanti sono quattro fascinose donne ben combinate anche a livello musicale.
Il testo denuncia l’insensibilità della gente e le disgraziate diagnosi popolari psichiatriche e afferma il diritto di amare liberamente e senza infingarde condanne.
Giustamente il titolo è “l’amore merita” e loro sono Simonetta, Greta, Verdiana e Roberta.
L’Amore Merita
Ora so di essere quella che avrei voluto essere anni fa.
Tu che sei la mia lei come me, stesso corpo stessa anima.
Perché nel cuore c’è arcobaleno di parole inutili bugie… per non morire.
E quante lacrime per un amore che poi in fondo colpe non ne ha.
Nessuno merita di odiarsi perché non si accetta, il mondo pensa che è diversa
un solo bacio e si imbarazza poi condanna una carezza
perché crede malattia o una sporca fantasia
quella che da sempre è la storia solo mia.
Ora so crescere scegliere io scelgo me stessa scelgo noi.
Non sarà facile vivere ma sarà cielo senza nuvole.
Perché la libertà non può costare il mio silenzio e al mondo griderò il mio segreto.
Chi ama capirà l’amore non ha sesso e nessun prezzo pagherà.
L’amore merita di amarsi come e quando vuole nonostante le parole
della gente che ci guarda e sempre più bastarda parla
ma non dice niente e sente ma non ci comprende e pensa
sia un effimera bugia la storia solo mia.
Non sarà solo una bandiera “a portare il colore”
a raccontare di un’altra libertà che muore
perché l’amore non vuole né legge né pretesa
perché chiamarci amanti è una condanna accesa
non c’è nessuna vergogna in questo amato amore
sarà un arcobaleno a fare una canzone
perché chi giudica trema e chi ama vince sempre
nessuno deve soffrire nessuno merita!
Nessuno merita di odiarsi perché non si accetta e il mondo pensa che è diversa
un solo bacio e si imbarazza
poi condanna una carezza perché crede malattia
una sporca fantasia
quella che da sempre è la storia solo mia!
E’ la storia solo mia!
L’amore è verità.