“Salve dottor Vallone,
sono Marion e ho questo sogno da analizzare.”
TRAMA DEL SOGNO – CONTENUTO MANIFESTO
“Il mio ex marito era seduto dentro un locale, presumibilmente con gli amici e in attesa di mangiare.
Quando l’ho notato, sono scappata su per le scale perché mi ha ricordato il suo essere violento con me.
Ma lui mi ha seguita e raggiunta.
Io ho gridato, ma lui aveva un’aria pacifica come se volesse chiedermi scusa per tutto il male che mi aveva fatto in passato.
Poi, mi ha fatto vedere la foto di sua figlia (noi non siamo riusciti ad avere figli insieme) e mi ha chiesto consiglio sul da farsi con l’attuale moglie.
Lui la vorrebbe lasciare, ma io gli ho consigliato il dialogo.
In seguito mi ha riferito che il problema erano le continue liti con la malvagia sua madre.
Io gli rimprovero il fatto che anche con l’attuale moglie sarebbe finita male se per l’ennesima volta avesse fatto prevalere sua madre.”
DECODIFICAZIONE E CONTENUTO LATENTE
CONSIDERAZIONI
Il sogno di Marion tratta un tema delicato e tragico e, purtroppo, sempre attuale, anzi attualissimo: la violenza dell’uomo sulla donna, quello che oggi si definisce con un termine orribile, crudo ma vero, “femminicidio”, “uccisione della femmina o dell’essere psicofisico femminile” al di là di qualsiasi connotazione relazionale: madre, moglie, compagna, amica, sconosciuta o altro. I dati statistici dicono che viene uccisa una donna al giorno soprattutto da uomini che condividono o hanno condiviso una relazione significativa. La prevalenza del crimine si attesta nella rottura del rapporto di coppia da parte della donna. Gli stessi dati statistici non ci possono dire quante donne subiscono violenza nel quotidiano vivere “intra moenia et extra moenia”, dentro le mura domestiche e fuori dalle mura domestiche. Sono talmente tante queste donne che inducono a formulare una “psicopatologia individuale e collettiva”, una “malattia storica e culturale”, ma soprattutto una “psicopatologia dell’universo psichico maschile”.
Il sogno di Marion è un singolo campione molto significativo che contiene una sofferta verità personale che consentirà di approfondire il tragico fenomeno psichico della degenerazione della “misoginia”, “avversione e odio nei riguardi delle donne”, e di ricercarne “l’eziologia”, “l’origine” del male individuale e collettivo.
Il sogno di Marion coinvolge tutte le donne, consente di fissare assunti di base e di ribadire regole di comportamento dopo aver capito al meglio le psicodinamiche in cui questo tragico fenomeno coinvolge la donna sin dal suo primo manifestarsi.
Il sogno di Marion è un piccolo capolavoro di psicopatologia dinamica dell’uomo violento, del “misogino assassino e criminale”.
Il sogno è discorsivo e raccontato con estrema semplicità e senza sofisticazioni da parte dell’”Io” narrante ed è importantissimo per i risvolti clinici e psicopatologici, nonché per le diffuse psicodinamiche e per i simboli che esso contiene.
Il titolo “Donne! Attente al lupo!!!” non esime gli uomini e gli altri soggetti chiamati in causa, le madri e i padri, a tirarsi fuori dalle responsabilità psichiche e psicopatologiche.
Dopo queste delucidazioni procedo con la decodificazione del sogno di Marion e con il prelievo eziologico e psicopatologico, delle “radici e delle cause, nonché della malattia psichica”.
SIMBOLI ARCHETIPI FANTASMI – INTERAZIONE ANALITICA
“Il mio ex marito era seduto dentro un locale, presumibilmente con gli amici e in attesa di mangiare.”
Il sogno di Marion propone immediatamente il coinvolgimento della sfera affettiva e dell’esercizio della stessa nella coppia: i simboli sono l’“ex marito” e il “mangiare”. Il tempo evocato da “ex” è il passato prossimo o recente.
Il “locale” e gli “amici” condensano la sfera sociale e la dimensione relazionale. Marion ha vissuto il suo “ex marito” come anaffettivo, incapace di amare e tendente a compensare la sua deficienza affettiva con un’immagine sociale gratificante e molto apprezzata nel giro degli amici e dei conoscenti: una “traslazione” difensiva dagli affetti costituiti agli affetti sociali. Il “cibo” evoca un “fantasma orale” la cui formazione risale al periodo successivo alla nascita, precisamente alla “posizione psichica orale”. Tale “fantasma” richiama necessariamente la figura materna con il relativo “fantasma” scisso nella “parte buona” e nella “parte cattiva”, tecnicamente il “seno buono” quello che nutre e che ama e il “seno cattivo” quello che odia e uccide. Questa è la traduzione comprensibile della rudimentale percezione psichica di un bambino di quattro mesi.
“Aspettavano” è la “proiezione” dell’attesa di Marion di essere finalmente oggetto d’amore e di affetto da parte del marito, oggetto d’investimento di “libido genitale” ossia di essere in coppia con il suo uomo.
“Quando l’ho notato, sono scappata su per le scale perché mi ha ricordato il suo essere violento.”
Il sogno propone con delicatezza il trauma di Marion, l’essere stata oggetto di violenza psicofisica da parte del marito e la sua fuga nella “sublimazione” delle sofferenze e delle pulsioni difensive per restare con quest’uomo malvagio fino alla separazione: “sono scappata su per le scale”.
Il conflitto di Marion si è attestato nel dilemma di restare con lui o di fuggire da lui, nel conflitto struggente di continuare ad amarlo nella speranza di un suo ravvedimento o di difendersi in qualche modo dalla sua violenza psichica e fisica. La memoria di Marion conserva i traumi di questo stato di grande sofferenza perché i meccanismi psichici di difesa si sono limitati a una blanda “rimozione” per continuare a vivere. Marion ricorda i suoi traumi con dignitosa paura e quest’ultima si esprime in un sogno pacato ma drammatico dal momento che evoca, tappa dopo tappa, le psicodinamiche sfaccettate delle violenze subite. Marion ha le coordinate mentali di quello che le è successo, ma di quello che ha vissuto e le è rimasto dentro è ancora in cerca di comprensione: le mille emozioni, le mille paure, le mille speranze, le mille angosce implicite nella frase “Mi ha ricordato il suo essere violento.”
“Ma lui mi ha seguita e raggiunta.”
Ecco che immancabilmente si presentano in sogno le immagini ricorrenti di questa dolorosa psicodinamica tra marito e moglie: la donna che fugge e il maschio che la insegue e la raggiunge per farle violenza in ogni modo e a tutti i costi. Il quadro è condito delle angosce d’impotenza che si vivono nella realtà e in sogno quando non si sa sfuggire a situazioni di pericolo. Marion non ha digerito i suoi vissuti traumatici e non ha cicatrizzato le sue ferite psichiche. Ricorda ed elabora la persecuzione subita. In sogno si fa seguire e raggiungere perché ancora rivive queste tremende dinamiche relazionali, perché ancora non le ha adeguatamente razionalizzate e perché ancora non si sente ripagata di tutto il male che ha subito da quest’uomo e con cui non ha ancora chiuso i conti. Ripeto: Marion ricorda i vissuti traumatici del suo passato con il suo “ex”, ma non ha chiuso i conti con quest’uomo violento. La rievocazione è parzialmente liberatoria del senso d’impotenza e dell’aggressività difensiva che allora non sapeva e poteva esprimere, di quella giusta rabbia che nasceva dall’ingiustizia dell’offesa. La pulsione vendicativa è naturale per la nostra dimensione psichica neurovegetativa, istanza “Es”.
“Io ho gridato, ma lui aveva un’aria pacifica come se volesse chiedermi scusa per tutto il male che mi aveva fatto in passato.”
Ecco la difesa dal trauma: la reazione del gridare. Ecco l’inganno del desiderio: un uomo buono. Marion ha spesso pensato a un’immagine positiva del suo uomo e si è raccontata la storiella che tutto si ripara e tutto si ricostituisce al meglio e si è detta che tutto sommato suo marito è un uomo buono dalla “aria pacifica come se volesse chiedermi scusa”. Marion è una donna offesa nella dignità e nell’amor proprio e in sogno ha una pacata reazione con il desiderio di un’umana rivincita.
Nel sogno non ci sono simboli di difficile interpretazione, per cui si può decodificare quello che nel sogno è sotteso e sottinteso.
Degno di nota è il meccanismo psichico di difesa della “drammatizzazione secondo l’opposto” tra il gridare di lei e l’aria pacifica di lui. Il sogno sta riparando e reintegrando il trauma rievocandolo anche secondo il desiderio di riparazione di tanta offesa ingiustamente subita: “tutto il male che mi aveva fatto in passato”.
“Poi mi ha fatto vedere la foto di sua figlia (noi non siamo riusciti ad avere figli insieme) e mi ha chiesto consiglio sul da farsi con l’attuale moglie.”
Il trauma della violenza si evolve nel rimpianto della donna che non ha avuto figli e che non ha potuto realizzare la sua maternità. La frustrazione dell’esperienza psicofisica della maternità è evidente e l’averlo inserito in una parentesi, “(noi non siamo riusciti ad avere figli insieme)” lo evidenzia ancora di più, così come il rafforzamento del “noi” e “insieme” sa del dolore di Marion per il fallimento della sua coppia che non ha saputo e potuto evolversi in famiglia.
Si acuisce la sofferenza pacata di Marion nel constatare che lui ha avuto una figlia che il sogno mostra in foto per attestare un distacco emotivo difensivo, per evitare un coinvolgimento diretto e un ritorno del dolore.
A questo punto subentra una psicodinamica importante e degna di grande riflessione: la maternità mancata di Marion si trasla nel fare materno della “buona samaritana” che dopo aver subito tanto male si colloca come amorevole consulente in aiuto al “ritorno del sintomo” dell’ex marito. La “coazione a ripetere” è un meccanismo psichico normale ma che può degenerare nella perversione. Esso si attesta nella ripetizione difensiva dello schema psichico imparato e assimilato nel tempo dell’infanzia. L’ex marito accusa gli stessi sintomi “con l’attuale moglie”. Marion aspetta la sua rivincita, ma non è aggressiva, non sa difendersi dalla violenza maschile e da chi si avvicina a lei come agnello dopo essere stato in passato lupo. Questa è la psicodinamica della donna troppo buona e accondiscendente, poco affermativa e soccombente, una donna come una madre. Marion è diventata l’alleata materna dell’”ex marito”, ha fatto alleanza con il carnefice per difendersi dall’angoscia e dalla mortifera rabbia che ha nei confronti di chi l’ha colpita, umiliata e traumatizzata: “mi ha chiesto consiglio sul da farsi con l’attuale moglie.”
“Lui la vorrebbe lasciare, ma io gli consiglio il dialogo.”
Si ripresenta puntuale quello che a lei è mancato, il dialogo di coppia. Marion consiglia il suo “ex marito” di dialogare con la sua “attuale moglie” per salvare la nuova coppia e la famiglia. Marion proietta il suo desiderio e il piano strategico che non ha potuto istruire per inadempienza del marito. Quest’ultimo ripete lo schema della violenza e ripete la storia già vissuta della rottura e della separazione. “Il dialogo” consigliato da Marion si attesta nella dialettica di coppia che disocculta se stessa, nella ricerca di una verità condivisa e nella ricerca di una compatibilità psichica e umana.
Marion è convinta che il “lasciare” la nuova donna non è la soluzione giusta e vuole riparare con il “consiglio” che non ha potuto applicare a suo tempo alla sua coppia.
“In seguito mi ha riferito che il problema erano le continue liti con la malvagia sua madre.”
Marion riattraversa pari pari in sogno la sua storia e propone la verità psichica e psicopatologica dell’”ex marito”, un uomo legato in maniera psicopatologica alla madre, lo psicodramma di un figlio debole e di una madre possessiva, di un figlio dipendente che dà alla madre il potere di interferire nella sua vita di coppia e nella sua famiglia. Questa è la degenerazione della “posizione edipica”. Marion aveva un marito rimasto “figlio-bambino” non emancipato dalla figura materna, non evoluto in uomo e soprattutto non cresciuto in autonomia psichica. In sogno Marion attribuisce all’”ex marito” la psicodinamica di un figlio buono e di una madre cattiva, di un uomo maltrattato da una madre malvagia. Marion fa la sua diagnosi e assolve il suo “ex marito” scaricando le responsabilità di lui sulla madre perversa.
Al di là del sogno di Marion, questa è una psicodinamica diffusissima che produce sofferenze e tragedie: un “figlio-bambino” precario a tutti i livelli, un uomo ostile e violento con le donne con cui si relaziona a causa di una madre “malvagia” che lo ha castrato e dominato e che ancora lo tiene in pugno.
La “proiezione” difensiva del “malvagia” nei confronti della madre è evidente: malvagio è proprio il figlio nel sogno e nella realtà. Marion tenta ancora di assolverlo nonostante i danni subiti. Da notare che “madrenatura” ha dato una figlia a un uomo che con l’universo femminile non sa come muoversi, ma sa soltanto come muovere le mani e la voce.
“Io gli rimprovero il fatto che anche con l’attuale moglie sarebbe finita male se per l’ennesima volta avesse fatto prevalere sua madre.”
Marion proietta la sua diagnosi e la sua terapia: colpa dell’”ex marito” che fa “prevalere” la madre e le sue volontà nella nuova coppia e nella nuova famiglia, come a suo tempo aveva fatto nella sua coppia.
Si tratta della “proiezione” e della “traslazione” in tutto e per tutto del suo caso.
Resta il problema della violenza sulle donne e sulla mancata emancipazione degli uomini dalle madri, le madri castranti e seduttive che non liberano i figli ma li lasciano impaniati nelle spirali perverse di una relazione di seduzione di potere per i loro bisogni psicopatologici. Resta il problema dei padri deboli e inetti che non sanno intervenire in maniera costruttiva nella relazione con i figli troppo legati alle madri.
Del resto, se non si supera la “posizione edipica”, non si matura la “libido genitale”, per cui questi uomini non riescono ad amare e portano nella coppia la gelosia e l’impotenza, una miscela psichica che scoppia nella follia omicida in evocazione del passato e dello struggimento dell’infanzia nei confronti del padre e della madre. La donna paga il prezzo tragico di una degenerazione psichica che la trova del tutto estranea nella causa.
La psicologia dell’uomo che uccide la donna o la moglie si attesta a livello profondo in una grave psicopatologia di natura e di qualità edipiche, nella confusione tra la donna e la madre, nella trasposizione del tremendo conflitto psichico irrisolto con la figura materna nella figura della donna o della compagna o della moglie. Quest’uomo rivive tutte le sofferenze e le angosce a suo tempo vissute nei confronti dei suoi genitori, confonde la donna con la madre e si compensa realizzando tutto quello che aveva a suo tempo desiderato, il possesso, la punizione e l’annientamento. Il sentimento dell’amore è costituito in quest’uomo malato dal senso del possesso, dal bisogno di punire e dal definitivo vittorioso annientamento.
Tornando al sogno di Marion si rileva che “per l’ennesima volta” si ripresenta la “coazione a ripetere”, la solita minestra, il meccanismo psichico di difesa che diventa patologico quando non si sa ricorrere ad altri meccanismi per risolvere i conflitti e i problemi a causa di una povertà di schemi psichici e culturali.
PSICODINAMICA
Il sogno di Marion riepiloga l’infausta psicodinamica del dissidio di coppia legato alla mancata emancipazione edipica del maschio e al ricorso alla violenza per via traslata nella donna. Il sogno presenta diagnosi, terapia e prognosi: la dipendenza dalla madre, l’emancipazione dalla madre, il dialogo con la propria donna.
ISTANZE E POSIZIONI PSICHICHE
Il sogno di Marion è elaborato in prevalenza dall’istanza “Io” sotto forma di racconto, riflessione e rievocazione durante il dormiveglia e con il ricorso alla memoria per la formulazione diagnostica e terapeutica dell’esperienza drammatica. L’istanza “Es” è presente nella pulsione della paura, “ma io ho gridato”, nel bisogno di vendetta o riparazione del trauma. L’istanza
“Super-Io” non si manifesta. E’ coinvolta la “posizione psichica orale” e in prevalenza la “posizione psichica edipica”: affettività e figura materna, conflitto con la madre e con il padre.
MECCANISMI E PROCESSI PSICHICI DI DIFESA
I meccanismi psichici di difesa richiamati dal sogno sono la “proiezione”, la “condensazione”, lo “spostamento”, la “traslazione”, la “coazione a ripetere”, la “alleanza con il nemico”, la “drammatizzazione secondo l’opposto”, il “ritorno del sintomo”, il “ritorno del rimosso”. E’ presente il processo psichico di difesa della “sublimazione della libido”: “scappata su per le scale”.
ORGANIZZAZIONE PSICHICA REATTIVA
Il sogno di Marion evidenzia tratti psichici legati alla “organizzazione orale”: sensibilità affettiva. Non manca un tratto “genitale” nel desiderio di maternità.
FIGURE RETORICHE
Le figure retoriche richiamate sono la “metonimia”, la “metafora”: “cibo”, “scappare”, “scale”.
DIAGNOSI
La diagnosi parla di un trauma psicofisico continuo e continuato da parte del marito e dello strascico emotivo collegato.
PROGNOSI
La prognosi impone a Marion di ben valutare la situazione da cui è sfuggita e di rafforzare il suo essere soggetto di diritto e non figlia di un dio minore. Marion deve collocarsi alla pari nelle future relazioni affettive.
RISCHIO PSICOPATOLOGICO
Il rischio psicopatologico si attesta nella collocazione psichica materna di Marion in un’eventuale relazione di coppia e in una caduta dell’affermatività paritaria per conservare i vantaggi secondari di una relazione.
GRADO DI PUREZZA ONIRICA
In base a quanto affermato nella decodificazione e in base al contenuto dei “fantasmi”, il grado di “purezza onirica” del sogno di Marion è “2” secondo la scala che vuole “1” il massimo dell’ibridismo, “processo secondario>processo primario”, e “5” il massimo della purezza, “processo primario>processo secondario”.
RESTO DIURNO
La causa scatenante del sogno di Marion, “resto diurno”, si attesta in una riflessione sulla sua situazione esistenziale o in un ricordo evocato da uno stimolo comunicativo.
CONSIDERAZIONI METODOLOGICHE
Il “sogno-storia” di Marion offre la possibilità di fissare a vantaggio di tutte le donne una serie di norme a cui attenersi qualora si vengano a trovare nella dura situazione di subire violenza da parte di un uomo o del loro uomo.
- Mettere fra parentesi i sentimenti e non minimizzare la gravità della situazione: meglio esagerare piuttosto che essere ammazzate.
- Non essere fataliste e non attendere il miracolo del “tutto passa e tutto si risolve”. All’incontrario bisogna agire con freddezza, cautela e intelligenza.
- Superare il pudore e comunicare il disagio in sul primo manifestarsi alle persone che ritenete degne di voi, di capirvi e di potervi aiutare.
- Non cedere assolutamente all’onnipotenza del farcela a tutti i costi e da sole.
- Affidarsi a un Centro o a un Ente preposti al caso e non chiudersi in se stesse. Il supporto psicologico e psicoterapeutico lo trovate in queste strutture.
- Non lasciarsi suggestionare da promesse tipo “non lo faccio più, perdonami”. Considerare adeguatamente le minacce e specialmente le più sottili, quelle psicologiche.
- Convincersi che la psicodinamica dell’uomo violento ha radici lontane ed è una psicopatologia grave non legata alla vostra azione e tanto meno alla vostra responsabilità.
- Essere fermamente consapevoli che non potete aiutare chi ha necessità di curarsi.
- Per rafforzare la vostra azione difensiva, considerate l’importanza dei figli e di evitar loro traumi familiari.
- Volersi tanto bene, agire con il buon senso e seguire anche i consigli che troverete da voi stesse cammin facendo.
- Ricordare sempre che il corpo è tutelato dal Diritto naturale e dalla Legge ordinaria e che nessuno può usargli violenza. Al primo ematoma “112” o “113” è il numero giusto.