GLI OCCHI COLORATI DI BENEDETTA

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TRAMA DEL SOGNO

“Passeggiavo con mia madre in una vigna rigogliosa, nella casa di campagna in cui vivevamo. A un tratto, appare una gazzella dai bellissimi occhi verdi che sembravano occhi umani. Ci si avvicina e dice: “controllate la presenza della gente della vostra casa.” Poi va via.
Io e mia madre ci interroghiamo su tali enigmatiche parole e facciamo ritorno a casa per controllare che vada tutto bene.
Lì, era tutto tranquillo, tutto come sempre.
Allora, mia madre pensa di contattare mio fratello, che viveva fuori, per chiedergli se stesse bene. Tuttavia, pensa che era ancora molto presto e che lo avrebbe svegliato dal sonno, così rimanda la telefonata ma resta agitata.
Io le dico di stare tranquilla, nonostante io stessa fossi inquieta.”

“Poi, il mio sogno si sposta alla notte. Mi trovavo in una casa con alcuni amici del liceo. C’era anche il mio ragazzo con alcuni amici suoi, tuttavia quasi non parlavo con lui. Sedevo accanto a un’amica che aveva avuto una bambina da poco e le chiedevo come stesse la piccola. Alla domanda, lei s’intristisce e mi dice che aveva fatto una cosa stupida. Mi dice che, da appena nati, era possibile, con una semplice operazione, decidere che colore dare agli occhi dei bambini. Solo che lo splendido celeste che aveva deciso di dare agli occhi della sua piccola, si era trasformato in bianco.“

Questi sono i sogni di Benedetta.

CONSIDERAZIONI

Si evidenzia immediatamente la discorsività difensiva nel rammendare il sogno, di per se stesso anarchico, in un composto democristiano. La riformulazione logica del “resto notturno” attesta il bisogno di Benedetta di approcciarsi da sveglia alle sue produzioni psichiche notturne con rispetto, con cautela e con un buon grado di consapevolezza. E fa benissimo, perché questo suo costume mantiene quando dorme l’omeostasi nei limiti di guardia impedendo le conversioni isteriche delle tensioni in eccesso e mantiene quando è sveglia una pacatezza nella progressiva “coscienza di sé”, una dolcezza ruffiana verso se stessa, una gradevole compiacenza associata a una civile tolleranza.

SIMBOLI ARCHETIPI FANTASMI

La “vigna rigogliosa” condensa la variazione dello stato di coscienza in un quadro di benessere psicofisico, la tendenza a lasciarsi andare e a fantasticare, la capacità di vivere con facilità le pulsioni dell’Es, l’istanza profonda dove hanno sede le energie vitali in attesa di essere psicologizzate o immaginate o simbolizzate o pensate. La “vigna” condensa anche l’istituto familiare e l’esercizio disinibito degli affetti.

La “gazzella” rappresenta lo stato della giovinezza e l’eleganza della postura, la duttilità psicologica e l’elasticità del comportamento, nonché la snellezza psichica dell’”Es”, la sede delle pulsioni libidiche e della ricerca del loro appagamento naturale.

Gli “occhi” hanno un’ampia simbologia che va dalle funzioni vigilanti e razionali dell’”Io” all’eccesso persecutorio, dal “principio di realtà” alla costruzione di “neo-realtà paranoiche”, dall’istanza censoria del “Super-Io” alla colpa e alla conseguente espiazione.

La “gente nella casa” rappresenta materiale psichico non riconosciuto e vagante, possibilmente il “rimosso” ritornato su stimolo casuale e in attesa di essere razionalizzato: invasioni inopportune di vissuti e di fantasmi non invitati a pranzo e tanto meno a cena.

DECODIFICAZIONE E PSICODINAMICA

Benedetta ha fatto alleanza con la madre, ha composto la “posizione edipica” ricorrendo alla sua duttilità psichica e migliorando la capacità di assorbire le emozioni collegate al riconoscimento di questa importante figura. Benedetta si porta a spasso la mamma e il suo corredo psichico: il fantasma e il conflitto in via di razionalizzazione e di assestamento nella sua organizzazione psichica. Ma subentra la “regressione” all’infanzia sotto forma di “una gazzella dai bellissimi occhi verdi che sembravano occhi umani”, una rievocazione del tempo in cui il fantasma e il conflitto sono stati elaborati. Benedetta deve controllare il materiale edipico introiettato e assimilato in questa sua rivisitazione della figura materna: “controllate la presenza della gente della vostra casa.”
L’alleanza continua nella ricerca di mantenere una coscienza critica di sé nella sua casa psichica, nel suo ambito interiore: “tutto tranquillo, tutto come sempre”. La “madre fantasma” e la “madre conflitto” sono ben sistemate, sono alleate e sono amiche.
Ecco che subentra il vero problema: la psicodinamica conflittuale del “sentimento della rivalità fraterna” quando Benedetta era gazzella, una bambina sensibile agli affetti.
“Mia madre pensa di contattare mio fratello”.
Bisogna tenerlo rimosso questo fantasma: “lo avrebbe svegliato dal sonno”. Il prezzo è l’agitazione: “Io le dico di stare tranquilla, nonostante io stessa fossi inquieta.”
Questo è il prezzo modesto che si paga per un fratello rivale negli affetti e in via di sistemazione psichica.
E brava Benedetta!

Nel secondo sogno sono presenti gli stessi personaggi del primo: un giovane uomo, una mamma amica, una figlia bambina, gli occhi celesti diventati bianchi.
La psicodinamica non riguarda la rivalità fraterna, bensì la “regressione” all’infanzia da parte di Benedetta e all’accettazione della sua bambina dagli occhi bianchi, i suoi, e non quelli celesti voluti dalla mamma. Il sogno rievoca il bisogno progressivo di Benedetta di emanciparsi dalla figura materna e in particolare dall’ideologia e dalla visione del mondo dell’augusta genitrice. Benedetta sogna il tempo in cui ha preso coscienza della sua possibile autonomia di pensiero dopo aver elaborato la sua identità femminile identificandosi nella madre: “da appena nati, era possibile, con una semplice operazione, decidere che colore dare agli occhi dei bambini.”
Da bambini siamo “imprittati” dalle mamme non soltanto a livello affettivo, ma anche a livello di modalità di pensiero e di contenuti ideologici.
“Poi, il mio sogno si sposta alla notte”, al tempo in cui era bambina e la consapevolezza era obnubilata dalla giovane età e dall’intensità delle emozioni: la “notte”, la caduta della vigilanza razionale dell’”Io”.
Degna di nota è il vissuto di Benedetta in riguardo alla manipolazione della madre che non accetta la figlia con gli occhi naturali e vuole imporre il complesso delle sue idee sotto forma di “occhi celesti”. Chiaramente si tratta di una “proiezione” di Benedetta che esprime il suo sforzo di emancipazione ideologica dalla madre, il rifiuto dello “splendido celeste che aveva deciso di dare agli occhi della sua piccola”.
E ancora brava Benedetta!

MECCANISMI E PROCESSI DI DIFESA

I meccanismi psichici di difesa richiamati in sogno sono la “proiezione” e “l’identificazione”.
Il processo psichico di difesa richiamato in sogno è la “regressione”.

ISTANZE PSICHICHE

Le istanze psichiche richiamate in sogno sono Es, Io e Super-Io.

ORGANIZZAZIONE REATTIVA

L’organizzazione reattiva evidenziata in sogno è in parte “paranoide”, sensibile alla colpa e all’espiazione della stessa.

FIGURE RETORICHE

Le figure retoriche coinvolte nel sogno sono la “metafora” e la “metonimia”: vigna rigogliosa, gazzella, occhi, gente nella casa.

DIAGNOSI

Il sogno evidenzia una psiconevrosi in riguardo alla “rivalità fraterna” e alla “posizione edipica”.

PROGNOSI

La prognosi impone a Benedetta di concludere l’emancipazione psichica dalla figura materna procedendo con la cautela che la contraddistingue e di vivere il sentimento della “rivalità fraterna” con la sicurezza che ha rafforzato la sua emancipazione ideologica.

RISCHIO PSICOPATOLOGICO

Il rischio psicopatologico si attesta in un conflitto psiconevrotico che si ritorce in uno struggimento alla ricerca della giusta dimensione relazionale.

CONSIDERAZIONI METODOLOGICHE

Il sogno dice della realtà psichica in atto in forma topica, dinamica ed economica: quale istanze coinvolge, come si squaderna la “libido e quanta ne investe. Conseguono le difese e le psicodinamiche. Da un sogno possiamo avere un quadro della situazione psichica in atto, da diversi sogni possiamo avere l’evoluzione della suddetta situazione. Si tratterà sempre di un’evoluzione che possiamo umanamente definire fausta o infausta. Il sogno dice se la psicodinamica ha avuto una buona presa di coscienza per cui si è bonificata o se è stata obliata per cui è tralignata in un sintomo, se è stata oggetto di riflessione o se è stata abbandonata nel dimenticatoio. La decodificazione del sogno è psicoterapia perché induce sempre una presa di coscienza del dato psichico in atto, al di là che si tratti di trauma o di conflitto.
La decodificazione del sogno accelera la psicoterapia e favorisce la giusta e salutare autoconsapevolezza. Le sedute s’incentrano sulle cause per risanare gli effetti senza un’interminabile ricerca del materiale psichico patogeno.
La decodificazione del sogno è compito dello psicoterapeuta ed è oggetto di analisi da parte del paziente fino al riconoscimento del proprio materiale psichico. Benedetta è al quarto sogno e l’evoluzione benefica autonoma è evidente. La psiche è filogenetica, ama la sua origine e la sua funzione, tende a risolvere i conflitti e a continuare a vivere, a integrare le parti psichiche alienate o non assimilate. Il sogno è filogenetico, uno strumento diagnostico e terapeutico per sua essenza.

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