“Linda sogna un orso nero che vaga per le vie del borgo,
dentro e fuori le case.
Non c’è paura.
Poi l’orso non si trova.
Linda lo ritrova.
E’ grigio e si trova in camera sua e ha uno stupendo cucciolo.
Linda ricorda il pelo morbido e caldo.”
Finalmente nei sogni è saltato fuori l’orso, l’animale più amato e ricercato dai bambini nella veglia in versione pelouche o cartone animato, “l’oggetto transferale” più magico di un sedicente maghetto, l’animale su cui si sono investite e condensate le paure più intime, l’amuleto opportuno per esorcizzare le angosce più assurde, l’alleato più grazioso per la nostra serenità presente e futura. Insomma l’orso non è un semplice animale. Tutt’altro! L’orso è un complesso simbolicamente vario che viaggia dall’investimento personale, il mio amuleto e il mio portafortuna, alla condensazione collettiva, il “fantasma”. Ricordo che in sede d’esame una studentessa, avanti con gli anni e con la sensibilità, aveva spavaldamente appoggiato sul banco un orsetto di pelouche e aveva comunicato con altrettanta spavalderia il duplice effetto psichico: il primo era affettivo perché glielo aveva regalato il suo innamorato, il secondo era scaramantico perché le aveva portato sempre fortuna nelle prove più ardue della sua vita. E anche quella volta quel semplice pupazzetto fece la sua benefica parte: la signorina fu promossa con il massimo dei voti. Potenza della suggestione! Quindi, riepilogando, a livello individuale l’orso ha una valenza positiva, sia che si sorbisce per un fine personale, la studentessa, e sia che si somministra davanti a un televisore per intrattenere i bambini e non, Yoghi e Bubu. Del resto, chi non ha avuto un orsacchiotto come compagno di viaggio nella vita per esorcizzare le angosce notturne? Chi non si è mai addormentato con il suo orsacchiotto? Lo avete chiamato Vavavà, Buky, Nerino, Bianchino, lo avete soprannominato nei modi più impensati e personali, lo avete investito di tante energie positive, per cui adesso non ci resta che passare al sogno di Linda e decodificare il “fantasma dell’orso”.
L’”orso” condensa simbolicamente l’introversione e la chiusura relazionale, l’ambivalenza psichica e l’ambiguità affettiva, l’autonomia e la diffidenza, la forza e la protezione, il tutto in riferimento alla figura paterna. Ebbene, sì! L’”orso rappresenta il padre nei vissuti dei figli, soprattutto i maschi. Anche la sapienza popolare all’orso riserva un trattamento di chiusura e di ostilità, d’isolamento e di crudeltà. Del resto, l’orso è un animale vissuto in maniera ambigua perché coniuga la ferocia con la tenerezza, la crudeltà con il calore affettivo. La diversità del vissuto tra figli e figlie in riguardo all’orso si attesta nell’alleanza con il nemico in esorcismo dell’angoscia di castrazione da parte del maschio e nell’assimilazione del padre come figura maschile desiderata e nel conseguente vissuto edipico da parte della femmina. Il figlio vive in maniera diversa l’orso rispetto alla figlia. Vediamo l’evoluzione dell’orso nella psicologia infantile. Nel primo anno di vita l’oggetto viene conosciuto e assimilato attraverso la bocca, di poi viene mentalmente scisso in positivo e negativo e, di poi ancora, viene vissuto come oggetto intero conservando la valenza positiva e negativa. Verso i due anni di vita il bambino ha già formato un bel “fantasma orso” in riferimento al padre. L’orso è la traslazione del padre con il corredo degli attributi di cui si è detto in precedenza. Verso i quattro anni la mente del bambino è in grado di concepire il freddo concetto logico dell’orso, una conoscenza che al sogno non interessa.
Passiamo al “resto notturno” di Linda dopo queste importanti precisazioni. Si tratta di un sogno sintetico che ho voluto trascrivere a mo’ di poetici versi per esaltarne la semplicità e la profondità, la “bellezza” in un solo termine. Linda è una donna matura e sviluppa nel sogno il suo personale “iter” psichico in riguardo alla figura paterna, passando dalla fase fantasmica alla fase del riconoscimento in risoluzione della “posizione edipica”. E proprio la completezza di questo processo che attesta della maturità attribuita dianzi a Linda: dall’orso nero all’orso grigio, dal fantasma del padre a suo padre con tutti gli annessi e i connessi psichici del caso. Vado a estrinsecare quanto ho affermato.
“Linda sogna un orso nero che vaga per le vie del borgo,
dentro e fuori le case.”
Ogni casa ha un bimbo, ogni bimbo ha il suo papà, ogni casa ha il suo papà. Non si tratta di un sillogismo aristotelico, ma di un vissuto collettivo: nella “casa” psichica di ogni bambino c’è un padre da vivere e d’assimilare, un padre da sentire e da modulare, un padre da conoscere e da imitare, un padre da investire di “libido”. “Per le vie del borgo”, nella società dei grandi ci sono tanti padri, uno per ogni bambino e tutti fascinosi “orsi”. “L’orso nero” è come “l’uomo nero”: la “parte negativa del fantasma padre”, un attributo maligno e punitivo della figura paterna nei vissuti paranoici del bambino durante il primo anno di vita secondo le sue modalità psico-cognitive e in base al meccanismo difensivo della “scissione”. Tutti i bambini del borgo sanno dell’”uomo nero”, quello che porta via i bambini cattivi nei maldestri racconti delle nonne e delle mamme, racconti che fanno proprio perno sulla “parte negativa del fantasma del padre” che il bambino ha già elaborato. Infatti, tutti i bambini hanno dentro un padre buono e cattivo, tutti i bambini del borgo hanno introiettato un “orso” nella sua parte buona e nella sua parte cattiva, tutti i bambini sono in via di digestione di questo pesante boccone. L’atto del vagare attesta di una figura indefinita e minacciosa, psichicamente e affettivamente ambigua.
“Non c’è paura.”
Nonostante tutto, il papà non fa paura, si conosce nella sua identità, si aspetta con trepidazione, si accoglie con gioia, si vive intensamente. E’ una figura importantissima come la mamma, “mutatis mutandum”, con ruolo e funzione diversa nella necessaria crescita del bambino. Linda rievoca la sua evoluzione psicofisica insieme al padre. Il sogno segue passo dopo passo lo sviluppo interiore della figura paterna, la sua progressiva conoscenza e razionalizzazione.
“Poi l’orso non si trova.”
Ma quale orso? L’orso nero, quello cattivo o vissuto tale! In effetti l’orso nero si supera e si recupera la parte positiva del fantasma dell’orso, si evolve la figura del padre anche nel suo versante affettivo e protettivo. Il bambino si rassicura sul padre al punto di servirsene per la sua crescita, rimuove il vecchio “orso nero” e investe edipicamente il papà buono, il prossimo “orso grigio” di Linda. Il padre non è più vissuto soltanto come una minaccia per la sopravvivenza, ma diventa nei vissuti del figlio un alleato e un complice per la sua crescita. Il bambino ha cinque anni ed è alle prese con i mille impegni della sua vita sociale, per cui è costretto a ben sistemare dentro la figura paterna per poi passare al definitivo riconoscimento, condizione unica ed essenziale della sua autonomia psichica.
“Linda lo ritrova.”
Eccolo qui il vero e personale orso di Linda, un padre pronto a essere sistemato nel suo cuoricino di bambina e nella sua mente di donna. Linda è matura, ha ritrovato e riconosciuto suo padre. In effetti, lo ha recuperato nel suo sogno dai meandri più profondi della sua psiche e lo ha riportato alla luce nella migliore versione possibile. Brava Linda!
“E’ grigio e si trova in camera sua e ha uno stupendo cucciolo.”
Linda ha rassettato la figura paterna nella sua casa psichica e in particolare nella “camera” a lui riservata, quella dei genitori, delle radici, delle origini. Orgogliosamente ha introdotto anche se stessa come lo “stupendo cucciolo” del papà. Ma non è ancora finito questo viaggio onirico di Linda sul papà e dintorni.
“Linda ricorda il pelo morbido e caldo.”
Linda ricorda il suo bisogno di avere un padre tenero, “il pelo morbido”, e affettuoso, “il pelo caldo”. Una realtà o un desiderio? A Linda l’ardua sentenza!
Questo è “l’iter edipico” di Linda di cui si diceva all’inizio e puntualmente rilevato dal sogno in maniera sintetica e chiara. E’ opportuna un’ultima precisazione. L’”Immaginario collettivo” differenzia l’orso dall’orsa: il papà è “orso” e basta, la mamma prima di essere orsa è sempre “mamma orsa”. L’ambivalenza psichica e l’ambiguità affettiva è riservata al padre e non alla madre in questo preciso simbolo dell’orso. L’orsa è sempre mamma calda e tenera senza ambiguità e senza sconti. Questo almeno succede nell’”Immaginario collettivo” in riguardo al simbolo “orso”. Del resto, in natura l’orso maschio genera ma non accudisce i figli, anzi è un pericolo per la loro sopravvivenza perché, come Etologia insegna, è capace di ucciderli e divorarli non per fame ma per accelerare il “calore” nella femmina e appagare il suo istinto sessuale, la propria “libido genitale” nella forma più nuda e più cruda. Stessa cosa dicasi per il leone, per il gatto e per altri animali più o meno feroci.
La prognosi impone a Linda di mantenere questo buon vissuto nei riguardi del padre e di gustarne al massimo i benefici vissuti, sempre in attenuazione dei sensi di colpa che inevitabilmente avvolgono la sacralità della figura paterna.
Il rischio psicopatologico comporta il ridestarsi di un conflitto edipico con il padre e la conseguente psiconevrosi con somatizzazioni d’ansia e crisi di panico.
Riflessioni metodologiche: il sogno di Linda attraversa le tappe psichiche evolutive nella formazione del carattere. Si tratta di un brevissimo saggio sulla figura paterna e su come si può progressivamente razionalizzare. Del resto, non bisogna dimenticare che il “fantasma del padre” è deputato alla formazione dell’istanza psichica del “Super-Io”, la dimensione del limite e del divieto, dell’etica e della società. Un’istanza superegoica molto rigida tiranneggia le funzioni di mediazione dell’”Io” e le esigenze di appagamento libidico dell’”Es”, per cui la formazione del “Super-Io”, e in primo luogo la figura paterna in giusta dose, è determinante per la profilassi psicologica dei bambini. Un bambino con un “Super-Io” ridotto si definisce clinicamente “fratturando”. Trattasi di un soggetto che incorre facilmente in incidenti anche gravi proprio perché non ha maturato adeguatamente il senso del limite e del divieto o per eccesso o per difetto di padre. La giusta dose, come sempre, crea armonia nel carattere, la “formazione reattiva”. Il sogno o “resto notturno” è testimone delle nostre evoluzioni psichiche, le conserva scrupolosamente e le amministra al di là della nostra volontà. Il sogno siamo noi.