I FULMINI AZZURRI DI ZEUS

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“Enzo sogna di trovarsi in casa di sua madre con sua figlia.
Davanti casa, in giardino scoppia un temporale pauroso e una tromba d’aria sta per risucchiare il cane di Enzo.
Enzo lo chiama dentro e chiude la porta.
Riferisce tutto alla mamma e alla figlia, ma quando apre la finestra per far vedere quanto ha raccontato, si trova davanti a un paesaggio bellissimo: New York di notte con tante luci.
Enzo, pur gradendo il paesaggio, è affascinato dalla tromba d’aria che emetteva fulmini azzurri da non poter staccare gli occhi.”

Il sogno di Enzo può essere titolato secondo la mitologia greca “i fulmini azzurri di Zeus” perché i simboli dominanti sono, per l’appunto, i “fulmini azzurri”, in associazione al “temporale e alla “tromba d’aria”: un sogno dominato dagli agenti atmosferici più insidiosi, a testimonianza di una dominante “umoralità acritica” del protagonista. Zeus era stato immaginato dalla “Fantasia collettiva” del popolo greco come il padre degli dei e degli uomini, un padre giusto ma severo, detentore di saetta e pronto alla punizione di tutti quelli che si macchiavano di “ubris”, “ira”, il peccato originale greco che si attestava nella rottura da parte dell’uomo dell’armonia etica e sociopolitica costituita, nel mancato riconoscimento delle divinità tradizionali, nell’assenza della “pietas” latina ossia nella violazione del rito e nel culto mancato. Il fulmine era l’arma di Zeus per colpire gli uomini “empi” e per punire le loro colpe, in attesa che la scienza spiegasse elettricamente il fenomeno naturale senza minimamente incidere sulla bellezza delle fantasiose teorie mitologiche. Zeus rappresenta, secondo le teorie psicoanalitiche di Freud, un prototipo di “Super-Io”, l’istanza psichica morale e censoria che fissa i limiti e i doveri umani. Il sogno di Enzo manifesta una chiara tendenza a sentirsi in colpa e un conseguente bisogno di espiazione della stessa all’interno di una cornice psico-cognitiva fatta di suggestione e di superstizione: il benefico crepuscolo della ragione. Enzo non sogna a caso i “fulmini azzurri”, deve averli ben conosciuti e sperimentati sulla sua pelle, se la sua struttura caratteriale e la sua sensibilità si sono instradate nel sogno verso tali direzioni. Il sogno di Enzo attesta, inoltre, di una tendenza alla variazione dell’umore, alla luce dell’importanza accordata ai fenomeni naturali come il temporale, il fulmine e la tromba d’aria. Ancora: il sogno di Enzo si svolge in un teatro dominato da figure femminili, la madre e la figlia. A questo punto non resta che procedere nell’analisi puntuale del suo “resto notturno”.
Il sogno verte nel suo esordio sull’istituto familiare e, di conseguenza, sull’affettività che si vive e si esercita in questo contesto sociale di base. Enzo mostra immediatamente tre generazioni: “sua madre”, se stesso e “sua figlia”. Immediatamente si attesta sulla dimensione affettiva: la realtà affettiva pregressa, la sua mamma e la famiglia d’origine, e la realtà affettiva in atto, lui e sua figlia. Enzo ha una madre e una figlia, ha conosciuto due famiglie e gli affetti collegati ed esercitati. La cornice familiare introduce i valori dell’unità, della condivisione, dello scambio, modalità socioculturali presenti in una piccola società armonica come la famiglia: la cellula sociale per eccellenza. Ma perché Enzo non introduce la moglie e il padre? La domanda è lecita. La risposta può essere questa: Enzo sposta e condensa la figura della moglie nella madre o quest’ultima non è presente in questo contesto familiare e affettivo per altre ragioni che il sogno non evidenzia. Del padre non c’è traccia, anche se indirettamente è richiamato dal fulmine e dalla punizione. Degno di rilievo e a completamento di quanto affermato è il simbolo della “casa”, una struttura psichica allargata come la famiglia. Assodiamo i vari punti nel procedere con l’interpretazione.
Enzo ha un forte valore in riguardo alla famiglia e un forte bisogno in riguardo agli affetti. Queste sono le prime verità offerte dal sogno.
A questo punto la struttura familiare e la dinamica psichica in atto,” davanti casa, in giardino”, sono turbate da due eventi minacciosi: “un temporale pauroso e una tromba d’aria” in associazione al termine “scoppia”. Ecco un evento traumatico, altamente traumatico, che all’inizio si profila con la paura e di poi con l’effettiva concretezza. Il “temporale” simbolicamente condensa una variazione repentina d’umore collegata a un altrettanto repentino evento o vissuto sconvolgente, mentre la “tromba d’aria” rappresenta la punizione divina che scende dal cielo in espiazione di una colpa o di un tremendo peccato. Ricapitolando Enzo ha un culto della famiglia, a cui si affida affettivamente, ma all’improvviso un evento o un vissuto traumatico voluto dal cielo lo minaccia in espiazione di un senso di colpa. Particolarmente insidiato è il cane di Enzo, una chiara trasposizione di un affetto familiare dipendente, la “figlia”. Enzo ha temuto l’incolumità della figlia, “sta per risucchiare”, e l’ha salvata da una terribile minaccia, la “tromba d’aria”; quest’ultima condensa un “fantasma di morte” nel suo essere particolarmente distruttiva e la sua collocazione nell’”alto” l’equipara a una volontà e a una punizione divine. Degno ancora di nota è il termine “risucchiare” che attesta di una forma d’ingravidamento regressivo e mortale.
“Enzo lo chiama dentro e chiude la porta.”
La chiusura della porta attesta di una giusta difesa di Enzo verso gli affetti familiari, un impedimento agli estranei d’interferire sugli affari psichici della famiglia. Ecco che arriva la difesa dall’”angoscia di perdita” affettiva e la “conversione nell’opposto”.
“Riferisce tutto alla mamma e alla figlia, ma quando apre la finestra per far vedere quanto raccontato, si trova davanti a un paesaggio bellissimo: New York di notte con tante luci.”
Enzo non vuol pensare sul rischio corso e sul pericolo scampato, si difende con la “rimozione”, il dimenticare per continuare a vivere e a non soffrire. Il sogno offre a Enzo una conversione piacevole e ottima dalla “tromba d’aria” a una metropoli in versione notturna, dalla punizione di Dio a un godimento sensoriale, dalla distruzione della furia della natura a un bellissimo paesaggio. Enzo deve dimenticare quello che è successo. Ripeto: mancano all’appello nel sogno e dalla famiglia il padre di Enzo e la moglie o la madre della bambina. Le mille luci notturne condensano l’eccitazione dei sensi e gli stimoli erotici verso i quali Enzo si dimostra in confidenza.
Ma anche il dolore vuole la sua parte perché ha una sua bellezza e, quanto meno, non bisogna dimenticarlo per continuare a vivere meglio. Ecco il fascino della “tromba d’aria”: la rimuove parzialmente e la tiene in considerazione per il suo futuro. La “tromba d’aria” può colpire, ma ha una sua bellezza, una sua attrazione psichica. Una forma di masochismo? Autolesionismo? Un’alleanza con il nemico? Di certo, si può dire che il dolore ci fa sentire tanto vivi e che la memoria ha un culto da ottemperare.
“Enzo, pur gradendo il paesaggio, è affascinato dalla tromba d’aria che emetteva fulmini azzurri da non poter staccare gli occhi.”
Ritornano le minacce dal cielo, la punizione divina, la figura di Zeus, il “Super-Io” rigido, il padre assente o presente indirettamente. L’azzurro è il colore a metà tra il sogno e la vita, tra la calma e l’eccitazione. Inoltre è da rilevare come il fatalismo e la superstizione siano presenti in Enzo come schemi magici ereditati dalla sua infanzia: il crepuscolo della ragione a vantaggio della fantasia e del “pensiero primario”.
Il sogno di Enzo condensa il tema del senso di colpa e della sua espiazione, un prodotto psichico secondo cultura greca antica, ma sempre moderna.
La prognosi impone a Enzo di conservare e coltivare i suoi valori in riguardo alla famiglia e agli affetti, ma di ridurre la convinzione fatalistica e di esercitare i dettami razionali con migliore convinzione. Enzo deve investire la sua “libido” e sperimentare nuovi traguardi affettivi.
Il rischio psicopatologico si attesta in un ristagnare della qualità della vita e in una caduta delle relazioni affettive per continuare a mantenere un equilibrio destinato necessariamente a evolversi: una psiconevrosi di natura paranoica in spasmodica difesa dell’ordine costituito.
Riflessioni metodologiche: il sogno di Enzo richiama il concetto del trauma e della sua risoluzione. La vita è un trauma: il trauma della nascita e la nascita del trauma. Riserva gioie e dolori in qualsiasi momento della sua evoluzione, vissuti che trovano nella nostra formazione psichica lo strumento di risoluzione. I traumi ci formano e noi reagiamo ai traumi in base a come ci hanno formato a livello psichico. Il trauma può essere definito come qualsiasi esperienza, vissuta o immaginata, che non ha trovato un’adeguata presa di coscienza e una valida razionalizzazione, un materiale psichico ingestibile dalla coscienza. Questo “deficit” può avvenire per naturale fuga dall’angoscia. A livello psichico subentrano i “meccanismi di difesa” in soccorso dalle emozioni più sconcertanti e in difesa del nostro equilibrio psicofisico in atto. Il pensiero, pur tuttavia, non basta a risolvere l’angoscia. Sono necessari la parola e l’altro, un interlocutore possibilmente oggettivo. Il trauma va detto e comunicato e allora si è alla metà dell’opera. Di poi, si procede verso la comprensione e la risoluzione possibili.

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