EROS  E  THANATOS VITA  E  MORTE

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“Ernestina si trova in un prato con alberi grandi e rigogliosi insieme a sua sorella.

Devono ricordare un uomo deceduto e devono appendere una sagoma maschile a uno degli alberi; la sagoma indossa una tunica bianca e ha lo stesso colore delle tuniche che Ernestina e la sua famiglia hanno indossato alla festa di carnevale fatta in asilo.

Ernestina e i suoi devono anche appendere delle carte da gioco a un filo, ma Ernestina non trova il mazzo di carte che doveva avere con sé e allora la sorella prova a telefonare al marito per recuperare un mazzo di carte.”

 

Un sogno paradossale nell’apparenza, ma che ha, nonostante i salti di logica e le caratteristiche fantasiose, una sua trama. Spesso si condensano nei sogni in maniera originale  esperienze vissute e fatti specifici; questo è possibile perché ognuno di noi è capace di formarsi una personale simbologia senza ricorrere al vocabolario collettivo e tanto meno a quello universale. Questa è la difficoltà del sogno di Ernestina. Ma non è scritto da nessuna parte che ogni sogno deve essere interpretato in maniera esaustiva: tentar non nuoce e dove arriveremo metteremo il punto.

Procediamo con la decodificazione delle condensazioni simboliche, per poi evincere un possibile significato alla psicodinamica del sogno.

Il “prato” rappresenta la realtà psichica in atto nella sua globalità, il principio  della vitalità e dell’azione; questi dati sono ancora più prosperi alla luce del rigoglio degli “alberi” e della loro grandezza. Gli “alberi” possono anche rappresentare figure e personaggi di un certo spessore e di un valido significato per il sognatore, in ogni caso condensano forza e vitalità.

La “sorella” nel sogno funge da alleata, ma può essere significativa perché condivide qualcosa con la protagonista. In ogni caso è frequente in sogno accompagnarsi con persone familiari per stemperare l’eventuale angoscia o per libera associazione o per condivisione di qualche attributo; in questo caso è presente una relazione familiare, un ruolo, una funzione che il sogno attesta nella successiva ricerca del mazzo di carte: “la sorella prova a telefonare al marito per recuperare un mazzo di carte”.

A questo punto subentra nel sogno un apparente “fantasma di morte”, apparente perché è sublimato in un rito strano. Questo fantasma non procura grande angoscia, dal momento che Ernestina ha una precisa consapevolezza. La “sublimazione” attesta che il lutto è implicito e previsto. Più che una morte si tratta di un distacco.

“Devono ricordare un uomo deceduto”: memoria di un defunto, uno strano funerale, un eccentrico rito, l’appendere una sagoma maschile a un albero vitale e rigoglioso, una sagoma maschile con una tunica bianca. Il sogno viaggia per l’opposto, vita e morte in maniera evidente. La “tunica” bianca ricorda un ospedale, un luogo di vita e di morte; di per se stessa la “tunica” è simbolo di affetto e il colore bianco rievoca l’innocenza, l’assenza di peccato, la verginità psicofisica. L’”appendere” è la chiave del sogno, visto che ritorna anche dopo. La simbologia  “appendere” si traduce nell’affidamento e nella dipendenza benevola e consapevole, quasi una delega finalizzata a un buon esito: la commemorazione di un benefattore?

Cambia scena e ci si ritrova all’asilo con madre, padre e figlio o figlia, la famiglia di Ernestina durante la festa di Carnevale. Si capovolge il quadro dalla morte con angoscia di perdita razionalizzata e si passa alla vita e al godimento della stessa. In questo quadro il minimo comune denominatore è determinato dalla “tunica bianca” di un benefattore degno di ricordo, da cui si è stati in qualche modo dipendenti, e dalla “tunica bianca” indossata da tutta la famiglia di Ernestina in ricordo del personaggio commemorato o meglio  ricordato.

Procediamo con la scena successiva. “Ernestina e i suoi devono appendere delle carte da gioco a un filo”: a questo punto il discorso si complica e si colora d’assurdo, ma si chiarisce in qualche tratto. Importante è la simbologia della “carta da gioco”: un progetto particolare implicito, una teleologia, un programma, un fine specifico e una finalità particolare, la “monade” del filosofo Leibniz. Bisogna appendere la carta da gioco, come la sagoma del morto, non all’albero ma a un filo. Il “gioco” rappresenta la psicodinamica della vita sociale, le relazioni fascinose e le attività eccitanti. Altro elemento importante è il “filo” a cui si appende la “carta”; una chiara rappresentazione del cordone ombelicale e del feto, un programma di vita. Ma Ernestina non ha le carte e le cerca alla sorella che chiede al marito di recuperarle. Sembra che la maternità per Ernestina sia stata particolarmente travagliata e ricca di fascino.

Un sogno che si snoda in maniera originale e tortuosa tra vita e morte, tra funerale e carnevale, tra alberi rigogliosi e personaggi importanti, tra tunica e sagoma, tra filo e carta da gioco. Il sogno di Ernestina si svolge con qualche luce e qualche ombra, un sogno a colori ma con una tonalità logica in bianco e nero perché l’interpretazione non è esaustiva dal momento che manca qualche parte del sogno. Ma il sogno è bello lo stesso.

Questo è quanto.

La prognosi impone a Ernestina di mantenere la capacità di ridurre le tensioni dalle situazioni più drammatiche: la giusta ironia e un’abile capacità simbolica.

Il rischio psicopatologico non sussiste, dal momento che il sogno è la rievocazione rammendata di una serie di fatti personalmente elaborati.

Riflessione metodologica: a proposito di capacità e abilità simbolica, bisogna ricordare che tutti siamo stati bambini e abbiamo esercitato il “processo primario”, il pensiero prelogico basato sui meccanismi con cui si formano i sogni: la fantasia creativa e l’elaborazione mitica. I simboli si distinguono grossolanamente in “individuali”, “collettivi”, “universali”. I simboli “individuali” sono degli investimenti di significato e di condensazione emotiva  su persone e oggetti, fatti ed eventi, un investimento significativo che lo stesso soggetto conosce. Tutti abbiamo condensato in un amuleto la nostra personale ricerca della felicità e della fortuna. Tutti abbiamo un bambino dentro che chiede di essere appagato e speriamo di non trascurarlo, tanto meno di oscurarlo. I simboli “collettivi” appartengono al gruppo culturale a cui si appartiene e con cui si condividono schemi interpretativi ed esecutivi, trasmessi attraverso l’educazione e la politica, la religione e l’economia, l’arte e la scienza. I simboli “universali” o “archetipi” sono di scuola junghiana e riguardano tutti gli uomini aldilà delle differenze culturali e riguardano i seguenti temi: le origini e i genitori, il maschio e la femmina, la sessualità e la procreazione, la vita e la morte, lo spazio e il tempo.

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