IO … E  ANCORA  MIA  MADRE

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“Mabrukka sogna di trovarsi davanti al bagno dell’ università di Granada e sta aspettando il suo turno per entrare.

Da uno di questi bagni esce una sua collega, molto più magra rispetto all’ultima volta che l’aveva vista. E’ diversa anche nel modo di vestire, ha un abito corto che scopre un nuovo corpo. Mabrukka le dice che è magrissima e lei, compiaciuta, risponde che deve dimagrire ancora di più. Allora taglia il discorso, pensa che l’amica stia psicologicamente male e sente che la sua persona l’inquieta.

Mabrukka entra nel bagno da cui era uscita l’amica e constata che non è granché pulito.

Quando sta per uscire, scopre che la porta è bloccata. Vede una levetta vicino alla maniglia, la solleva e questo bagno si trasforma in un ascensore che la porta al piano superiore. Apre la porta del bagno/ascensore e davanti a lei c’è un’altra porta sulla quale è appeso un cartello che invita a fare attenzione alla presenza di animali. Vi è disegnata un’aquila.

Apre la porta pensando soltanto di uscire da quel posto chiuso. Quando la apre, vede, invece, che ci sono delle persone sedute a un lungo tavolo d’ufficio. Una donna le chiede che cosa ci facesse in quel luogo e Mabrukka le spiega l’accaduto ed esprime il desiderio di uscire.

La donna risponde che nessuno è a conoscenza dell’esistenza di questo posto. Infatti, lì tengono segretamente tante specie di animali esotici. Aggiunge che l’unico modo per lei di uscire è quello di passare attraverso un tunnel che l’avrebbe fatta sbucare in Inghilterra e, da lì, avrebbe potuto fare rientro in Spagna.

A questo punto Mabrukka telefona alla sua migliore amica e dice che per l’ennesima volta le era accaduto qualcosa di strano dopo essere stata in bagno. Parla della sua situazione con ironia. L’amica ride e le dice che è sempre la solita.

L’amica e altre persone stavano andando al matrimonio del fratello di Mabrukka, mentre lei, per via di quel contrattempo, non avrebbe potuto partecipare.”

Il sogno di Mabrukka è stato accomodato in maniera logico-discorsiva dopo il risveglio, “contenuto manifesto”,ma nonostante tutto ha mantenuto il fascino di una situazione assurda, oltre che complicata per le situazioni e per le persone coinvolte.

Così come viene raccontato il sogno, si svolgerà la decodificazione, passo dopo passo in maniera logica e discorsiva. Fondamentalmente si parlerà  della colpevolizzazione della “libido”, del processo di difesa dall’angoscia della “sublimazione” e del conflitto con la figura materna, il complesso di Edipo, il conflitto con la madre nello specifico. Alla fine del sogno appare un processo d’identificazione al femminile in corso d’opera che lascia ben sperare per il futuro psichico della protagonista.

Mabrukka si trova subito a che fare con la sua sfera intima e sessuale, il “bagno”, e s’imbatte in un’immagine di sé, la collega magra e con “un abito corto che scopre un nuovo corpo”, un’immagine seduttiva, un modello desiderato e un ruolo femminile temuto nello stesso tempo. Mabrukka proietta nell’amica una figura di donna che è ancora contrastata in lei, ma è in via di assimilazione. Questa donna la inquieta e le sembra fuori di testa, oltretutto deve ancora dimagrire, deve ulteriormente fare a meno dell’amore materno, il cibo. Mabrukka sta viaggiando verso l’autonomia, almeno nel suo intento programmatico.

Il bagno non è granché pulito: i vissuti e le  fantasie sessuali sono avvolte ancora dal senso di colpa. Ecco che arriva la claustrofobia come punizione, ma per fortuna subentra un simbolo fallico da assolvere e da sublimare: la “levetta vicino alla maniglia”, un doppio fallo. Arriva anche in soccorso di Mabbrukka il processo di difesa dall’angoscia della “sublimazione”: l’ascensore o meglio il “bagno-ascensore”. Il cartello “attenzione alla presenza di animali” si evolve di poi nel disegno dell’aquila, la “sublimazione” del pene, un investimento psicofisico distaccato e intriso di acutezza logica e di nobiltà estetica, doti compensate dagli ”animali” che rappresentano e condensano le pulsioni sessuali meno sublimate. Mabrukka elabora la sessualità maschile secondo i suoi bisogni profondi e i suoi desideri relazionali. Il cartello rappresenta l’ “Io” di Mabrukka, la coscienza logica e vigilante, ma subentra il ricatto del “Super-Io” che censura i suoi desideri sessuali e, non potendo eliminarli, è costretto a nobilitarli. Gli ormoni spingono in assoluzione del senso di colpa: i diritti del corpo. Ormai Mabrukka sta “pensando soltanto di uscire da quel posto chiuso”, è decisa a risolvere il conflitto all’aria aperta prendendone consapevolezza, vola verso la libertà dalla dipendenza, l’emancipazione dalla figura edipica e l’autonomia psicofisica.

Ed ecco che arriva immancabilmente la madre,”lupus in fabula”: “una donna che le chiede cosa ci facesse in quel luogo”. Tale censura super-egoica si addice maggiormente alla figura paterna, ma il discorso edipico di Mabrukka verte al femminile e il conflitto con la madre è acuto e ricorrente, oltre che frustrante. Ne va di mezzo la “libido”, l’energia vitale e nello specifico la vita sessuale. La madre di Mabrukka è inimitabile, oltretutto è severa ed esige rispetto delle regole e non competizione. Mabrukka “esprime il suo desiderio di uscire” da questo conflitto. La madre le dice che l’arte della seduzione è segreta e ci sono animali esotici, istinti adulti e originali, pulsioni creative, il  mondo erotico degli adulti  da cui Mabrukka si è sentita esclusa e si è esclusa. Il sogno recita: “segretamente tante specie di animali esotici”. Perbacco e perdinci!  Trattasi di fatti intimi che nessuno conosce. Mabrukka è intrusa e deve pagare il fio della sua intromissione nell’intimità genitoriale o  deve risolvere la questione, il suo conflitto, anche per il grande disagio che comporta la situazione in cui Mabrukka si è messa sempre tra bagni e ascensori, figure femminili con cui competere e da cui essere censurata, aquile superbe e animali esotici.

Ma la mamma è fondamentalmente buona nei vissuti profondi di Mabrukka e suggerisce alla figlia la soluzione: deve rinascere passando “attraverso un tunnel che l’avrebbe fatta sbucare in Inghilterra” per poi rientrare in Spagna, luoghi personali di libertà e di autonomia. Il “tunnel” è un chiaro simbolo del percorso intrauterino che porta alla nascita, una traslazione della figura materna.  Mabrukka non è in fuga dalla madre, non è in distacco dalla madre, sta ricercando la sua vera autonomia e la liberazione dalle dipendenze edipiche, anche quelle legate all’immagine e al ruolo femminile.

Questa soluzione viene comunicata all’amica e nello stesso tempo rafforzata;   “parla della sua situazione con ironia”. L’amica la può capire perché anche lei è affetta da complesso edipico: “ simile simili cognoscitur”. La parte finale del  sogno risolve il conflitto proprio con “ironia”, il giusto distacco emotivo dalle figure genitoriali e l’adeguata destrutturazione del triangolo edipico.

L’amica che ride è la stessa Mabrukka che rafforza la presa di coscienza.  Il sogno riserva un finale degno di un film giallo: “stavano andando al matrimonio del fratello di Mabrukka”, quel fratello che ha risolto e sciolto le pendenze con i genitori e che si accinge a sposarsi. Mabrukka non può andare al matrimonio perché ancora non è pronta ad amare in maniera corretta e naturale un uomo e per giacere con un maschio:” per via di quel contrattempo, non avrebbe potuto partecipare”.

Questo è quanto ci dice Mabrukka e quanto si deve dire a Mabrukka.

La prognosi vuole la risoluzione del complesso di Edipo e l’uscita dalla situazione psichica di stallo.

Il rischio psicopatologico è la psiconevrosi o d’angoscia o isterofobica o depressiva o ossessiva, come diceva Freud per gli inadempienti al riconoscimento del padre e della madre.

Riflessione metodologica: nel sogno di Mabrukka è la madre a fungere da “Super-Io”, a conferma che il padre rappresenta il divieto e la censura soltanto simbolicamente. Ogni persona elabora limiti e divieti, doveri e rigori, li introietta e li proietta sulle figure genitoriali.

 

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