“Joly sogna una gabbietta con dentro un uccellino moribondo e con un’ala rossa che si muove appena.
Gli dà un po’ di cibo e si sente in colpa, ma non sa se il deperimento dell’uccellino è colpa sua.
Forse no. E allora si chiede perché deve sentirsi così.
Sembra che l’uccellino reagisca, ma Joly teme che non ce la farà e si sveglia.”
Un sogno apparentemente innocuo e insignificante, un sogno strano si manifesta intrigante nel suo vertere sulla sfera intima e sessuale in grazie ai meccanismi del “processo primario”, quello che governa l’elaborazione del sogno attraverso l’uso di una simbologia specifica. Il “contenuto manifesto” è ben lungi da simbologie intime, tanto meno sessuali; eppure, da un pietoso soccorso a un gradevole uccellino in gabbia, viene fuori un tratto depressivo in riferimento allo sfiorire delle pulsioni erotiche e alla caduta pessimistica della capacità di sedurre.
Il punto nodale della trama del sogno è il senso di colpa di Joly collegato al deperimento dell’uccellino, nonostante l’aiuto materiale del cibo che immancabilmente gli offre.
Il sogno tratta della “libido genitale”, della sessualità matura e donativa, classica della sfera adulta, quella sessualità condivisa tra maschio e femmina alla ricerca dell’appagamento orgasmico. La protagonista non esprime autostima erotica e valore sessuale: Joly è una donna non a pieno della sua consapevolezza e tende a disistimarsi, ma non rinuncia alla vendetta sul maschio svirilizzandolo, per poi assumersene le responsabilità erotiche della mancata erezione.
Andiamo avanti con la decodificazione dei simboli.
La “gabbietta” condensa la recettività sessuale femminile con una ambivalenza sentimentale di amore e di rabbia: una “proiezione” assolutoria e aggressiva verso il maschio, da un lato lo accoglie e dall’altro lo detesta.
“L’uccellino” è la traslazione simbolica del pene in quiescenza, ma il “moribondo” condensa una pulsione aggressiva di natura depressiva collegata alla perdita della virilità.
“L’ala rossa che si muove appena” è un connotato simbolico del pene e può significare il glande nel suo essere rosso, a conferma che si tratta di un simbolo fallico.
Il “dentro” rappresenta il coito e la recettività sessuale femminile, la vagina.
Joly nutre l’uccellino con un po’ di cibo, simbolo del sentimento d’amore e quanto meno indice d’affetto, una simbologia universale che apprendiamo appena nati. Joly tenta di eccitare il pene, ma si sente in colpa perché subentra il fantasma dell’incapacità a sedurre e di dar vita, meglio vitalità, all’uccellino. Joly non sa se è colpa sua o se è un problema dell’altro. Scatta, allora, la disistima erotica, un nocivo e inopportuno protagonismo negativo da eroina tragica. Spesso capita che le donne pensano di non essere eccitanti e di non piacere al proprio partner, per cui si assumono anche la responsabilità di una formazione psichica distorta del loro maschio, la colpa di un conflitto edipico irrisolto, un complesso molto diffuso nei figli delle mamme italiane. Il deperimento dell’uccellino è attribuibile alla mamma e al papa del maschio in questione, a quei genitori che non hanno saputo favorire l’autonomia del figlio, fissandolo al narcisismo fallico o castrandolo nella conquista della donna attraverso una continua seduzione affettiva.
Joly ha un sussulto di autocoscienza e di lucidità mentale e si assolve dalla colpa, ma si chiede perché succede a lei di sentirsi in colpa: “perché deve sentirsi così”. La risposta è che Joly è troppo comprensiva e assolve l’altro per condannare se stessa.
La parte finale del sogno celebra il timore di Joly sull’infausta sorte dell’uccellino: la convinzione negativa sulla caduta depressiva della sua sessualità e dell’erotismo, pur mantenendo la proiezione aggressiva verso il maschio.
E’ frequente il sogno del “tempo che passa e la beltà cancella”, specialmente nell’universo femminile. La paura di non piacere condensa un tratto depressivo all’interno della sfera sessuale, la caduta della vitalità e delle pulsioni erotiche: il meccanismo dello “spostamento” condensa sul maschio la crisi della “libido”, alienando in tal modo la perdita per difesa. Si tratta anche di una modalità ambigua di risolvere i conflitti di coppia: si aggredisce il partner e poi ci si punisce con la disistima, quando non ci si assoggetta per riparare il senso di colpa e ci si atteggia come mamma buona e comprensiva.
La prognosi esige l’accettazione della dimensione temporale nel suo “breve eterno” del presente in riferimento a un corpo-mente, “psicosoma”, che si evolve e si compensa: il corpo che sfiorisce ha sempre una compensazione psicofisica. E’ opportuno non aggredire il partner e non disporsi in maniera protettiva di stampo maternale e in negazione del proprio essere femminile.
Il rischio psicopatologico si attesta nel risveglio e nell’esaltazione di un tratto depressivo quiescente e foriero di una caduta della qualità della vita.
Riflessione metodologica: la sfera sessuale, erotica e genitale, contrariamente a quel che si pensa, ha una collocazione ridotta nella dimensione onirica. Nonostante il fatto che viviamo in una cultura sessuofobica e nonostante la grave carenza di un’educazione sessuale nella formazione familiare e scolastica delle giovani generazioni, i conflitti affettivi superano di gran lunga quelli sessuali nei nostri sogni, a conferma che la psiche è molto più complessa e variegata, nobile e sacra nel suo incarnarsi. Una valutazione concreta della realtà materiale, il corpo, include un’adeguata simultanea valutazione dei sentimenti e dei valori, la psiche: “materialismo” e “spiritualismo” convivono nella dimensione umana sotto le sferzate della “malattia mortale”, l’angoscia di morte, la madre dell’evoluzione culturale della Specie, la madre di tutte le guerre benefiche e malefiche. Vedi Kierkegaard e Darwin, di poi Freud.