“Zeudi sogna di trovarsi in montagna con suo figlio.
Sente al suo fianco la presenza di un uomo, ma non lo vede.
Va in un’area riservata alle famiglie, dove i bimbi possono giocare.
Si ferma e vede a sinistra una famiglia; in questo posto ci sono le giostre per i bimbi: tre sono colorate e c’è un po’ di sole.
Al centro Zeudi vede due panche vuote e non c’è nessuno.
A destra c’è una grande giostra meno colorata, ma Zeudi rimane colpita anche se questa zona è in ombra e c’è un po’ di ghiaccio sulle panche.
Zeudi sceglie questa per la grande giostra e per la serenità che le dà quel posto. Pensa che lei potrà salire in giostra con suo figlio, che sarà felice con lui e che si divertiranno.”
Il sogno di Zeudi può essere definito “un amore così grande”, come il titolo di una significativa canzone degli anni settanta, ed esprime un investimento affettivo verso il figlio così intenso da rievocare lo stato passato della gravidanza e da prospettare una fusione esistenziale, sempre con il figlio, in un futuro tanto prossimo, un quasi presente.
Il sogno si sviluppa secondo linee psichiche spaziali e temporali, meglio spaziotemporali, e induce anche una riflessione teorica sul rapporto tra l’entità vivente” psiche-corpo” e la suddetta dimensione “spaziotemporale”, riflessione riservata nel finale di questa decodificazione.
Sin dall’inizio si profila la diade madre-figlio, l’unione delle due entità, unione che si rafforzerà nel prosieguo del sogno fino a dare il senso della fusione.
La montagna è simbolo del processo psichico di difesa dall’angoscia della “sublimazione” della libido, materna in questo caso; infatti l’amore della madre è libero da valenza sessuale, anche se mantiene una valenza erotica, anche se è materiale e non mistico, anche se è corporeo e non astratto.
Affermare che Zeudi è fortemente legata a suo figlio come in una forma di innamoramento è consentito dal contenuto del sogno.
Si profila la presenza dell’universo maschile in forma generica e invisibile, a conferma dell’onnipotenza della Madre e della sua autonomia nella gravidanza e nella gestione del figlio: l’universo maschile è ridotto a strumento procreativo. La Madre è depositaria dell’origine e dell’amore della specie, un archetipo, un simbolo universale. Il padre del figlio di Zeudi è presenza invisibile, ma non è un dio, è un uomo non necessario in questo contesto psichico del sogno.
L’ “area” è uno spazio simbolico dell’azione: un agire competente e un fare specifico.
La “famiglia” è il simbolo della condivisione degli affetti e dell’intimità, di un piccolo gruppo che sviluppa comportamenti etici e valori culturali.
Il “gioco” è il simbolo dell’esercizio dell’esistenza e della gioia di vivere, degli investimenti della libido e della parte bella e gratificante dell’esistenza attiva.
Inizia la simbologia spaziale. Zeudi si ferma e rappresenta a “sinistra” la sua famiglia d’origine, il passato affettivo ed emotivo. Le giostre colorate sono tre e sono simboli di entusiasmo vitale e forse tre sono i figli della famiglia di Zeudi. Viene rievocato un passato familiare intriso di calore affettivo, gioia di vivere e di poca consapevolezza: “tre sono colorate, “un po’ di sole”. Zeudi riporta al presente il suo passato e lo colloca nello spazio:”a sinistra”. La “sinistra” è il simbolo della “regressione”, del passato, dell’emozione, della madre e dell’universo femminile: la “regressione” è un processo psichico di difesa dall’angoscia.
Al centro sono collocate “due panche vuote” e un “nessuno” ad attestare che la realtà affettiva di Zeudi non include l’amore di un uomo. La scena del sogno ispira un senso di desolazione e di solitudine, un presente non certo prospero a livello di coppia: “due panche vuote”. La panca rappresenta uno spazio da occupare, il luogo del tempo in atto, la socializzazione e la solidarietà, il pragmatismo dell’Io, la concretezza dell’agire.
A destra, ossia nel prossimo futuro, Zeudi scopre la possibilità della gioia di vivere con suo figlio e senza un compagno: “una grande giostra “,“un po’ di ghiaccio sulle panche”. L’ombra attesta di un velo di tristezza, di un fondo emotivo crepuscolare, ma questa sensazione è ampiamente compensata dalla gioia di vivere nella grande giostra insieme a suo figlio. La serenità della sua autonomia da eventuali uomini è gradita da Zeudi, perché il figlio è il suo uomo e la sua ragione di vita. Si ricostituisce la diade madre-figlio e si celebra l’esaltazione dell’amore materno.
La prognosi impone decisamente a Zeudi di evitare la fagocitazione del figlio, di ridimensionare il possesso del figlio e di liberarlo piuttosto che di possederlo. Zeudi deve dirottare l’investimento della “libido”, la sua energia vitale, verso un uomo degno di essere amato, deve riconciliarsi con l’universo maschile, razionalizzando eventuali traumi subiti. Un eccessivo investimento sul figlio è soprattutto dannoso per il bambino, in quanto lo relega in una posizione di dipendenza e rafforza in maniera patologica il complesso edipico, naturale di per se stesso, ma in questo caso particolarmente insidioso per la madre e per il figlio.
Il rischio psicopatologico si attesta in una regressione e fissazione a tappe già vissute e a sacrifici affettivi che comportano una pesante frustrazione della “libido” e la conseguente conversione in sintomi: psiconevrosi isterica.
Riflessione metodologica: Freud affermò nelle sue opere giovanili che la psiche è aliena da dimensioni spaziali e temporali o quanto meno di non aver affrontato in maniera adeguata la questione. I filosofi, invece, avevano da secoli speculato sullo spazio e sul tempo a partire da Aristotele. La mia esperienza clinica mi ha portato alla seguente tesi: la psiche è il “corpo-vivente” e la dimensione temporale è il “presente”, una breve eternità che dura una vita. Passato e futuro si riducono al “presente” sotto forma di vissuti, rievocazioni e desideri, ricordi e aspettative, distensioni dell’anima all’indietro e in avanti come voleva Agostino, un “presente” reso possibile da un’autocoscienza e da un sistema psichico che elabora i dati, i vissuti psichici per l’appunto.